RENZO FRANCABANDERA | È grazie al rassegna di danza Carne – Focus di drammaturgia fisica ideato da Michela Lucenti per ERT, che a Bologna, all’Arena del Sole, è arrivato per alcune date con un ampio progetto di narrazione del suo tratto artistico più recente Josef Nadj, coreografo e danzatore di origine ungherese e francese d’adozione, uno dei riferimenti più significativi della danza contemporanea europea.

Nato a Kanjiža (nell’ex Jugoslavia, odierna Serbia) da una famiglia di lingua ungherese, dopo la formazione alla Scuola di Belle Arti di Budapest si stabilisce a Parigi, dove ha studiato mimo, Tai Chi, Buto, e scoperto poi la danza contemporanea, lavorando con Sidonie Rochon, Mark Tompkins, Catherine Diverrès e François Verret. La nascita della sua compagnia risale al 1986 e arrivò subito il successo con Canard Pékinois. Molte le sue riflessioni coreografiche collegate alla letteratura, da Beckett, a  Kafka, a Michaux, e dal 1995 al 2016 è stato direttore del Centre Chorégraphique National d’Orléans.

Ritratto live di Nadj di Renzo Francabandera

La personale che Emilia Romagna Teatro ha dedicato nel mese di gennaio all’artista si è composta di due eventi: il progetto fotografico e performativo Mnémosyne (al Teatro Arena del Sole di Bologna, Sala Thierry Salmon) e il suo più recente spettacolo, Omma, che ha avuto poi un momento significativo, al termine dello spettacolo di venerdì 20 gennaio, nell’incontro del pubblico con Nadj e la sua compagnia, moderato da Stefano Tomassini, docente di danza e coreografia presso l’Università IUAV di Venezia.

L’attenzione della Lucenti per i codici espressivi più ampiamente intesi da diversi mesi sta portando il foyer del teatro bolognese a ospitare mostre e narrazioni per immagini che affiancano gli spettacoli, e funzionano da complemento iconico per gli spettatori della personalità degli artisti o dei loro segni.
Nel caso del coreografo, questo si è dato all’interno di un progetto ibrido fotografico / performativo: Mnémosyne, infatti, unisce i due ambiti, dando vita a una performance integrata in una mostra fotografica ambientata nella sala Salmon, in quella che, a tutti gli effetti, è una scatola in una scatola, una specie di camera oscura che raccoglie immagini della storia personale e artistica dell’autore, con gli spettatori che assistono a un’azione che accade al buio, in cui ogni movimento entra in dialogo con gli scatti esposti, che spesso sono memorie private con ricordi noti solo all’artista.
Uno spazio quasi misterico in cui interviene un performer che agisce un segno danzato, dialogando con le foto e altri oggetti di scena.

foto di Sophie Carles

Il tratto animistico-misterico e antropologico-simbolico che scorre in questa creazione ambientata nel buio e nella luce fioca trova un rimando di segni e significati anche in Omma, creato da Nadj insieme a otto danzatori provenienti da Mali, Senegal, Costa Ivoriana, Burkina Faso e i due Congos, arrivati al progetto con un’audizione. Si tratta di artisti multidisciplinari, come loro stessi spiegano al pubblico nell’incontro seguito allo spettacolo.
La scena artistica africana è povera e popolata da artisti che, spesso proprio per questa scarsità di occasioni, si conoscono fra di loro e si ritrovano in occasione di queste call internazionali, come quella che li ha fatti incontrare con il coreografo europeo, alla ricerca di una sorta di abrasione del proprio immaginario pre-costituito a favore di una sfida coreografica fatta di segni nuovamente essenziali, puliti, quasi ingenui.
Ne viene fuori una forma di danza che incorpora elementi tradizionali della cultura africana con elementi di danza contemporanea occidentale. Le caratteristiche principali di questo incontro sono movimenti del corpo fluidi e ondeggianti, con ritmi forti e dinamici, e un’enfasi sulla comunicazione emotiva attraverso i gesti dei corpi.

foto di Sophie Carles

Dentro una sorta di quadro in movimento, all’interno del quale agisce un ininterrotto gioco di immagini e fermoimmagine, che si muove in fluire continuo dell’una nell’altra, vivono anche elementi di percussioni (realizzate attraverso la percussione del corpo) e piccoli rimandi a canti tradizionali. Lo spettatore è così portato a scorrere con i performer una galleria di situazioni, nessuna delle quali è didascalica o esplicita, ma che mira a esprimere una vasta gamma di emozioni e temi, tra cui l’identità culturale, la storia e la spiritualità, fino al finale filo rosso che lega la vita alla morte e alla rinascita, in un ideale ciclo che, come da tradizione di quella regione del mondo, accoglie la fine delle cose con maggior naturalezza di quanto faccia il mondo occidentale, chiuso nelle sue paure del possedere.
Non a caso la scena è spoglia e finanche la musica è presente con moderazione, per enfatizzare, piuttosto, i ritmi dei battiti dei corpi dei performer, vestiti tutti uguali in completo giacca-pantaloni grigi indossati sulla pelle nuda (dimetteranno poi le giacche per rimanere per buona parte dello spettacolo a torso nudo e scalzi).

Si tratta, appunto, di un corpo plurale, in cui respirano le identità soggettive, chiamate a creare gruppi, sottogruppi, controcanti: il piano delle azioni è sempre complesso è plurale. Non fanno mai la stessa cosa, e la scena muove sempre gruppi in primo piano con azioni che riecheggiano in secondo piano e in fondo, cosicché lo sguardo è chiamato a un continuo vagare in questo muoversi.

Lotte, rituali, forme di soggezione e di liberazione: l’atlante dei gesti proposto dal coreografo è molto ampio, ma dal combinato disposto dell’opera più simbolica e oscura con questa, più travolgente e vitale, emerge quasi una riflessione non solo sui grandi temi dell’esistere, ma quasi un doppiofondo della personalità dell’artista, della sua pulsione verso forme espressive potenti e travolgenti, cui si contrappone uno spazio interiore più nostalgico, fatto di pause e silenzi, di poche immagini rarefatte su cui soffermarsi.
E, a ben pensare, questa dicotomia è qualcosa che tutti in qualche modo abbiamo dentro: l’eterno conflitto delle forme che ci abitano, fra stasi e movimento, vita e morte.


MNEMOSYNE
Un progetto di fotografia e performance

performance

ideazione e performance Josef Nadi
luci Rémi Nicolas
costruzione scene e manager tecnico Sylvain Blocquaux
musiche Peter Vogel, Schubert eseguite da Emmanuelle Tat

mostra

fotografie e video Josef Nadj
collaborazione artistica alle foto e video Szabolcs Dudás
luci e scene Rémi Nicolas
inquadrature Jean-Pierre Haie | Atelier Demi-Teinte
direzione tecnica Sylvain Blocquaux
coproduzione Biennale de la danse de Lyon 2018, Centre Chorégraphique National – Orléans, La Filature Scène nationale– Mulhouse, Le CENTQUATRE – Paris
con il supporto di Ministère de la Culture – Direction générale de la création artistiqueDélégation à la danse, Région Île-de-France, La Villette – Paris, Résidence Sainte-Cécile – Orléans, CENTQUATRE-Paris, residencies program of Ville de Paris / Récollets

OMMA

coreografie Josef Nadj
con Djino Alolo Sabin, Timothé Ballo, Abdel Kader Diop, AipeurFoundou, Bi Jean Ronsard Irié, Jean-Paul Mehansio, Marius Sawadogo, Boukson Séré
collaborazione artistica Ivan Fatjo
disegno luci Rémi Nicolas
musiche Aoki & Malachi Favors Maghostut, Peter Brötzmann & Han Bennink, Eureka Brass Band, Jigsaw, Lucas Niggli, Peter Vogel
ingegnere del suono Ivan Fatjo o Steven Le Corre or Pierre Carré
responsabile tecnico Sylvain Blocquaux
Bureau PLATÔ – Séverine Péan, Mathilde Blatgé, Marie Croset
produzione Atelier 3+1
coproduzione Les Nuits de Fourvière, Festival International de la Métropole de Lyon | Les Théâtres de la Ville de Luxembourg | Le Trident, Scène Nationale de Cherbourg-en-Cotentin | MC 93 – Maison de la Culture de Seine-Saint-Denis | La Comédie de Valence, Centre dramatique national Drôme-Ardèche | Charleroi danse, centre chorégraphique de Wallonie – Bruxelles | Le GrandAngle – Scène régionale / Pays Voironnais | Les Salins, Scènenationale de Martigues | Centre chorégraphique national de Tours / Thomas Lebrun (Accueil studio) | Théâtre des Quatre SaisonsScène Conventionnée d’intérêt national «Art et Création»
con il supporto di Ministère de la Culture – DRAC île de France | Région Ile-de-France | Teatroskop, a program initiated by the French Institute, the Ministry of Culture and the Ministry of Europe and Foreign Affairs | Angers – Centre National de DanseContemporaine | CND – Centre national de la danse | La Briqueterie – CDCN du Val-de-Marne | la Scène nationaled’Orléans
foto di Sophie Carles

Arena del Sole, Bologna | 17 / 20 gennaio 2023