VALENTINA SORTE | Si è aperta lo scorso 8 settembre la tredicesima edizione di Nao Performing Festival, la manifestazione promossa da DiDstudio che punta sulla pluralità dei linguaggi creativi – danza, performance e arti visive – con un’attenzione particolare per le nuove generazioni di artisti che esplorano e sondano i confini tra le arti. Il suo fil rouge è l’intersezione, l’ibridazione, l’obliquità.  

L’edizione 2022 si annuncia diversa dalle precedenti non solo per la sua durata – chiuderà infatti l’08 ottobre con l’ultimo lavoro di Ana Pi – ma per i temi toccati e gli spazi scelti per accogliere i diversi appuntamenti. Il giardino è il focus attorno a cui ruotano tutte le proposte in cartellone. Non lo spazio verde, ordinato e addomesticato, espressione di un orizzonte antropocentrico e borghese, ma un habitat interspecie e multispecie, luogo di coesistenza e interdipendenza tra mondo animale – uomo compreso – e mondo vegetale, giardino diffuso, ecosistema politico, spazio di resistenza e di cura. 

“Gli artisti coinvolti sono stati pensati a partire dal loro interesse a lavorare su ambienti e su pratiche corporee che considerassero la relazione tra biologico e artificiale, organico e inorganico, che pensassero all’ibridazione, al tropicalismo contemporaneo come giardino planetario, riflettendo sui temi dell’estinzione e della salvaguardia del pianeta.” Afferma Maria Paola Zedda che, insieme a Claudio Prati, ha curato il festival.  

In questa ottica emergono sicuramente diversi lavori: Jérôme Bel in Laura Pante ripensa la danza in una prospettiva di sostenibilità ambientale; Dogod di Barbara Berti rompe i confini culturali, sociali e linguistici tra esseri viventi per aprire a un dialogo performativo interspecie; la graphic novel ARCA di Simone Montozzi racconta l’estinzione delle specie viventi da una prospettiva animale; il workshop Pleasure Rocks di Barbara Stimoli e Cosetta Raccagni esplora il confine erotico tra organico e inorganico, umano e minerale, in un percorso di trans-intimità e di ri-sensualizzazione dei corpi e della materia. 

Pleasure Rocks © Antônio-Frederico-Lasalvia

Non è un caso che molte delle proposte appena citate siano state ospitate negli spazi della Cattedrale della Fabbrica del Vapore, trasformata letteralmente in un giardino interspecie in occasione della mostra You Will Find Me If You Want Me In The Garden, nel quadro della rassegna estiva Vapore d’Estate. Proprio in virtù di questa parentela elettiva, NAO Performing Festival “The Garden” si sviluppa all’interno del palinsesto di Vapore d’Estate. 

Lo spettacolo che ha aperto il festival – Laura Pante di Jérôme Bel– ha lanciato alla performer presente in scena e al pubblico in platea una sfida interessante. Cosa succede se il coreografo sparisce e si avvicina al “grado zero” della propria creazione? Cosa accade ai performer e al pubblico? Siamo pronti a questa nuova modalità di creazione e di fruizione? 

Il coreografo francese ha infatti creato a distanza, tramite Skype, una partitura di danza con e per Laura Pante. Gli artisti non si sono mai incontrati dal vivo, sul palco, ma hanno comunicato via mail e in video-collegamento. Questa nuova pratica coreografica è nata dalla volontà di Bel, già prima del Covid, di impattare il meno possibile sull’ambiente, eliminando i propri viaggi in aereo. Quando i confini si sono chiusi a causa dell’emergenza sanitaria, questa modalità è diventata ancora più urgente e necessaria. 

Dal punto di vista della creazione, gli incontri virtuali hanno portato il coreografo a perdere il controllo sui danzatori e di conseguenza, ad un maggiore spazio di autonomia dei danzatori. Si tratta in realtà di una ricerca che Bel conduce da molto tempo – basti pensare alla serie di ritratti di danzatori come Véronique Doisneau, Cédric Andrieux – anche nei confronti dello spettatore come in Le dernier spectacle. Nelle sue interviste il riferimento a Il grado zero della scrittura di R. Barthes è frequente.  

Laura Pante © Roberta Segata

Non è un caso che anche questo lavoro si inscriva nella serie dei ritratti. In scena la danzatrice italiana racconta la sua storia seguendo un taglio cronologico, dalla sua infanzia ad oggi, e attraverso la sua biografia si snoda la storia della danza contemporanea italiana degli ultimi 40 anni. All’interno del lavoro ci sono estratti da coreografie di Cristina Rizzo, Xavier LeRoy e Scarlet Yu, Silvia Costa La biografia alterna infatti una parte narrata, in cui Laura Pante è frontale al pubblico, a brevi sequenze performative che illustrano quanto narrato. La storia della danza non è semplice citazione ma è calata in un racconto intimo. 

La struttura è molto semplice, tanto che a volte la sua prevedibilità potrebbe annoiare lo spettatore, ma tra lo spazio scenico e la platea si crea un circuito più complesso, una sorta di triangolazione semiotica che chiede allo spettatore un ascolto differente. La narrazione della performer prima di diventare gesto performativo o azione scenica lascia anche al pubblico uno spazio di autonomia, gli lascia pescare immagini nel proprio immaginario o nei propri ricordi di spettatori. È questo disallineamento e riallineamento del gesto fra pubblico e performer a rendere interessante e più ritmato il lavoro di Bel, altrimenti il gesto diventerebbe didascalico. 

Rimane invece irrisolta la parte finale di questo lavoro. La danzatrice parla della genesi di Laura Pante e spiega l’architettura dell’opera. In questo caso il tempo della narrazione biografica diventa il tempo scenico, si sovrappongono e proprio per questo, la spiegazione dell’opera toglie all’opera la sua capacità di comunicare da sola. Peccato. 

L’intersezione, l’ibridazione e l’obliquità oltre ad essere il collante tematico del festival è anche una pratica culturale. La novità di quest’anno è la collaborazione con il Nuovo Armenia, un luogo di attivazione culturale, sociale e politica nel quartiere di Dergano, nelle ex stalle di Villa Hanau. Nuovo Armenia e Nao hanno lavorato ad un interessante dialogo tra corpi e visioni, tra arti performative e cinematografiche, condividendo spazi e programmazioni. Nel quadro della rassegna cinematografica Across Asia Film Festival, promossa dal Nuovo Armenia, è stata proposta la sonorizzazione dal vivo del film A page of Madness (Kuretta Ippei) di Teinosuke Kinugasa, capolavoro del cinema muto giapponese. 

La pellicola di Kinugasa del 1926, anche se ci è pervenuta incompleta, è notevole sia per la sua grande potenza emotiva che per l’audacia e la radicalità del suo linguaggio sperimentale. Il film racconta di un uomo anziano che svolge volontariamente lavori saltuari in un manicomio dove è rinchiusa la moglie, che molti anni prima aveva annegato il figlio neonato in un attacco di follia. Egli spera un giorno di liberarla. Kinugasa cerca di comprendere la natura della follia e al tempo stesso offre una narrazione diretta, quella della moglie, in flashback. Affidandosi alle immagini, il film non usa sottotitoli/intertitoli e mostra un virtuosismo tecnico mozzafiato, nello stile dell’espressionismo tedesco. Anche qui agli spettatori è stata richiesta la capacità, non solo di trovare il filo narrativo tra quelle parti della pellicola andate smarrite, ma anche quella di leggere la bellezza delle immagini mute e l’audacia dei loro accostamenti. 

Per fortuna la sonorizzazione eseguita dal vivo da Mike Cooper è servita da collante emotivo e narrativo del film. Tramite l’utilizzo di dispositivi digitali e campionamenti dal vivo, il musicista ha composto una trama sonora molto suggestiva che è riuscita a sottolineare e valorizzare la contemporaneità di una pellicola pur così antica. 

Dodog, Barbara Berti

Attendiamo con curiosità gli ultimi due appuntamenti di NAO per la loro visione obliqua e ibrida. Da una parte Barbara Berti presenterà una long durational performance in cui esplorerà le relazioni interspecie tra umani e non umani, dall’altra parte Ana Pi proporrà la sua ricerca poetica e politica su Haiti, tra gesti sacri ancestrali e la loro sopravvivenza nell’immaginario moderno. 

 

LAURA PANTE

concept Jérôme Bel
di e con Laura Pante
assistente Chiara Gallerani
consulenza artistica e direzione esecutiva Rebecca Lasselin
direttore di produzione Sandro Grando
con estratti da coreografie di Cristina Rizzo, Xavier
LeRoy e Scarlet Yu, Silvia Costa (suono di Lorenzo Tomio)
musiche originali Guglielmo Bottin, Beatrice Goldoni
una produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
in collaborazione con l’Institut français Italia e Fondazione Nuovi Mecenati

MIKE COOPER PLAYS A PAGE OF MADNESS

Pellicola di Teinosuke Kinugasa
Sonorizzazione del film dal vivo Mike Cooper
in collaborazione con Nuovo Armenia e Across Asia Film Festival

nel quadro di
NAO PERFORMING FESTIVAL_THE GARDEN
Dall’8 settembre all’8 ottobre 2022