EUGENIO MIRONE | Negli spazi del Teatro Elfo Puccini di Milano torna il premio Hystrio, quest’anno in una veste particolare, la “30+1”: per il suo trentunesimo anniversario la rassegna “cambia pelle” e si trasforma nella prima edizione di Hystrio Festival. Un’evoluzione a lungo ponderata dalla direzione artistica curata da Claudia Cannella e finalmente portata a termine. Lo sguardo fisso sul futuro non è indifferente al passato. La struttura del festival, infatti, ricalca quella degli agoni drammatici antichi.
Nei cinque giorni di rito teatrale, dal 15 al 19 settembre, interamente dedicati alla scena italiana under 35, sul palco si alternano i sei spettacoli selezionati dai critici della rivista, affiancati ogni sera da una delle quattro letture sceniche curate da Tindaro Granata nell’ambito del progetto Il copione per la promozione della drammaturgia contemporanea. Chiude il festival la serata finale dedicata alle premiazioni e preceduta dalla mise en espace di Paesaggio estivo con allocco che ascolta, testo vincitore del Premio Hystrio Scritture di Scena 2022.

Ad aprire la programmazione di venerdì 16 settembre è stata la lettura scenica di Tom, testo scritto da Rosalinda Conti tra i quattro selezionati per essere parte del progetto Il copione promosso dall’associazione Situazione Drammatica. All’ingresso in sala a ogni spettatore viene consegnato il copione del testo; l’idea cardine è quella di rendere il pubblico partecipe del lavoro sul copione che precede la creazione dello spettacolo. In gergo tecnico si chiama lettura a tavolino: il testo viene recitato, non agito, mentre gli attori non ricercano la relazione tra loro ma solamente con il pubblico.
Tom è un testo dall’atmosfera sottile e assurda, basti pensare che comincia con un gatto, Tom per l’appunto (Edoardo Ribatto), che riflette sulla sua esistenza. Leo, Gio e Anna (rispettivamente Angelo Di Genio, Michele Di Giacomo e Marta Malvestiti) sono tre amici di adolescenza che non si vedono da moltissimi anni e si ritrovano nella casa al mare di Leo. Quest’ultimo è afflitto da un grave male e ha bisogno di qualcuno che si prenda cura del suo gatto Tom. A ciascuno spontaneamente viene da chiedersi se possano dire di conoscersi ancora o se siano diventati completi sconosciuti.

Ogni elemento, dal tempo allo spazio fino alle relazioni tra i personaggi, rimane inespresso in un alone vago e indefinito. I flussi di coscienza che si alternano a ritmi elevati nella mente di Tom, l’animo irrequieto di Gio, il continuo arrovellarsi cervellotico sulle cose di Anna si focalizzano tutti sempre su un altrove. Domande, ripensamenti, dubbi e verbi utilizzati sempre nella forma condizionale sembrano rimandare continuamente a ciò che non è stato o a ciò che potrebbe esser stato.
Tante le pause, i silenzi di una scrittura leggera ma non superficiale, che accenna più che mostrare, lasciando che siano i personaggi a doversi mettere in ricerca. Come Tom, quel gatto che tanto era convinto di aver trovato la sua sicurezza in casa di Leo, costretto improvvisamente a trasferirsi e a rimettersi in discussione. E non è perché la casa senza Leo sia diversa – forse leggermente -, ma perché senza Leo Tom è cambiato.

Il gioco sull’identità, il mescolarsi tra realtà e finzione sono temi trasversali anche in  E cammarere, la riscrittura de Le serve di Genet proposta da Fabio Di Gesto, che cura anche la regia dello spettacolo. Dal purgatorio all’inferno: l’atmosfera astratta di Tom lascia spazio a un antro oscuro che vibra di carnalità. Un armadio consumato al centro della scena, un paio di sedie, uno stendino e una scopa indicano che la piccola sala Bausch si è trasformata nello stanzino di un basso napoletano. Un gioco macabro si consuma al suo interno.
Due cameriere, Francesca Fedeli e Maria Claudia Pesapane, si alternano nel ricoprire il ruolo della loro padrona – “La signora” nel testo di Genet – quando lei non è in casa. Una volta indossata una pelliccia nera e una parrucca a caschetto, a turno le due donne si scambiano insulti, violenze e sevizie. La scelta del linguaggio contribuisce ad accentuare la natura ferina dei due personaggi. Essi parlano la lingua del “vascio” napoletano, una parlata antica e viscerale, caratterizzata da un registro grave e da suoni gutturali.

La pièce esplora i misteri della mente umana, mostrandone il delirio e la capacità di falsificare la realtà. Il fatto è che non esiste alcuna padrona; quel che è certo è che in tutto il quartiere le cammarere sono considerate due psicopatiche. Come il Norman Bates di Psyco anche le due donne nutrono per la loro “creazione” un rapporto ambiguo che mescola il timore all’ammirazione. La forza di questo thriller teatrale dal sapore hitchcockiano consiste proprio nel clima pesante e pauroso che viene amplificato all’interno della piccola sala Bausch.
Lodevole l’interpretazione delle due attrici, chiamate a una prova di altissima intensità, contraddistinta soprattutto dall’uso della voce e del corpo. Proprio la fisicità maschile che tradisce la femminilità delle due cameriere sembra instillare un ultimo dubbio prima che cali il sipario: e se si trattasse, invece, di due fratelli travestiti?

Un invito a rileggere il presente in funzione del concetto d’identità – personale, nazionale e comunitaria – viene proposto anche ne Le Etiopiche, spettacolo vincitore del Premio Scenario 2021. L’opera è pensata come primo capitolo di un trittico che attraverso la danza, il teatro e i linguaggi multimediali rilegge le vicende epiche di Alessandro Magno. L’ardente desiderio di Mattia Cason, ideatore nonché curatore di regia, drammaturgia e coreografia del progetto, di far risaltare tanto nella forma quanto all’interno della struttura stessa della pièce il tema della mescolanza emerge in primis dalla stratificazione multietnica della compagnia EN-KNAP e in secondo luogo dal plurilinguismo adoperato dagli attori (sul palco italiano, tedesco e inglese incontrano il greco antico, l’arabo e il turco).

La storia riecheggia nel mito, così l’incontro tra l’eroe macedone e Memnone di Rodi, comandante greco al soldo dei persiani, trova un parallelismo nelle pagine dell’Iliade dove si narra dello scontro tra Achille e Memnone, re d’Etiopia. Tempi, luoghi e storie s’intrecciano in una trama perfettamente intessuta in cui sono forti i richiami all’attualità. Anche nella forma si mescolano fra loro diversi linguaggi artistici, sebbene la danza risalti leggermente sugli altri canali comunicativi: una danza mistica più che razionale, che nella sublime scena dell’incontro tra un sufi e una guardia di frontiera greca raggiunge il culmine d’intenzione teatrale. Il corpo di Mattia Cason non danza ma racconta per mezzo di movimenti vibranti di vita.
Tutti i linguaggi sono in dialogo tra loro in questo splendido viaggio articolato tra danza contemporanea, teatro, performance e videoarte, riflesso formale di quanto si auspica possa avvenire anche nella società. La proposta riprende ciò che lo stesso Alessandro Magno arrivò a comprendere a conclusione delle sue campagne: superare il concetto obsoleto di identità nazionale e riscoprire la matrice africano-asiatica della civiltà occidentale che giace sepolta nelle migrazioni di quei popoli che millenni di anni fa giunsero nel “nostro” continente. La speranza è quella di creare qualcosa che non sia più Macedonia, Grecia o Europa, ma qualcosa di diverso e diventando altro ritrovare sé stessi.

TOM
lettura scenica di Rosalinda Conti
a cura di Associazione Situazione Drammatica/Progetto Il Copione
con Edoardo Ribatto, Angelo Di Genio, Michele Di Giacomo, Marta Malvestiti
voce e musica Federica Dominoni e Luigi Aquilino

‘E CAMMARERE
Regia e drammaturgia di Fabio Di Gesto
con Francesca Fedeli e Maria Claudia Pesapane
costumi e trucco di Rosario Martone
scenotecnica di Gennaro Oliviero
luci di Giuseppina Farella
Spettacolo vincitore Premio Intransito 2021
Miglior regia e Migliore attrice Roma Fringe Festival 2021
Miglior Regia Premio Teatrale Nazionale Calandra 2021

LE ETIOPICHE
ideazione, coreografia e regia Mattia Cason
creazione e interpreti Mattia Cason, Katja Kolarič, Rada Kovačević, Tamás Tuza, Carolina Alessandra Valentini
assistente alla regia Alessandro Conte
drammaturgia Mattia Cason
disegno luci Aleksander Plut
video Mattia Cason
una produzione EN-KNAP Produzioni /CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, con il sostegno di Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin

HYSTRIO FESTIVAL
15-19 settembre 2022