RENZO FRANCABANDERA E IDA BARBALINARDO | Alla fine del 2009, dall’iniziativa di un gruppo di amici e artisti formato da Tonio De Nitto, Paola Leone, Anna Miccolis e Fabio Tinella nasce Factory Compagnia Transadriatica che prende il nome da un progetto Interregionale Transfrontaliero con i Balcani.
Da quasi 15 anni ormai è attiva attraverso la realizzazione di progetti di cooperazione internazionale, l’organizzazione di festival e rassegne, la conduzione di laboratori teatrali e la produzione di spettacoli.
 
Prodotto di tale dinamismo artistico è, tra le altre cose, KIDS Festival del teatro e delle arti per le nuove generazioni che, creato nel 2015 insieme a Principio Attivo Teatro, si svolge annualmente a Lecce nel corso del mese di dicembre. Nello stesso anno nasce anche il festival I teatri della Cupa che prende vita, invece, durante la stagione estiva negli spazi limitrofi al Teatro Comunale di Novoli, residenza teatrale che la compagnia si è aggiudicata attraverso il bando «Teatri Abitati» e dov’è tuttora residente: il festival dedicato alla scena contemporanea rappresenta un’importante occasione per presentare nuove produzioni e interfacciarsi con operatori del settore.  
Factory è inoltre parte del TRAC Teatri di Residenza Artistica Contemporanea – Centro di residenza pugliese, un gruppo di cinque compagnie (Factory e Principio Attivo Teatro insieme al CREST di Taranto, La luna nel letto/Tra il dire e il fare di Ruvo di Puglia e Bottega degli Apocrifi di Manfredonia) che dal 2008 sono attivamente inserite nel dialogo nazionale delle residenze artistiche. 

Qui di seguito raccogliamo le voci della compagnia con una video intervista realizzata da Renzo Francabandera a Tonio De Nitto e Fabio Tinella sulla poetica del lavoro in relazione al territorio, e a seguire l’intervista all’attrice Angela De Gaetano, realizzata da Ida Barbalinardo in occasione della replica de La bisbetica domata del 28 gennaio all’ Auditorium TaTÀ di Taranto.

INTERVISTA A DE NITTO/TINELLA – a cura di Renzo Francabandera

 

INTERVISTA A ANGELA DE GAETANO – a cura di Ida Barbalinardo

Nell’interpretazione della bisbetica si è rifatta a qualche figura che le è stata d’ispirazione o avete tratto maggiori suggestioni dalle improvvisazioni durante le prove? 

Nella fase di studio, oltre a leggere l’opera di Shakespeare e a studiarne il contesto, abbiamo rivisto tutti insieme La bisbetica domata di Zeffirelli che  propone un punto di vista più leggero e luminoso della storia e della quale mi sono rimasti impressi soprattutto gli occhi di Liz Taylor. Considerando però che volevamo agganciarci anche al contemporaneo, ho rivisto Primo amore di Matteo Garrone che si ispira al romanzo Il cacciatore di anoressiche di Marco Mariolini e che, offrendo suggestioni attraverso l’ambientazione un po’ cupa del loro rapporto all’interno delle mura domestiche, ci ha aiutato ad aggiungere quella sfumatura drammatica necessaria all’analisi di una relazione malata in cui, in particolare, l’uomo prevarica la donna. Ciò che più “apprezzo” di questo film è la ribellione finale di lei che, in un moto di esasperazione, compie un gesto estremo, sebbene questo nel nostro spettacolo non avvenga. Io comunque, fin dalla prima battuta, sogno che Caterina possa avere una speranza di ribellione, a prescindere dal triste finale della messinscena. 

Immagino che da donna sia avvilente pensare che il matrimonio con Petruccio possa essere l’unica soluzione…  

Sì, anche perchè ogni volta che interpreto Caterina immagino la donna svincolata dal rapporto amoroso, come una figura che possa coltivare una relazione di libertà con se stessa e che non viva l’amore come semplice ribellione al contesto familiare.  

La messinscena della pièce shakespeariana ha uno sviluppo particolare: la promessa di divertimento fatta al pubblico va via via svanendo, lasciando emergere un retroscena agghiacciante. Mentre recita come vive, da donna, quest’altalena emotiva? 

È un’altalena alla quale, in quel momento, devo aderire totalmente in modo da restituire al pubblico l’intensità della variazione emotiva, quindi mi ritrovo a  provare le stesse emozioni di Caterina: passo dalla leggerezza della schermaglia iniziale all’abisso, alla sensazione di essere sull’orlo di un precipizio e guardare, di fronte a me, questo rapporto malato di cui non posso più liberarmi. Allo stesso tempo, porto dentro di me tutte le donne che non ce l’hanno fatta, che mi passano davanti attraverso le immagini della cronaca nera contemporanea e verso le quali, oltre a una profonda empatia, provo un forte senso di responsabilità che è accompagnato e sostenuto anche da quella speranza di cui parlavo prima, che queste donne possano tornare in qualche modo a sorridere. 

Immagino sia anche difficile, da interprete, non rendere retorico il dolore in un tempo in cui siamo ne costantemente bombardati con il rischio che si sviluppi un certo livello di assuefazione.  

Sì esatto, anche perché, incredibilmente, è come se questo tipo di rapporti seguissero un copione, come se reiterassero sempre le stesse dinamiche. E mi sorprendo di questo anche mentre recito.  

Le è mai capitato di sentirsi, come Caterina, costretta dal contesto circostante perché non conformata ad esso? Crede che il teatro possa essere una casa, un rifugio, un luogo di libertà espressiva per i “non-allineati”? 

Mi è capitato in passato, per fortuna non nella sfera personale. Faccio teatro professionista da 22 anni e purtroppo questa sensazione l’ho provata proprio in contesto lavorativo, riscontrando come l’autenticità, sia a teatro che al di fuori, si paga sempre. Con il termine “autenticità” mi riferisco al dire quello che si pensa o al fare le cose non solo per il proprio tornaconto ma per il bene del gruppo, avere un livello etico più alto: questo spesso confligge con qualche interesse personale e fa sì che intorno alla persona autentica si crei il vuoto. Viene messo in atto dal contesto circostante proprio un processo di svalutazione nei tuoi confronti e purtroppo questo ti può portare a dubitare di te stesso, dei tuoi valori, del tuo valore. Ecco, quando inizi a dubitare del tuo valore, in qualche modo ti senti anche svilito come artista.
Per il resto sì, per me il teatro è una casa, un rifugio, un luogo di espressione del mio punto di vista sulle cose del mondo e della mia autenticità. Una casa ideale per proteggerla, questa autenticità. Però purtroppo è anche vero che a volte, nell’arte e nel teatro, c’è un processo di allineamento ad alcune regole non scritte, dettate da diversi fattori connaturati al nostro ambiente. Sono frutto probabilmente della necessità di essere riconosciuti in un certo modo, di essere apprezzati per l’idea che gli altri hanno di noi in modo da ottenere il consenso. Così facendo però, forse si rischia sì acquisirlo il consenso, ma perdendo se stessi, l’autenticità della propria voce e la possibilità di essere in movimento nel processo artistico. 

 

LA BISBETICA DOMATA 

una produzione Factory Compagnia Transadriatica
regia Tonio De Nitto
traduzione e adattamento Francesco Niccolini
con Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Franco Ferrante, Antonio Guadalupi, Filippo PaolasiniLuca Pastore, Fabio Tinella
musiche Paolo Coletta
scene e realizzazione pittorica Roberta Dori Puddu
scenotecnica costruttiva Luigi Conte
costumi Lapi Lou
luci Davide Arsenio

Auditorium TaTÀ, Taranto | 28 gennaio 2023