VALENTINA SORTE | Non è facile portare in scena la vita di un omicida seriale. Il rischio è quello di rimanere intrappolati nella dimensione dell’aneddoto e del dettaglio, senza riuscire a delineare una cornice più ampia, una visione più nitida. In altre parole, per eccesso di zoom si potrebbe finire inavvertitamente fuori fuoco. Il dettaglio assume forma e senso, diventa cioè un vero e proprio correlativo oggettivo, solo se collocato all’interno di una chiara cornice assiologica, all’interno di un netto sistema di valori.

Per la sua nuova produzione – Stand by me – che si ispira all’autobiografia di Dennis Nilsen, serial killer inglese scomparso nel 2018, Sanpapié adotta una soluzione mista: la linea drammaturgica è molto frammentata, procede infatti per giustapposizione di quadri, scanditi e sottolineati ogni volta da un brano differente. Non si tratta però di una mancanza di organicità o di una narrazione debole ma di una scelta precisa e consapevole. La drammaturgia trova nella frammentazione la sua cifra, insistendo in modo ossessivo sulla moltiplicazione delle prospettive.

Ph Lorenza Daverio

Questa costruzione sincopata, a tratti centrifuga, è bilanciata da due importanti elementi: uno performativo, l’altro scenografico. Da una parte infatti la ripetizione di gesti e movimenti, da un quadro all’altro, crea una certa ricorsività all’interno del frammento. Si crea una ritualità del gesto che funziona da collante. Dall’altra parte la scelta di delimitare lo spazio scenico con una luce tubolare al neon che materializza fisicamente la cornice in cui si inserisce la vicenda personale di Nilsen, restituisce organicità al tutto.

Lo spettacolo, presentato in prima assoluta l’11 marzo a DanceHaus nel quadro del Festival Exister 23, vede in scena fin da subito Sofia Casparini, Gioele Cosentino e Matteo Sacco. I tre performer formano una sorta di “matrioska” rituale: indossano tutti e tre abiti piuttosto anonimi, diversi ma della stessa tinta, e una maschera/poliedro che chiude loro completamente la testa. Sulle note di “O Solitude” di Henry Purcell, tutti e tre si alternano nella stessa sequenza in cui a turno cadono a terra, vengono risollevati e sostenuti.

Sanpapié_Stand by me_ph Lorenza Daverio

La variazione nella ripetizione è una costante dello spettacolo: nei costumi, nelle maschere, nelle coreografie, nella stessa vicenda del serial killer; anche se sarebbe meglio parlare di tripartizione o di triplicazione.

Davanti agli occhi dello spettatore prende velocemente forma la Zattera della Medusa di Géricault, vero e proprio tableau vivant. Nella sua autobiografia, Dennis Nilsen fa più volte riferimento a questo quadro, la cui visione, oltre a turbarlo, gli fa rivivere contemporaneamente il ruolo dell’uomo anziano che salva dalle acque il giovane corpo, quello del giovane ormai morto ma sostenuto e trattenuto dal vecchio, e quello dell’osservatore che guarda la tragedia fuori dalla cornice. Nilsen è scisso in tre persone, la sua prospettiva è frammentata e passa da un ruolo all’altro. Attraverso Gericault osserva da fuori gli abusi del nonno pedofilo, li rivive e li replica. È contemporaneamente vittima, carnefice e spettatore.
Il rapporto con il corpo è così importante nella vita di quest’uomo che assume un ruolo centrale anche in Stand by me. Nielsen passava molto tempo a esaminare i corpi delle sue vittime, osservando il movimento degli arti, la consistenza e la duttilità della pelle e dei muscoli; li lavava, li vestiva e stava con loro fino a quando lo stadio di decomposizione non era troppo avanzato. Nelle coreografie di Lara Guidetti ritroviamo un’attenzione meticolosa per le movenze del corpo e per la ritualità dei gesti, sottolineata ancor di più dall’uso delle maschere. Riuscitissima la sequenza in cui i tre performer, a terra, in diagonale, si muovono come manichini guidati da fili invisibili o quella in cui a distanza ravvicinata si manovrano a vicenda.

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Siamo di fronte a una triplice sovrapposizione: il corpo passivo e manipolato, il corpo attivo e manipolatore, il corpo osservato. Da chi? Da Nielsen stesso che diventa allo stesso tempo regista e spettatore di se stesso ma anche da noi come spettatori.
E qui sta il valore di questo lavoro di Sanpapié, che altrimenti sarebbe potuto rimanere una cronaca nera a passi di danza. In fondo alla scena, la luce tubolare, attorcigliandosi, crea la sagoma di uno specchio: grande e circolare domina lo spazio scenico. Se la cornice ha l’importante funzione di delimitare e di separare il “dentro” dal “fuori”, il “micro” dal “macro”, il “particolare” dallo “universale”, se lascia intravedere il confine e il legame tra l’uno e l’altro elemento, lo specchio, invece, rovescia la prospettiva: quello che era dentro si ritrova proiettato fuori e, viceversa, quello che stava fuori entra nello spazio scenico.
Lo spettatore entra così nello spazio performativo e mentale di Stand by me. È lo stesso cortocircuito visivo che Michel Foucault osservava in Las Meninas di Velazquez, provocato anche questa volta da uno specchio. Dice Nielsen: “I miei rituali nel maneggiare i corpi erano pieni di continuità di specchi. La svestizione dei corpi era quasi sempre vista da me attraverso uno specchio perché era più potente che guardare direttamente quello che stavo facendo.”

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Lara Guidetti non solo ci immerge in quello spazio perfomativo/valoriale da cui ci sentivamo forse, inizialmente, esclusi e protetti grazie alla presenza della cornice, ma pone in questo modo una questione più intima: cosa cerchiamo veramente nella vicenda di Nielsen? Perché siamo tanto incuriositi da questi personaggi feroci? Cosa ci attira della sua mostruosità? Lui non si sentiva affatto un mostro.
Il teatro è per eccellenza il luogo da cui si vede, il luogo della visione. Ci fa vedere diversamente. Guardare attraverso una lente non depotenzia affatto la visione, al contrario, la rende più acuta. Cosa c’è nella vicenda particolare di Nielsen che parla anche di tutti noi?

 

STAND BY ME

coreografia e regia Lara Guidetti
con Sofia Casprini, Gioele Cosentino, Matteo Sacco
drammaturgia Saverio Bari in collaborazione con Gianluca Bonzani
elaborazioni sonore Marcello Gori
maschere Maria Barbara De Marco
scenografia Maria Croce
costumi Fabrizio Calanna

PRIMA ASSOLUTA
11 marzo 2023 @DanceHaus Milano