GIORGIA VALERI | Whatever happened to the teenage dream? si chiedeva Marc Bolan nel ‘74, mentre si stava consumando all’orizzonte il tramonto dell’età dell’oro dell’Occidente e lo spauracchio del thatcherismo cominciava a prendere forma in Inghilterra. I sogni, gli ideali e le lotte del Sessantotto stavano lentamente sbiadendo e la forza propulsiva del dopoguerra stava pian piano rientrando in asse.
Quando Bolan quindi riecheggia sommessamente nella sala semibuia del Teatro Fontana lasciando fuori una soleggiata domenica di marzo, le sue parole rappresentano un semplice accompagnamento a una piccolissima percentuale di privilegiati «che si arricchisce ai danni dell’intero pianeta», che si siede comodamente sulle poltrone vellutate del teatro e aspetta con una calma quasi innaturale che le luci in sala si abbassino.
Niccolò Fettarappa e Lorenzo Maragoni, autori e interpreti dello spettacolo Solo quando lavoro sono felice, prendono tempo, attendono ciondolando sul palco e scambiandosi qualche battuta davanti a due classiche poltrone in pelle e a due microfoni dislocati asimmetricamente, uno a ridosso della platea e l’altro quasi in fondo alla scena.
L’evento aziendale o come suggeriscono gli stessi attori «uno spettacolo francamente capitalista» non può che iniziare con un sentito applauso «al privilegio» al quale il pubblico, imbarazzato ma divertito, si sente di partecipare calorosamente. Le luci in sala si spengono ma non i telefoni cellulari, come sarebbe buon costume, perché, sottolineano affabilmente gli attori, è inutile negare che l’ansia del lavoro a teatro non si spegnerà: quell’ultima mail rimasta nelle bozze deve essere mandata.

Solo quando lavoro rosico è il titolo alternativo che Fettarappa e Maragoni avevano pensato per lo spettacolo. Entrambi interpreti e drammaturghi, hanno condotto percorsi artistici particolari: Fettarappa, classe ‘96, studia Filosofia a Bologna e in parallelo svolge attività teatrale, lavorando con importanti nomi della scena teatrale italiana come Daniele Timpano, Elvira Frosini, Daria Deflorian e Lucia Calamaro; esordisce poi come drammaturgo, autore e regista con lo spettacolo Apocalisse tascabile (vincitore dei premi Inbox 2021, critica al Nolo Fringe Festival, Direction Under 30, Italia dei Visionari) portato poi in tournée in tutta Italia, riscuotendo successo ovunque.
Lorenzo Maragoni, ternano del 1984, è regista della compagnia indipendente Amor Vacui, fondata nel 2010 e con la quale ha vinto il Premio Off del Teatro Stabile del Veneto per lo spettacolo This is the only level, oltre ad aver ricevuto numerose menzioni e ad aver vinto il campionato mondiale di Slam Poetry.
Entrambi sono interessati a un teatro impegnato, politicamente e socialmente, e scendono quindi in campo, vestiti da loro stessi, per affrontare uno dei temi più cogenti del momento, soprattutto da una prospettiva giovanile, quella di Nicolò Fettarappa e Lorenzo Maragoni in relazione ai loro rispettivi capi: Nicolò Fettarappa e Lorenzo Maragoni. E cioè: se già Nietzsche lamentava nel XIX secolo la frammentazione dell’uomo, in relazione soprattutto al lavoro, al tempo libero e alla cultura, oggi questa disgregazione ha raggiunto livelli epocali e ha investito in particolar modo i giovani. Il lavoro è la tensione verso cui si muove ogni azione, ogni gesto è calcolato con la finalità di accaparrarsi punti in più sul curriculum, per vendersi nel modo migliore possibile in un mercato del lavoro saturo e altamente competitivo.

L’intero spettacolo si snoda attorno ad argute riflessioni post-moderne esposte con un linguaggio schietto, colloquiale, quasi come dentro allo studio di uno psicanalista che metta uno specchio fra sé e il paziente. Ed è forse proprio grazie a questa relazione con il pubblico che lo spettacolo ha una presa diretta, disarmante, le parole dei due autori/interpreti fendono i pensieri e li sminuzzano, lasciandoli sul piano chirurgico per essere esaminati.

Dopo alcune battute sagaci in cui i due sottolineano alcune frasi entrate nell’uso comune e che con il tempo hanno finito per svuotarsi di significato – ama quello che fai e non lavorerai mai un giorno“, per esempio – riportandole alla loro origine e smontandole dei costrutti sociali di cui si sono fatte carico, riflettono sulla loro condizione attuale.
Fettarappa incarna le vesti di se stesso, un giovane «sturm und drang» come lo definisce Maragoni, che cita la classe operaia, Lotta Continua, gli scioperi, Mirafiori, le Brigate Rosse per lamentare una reale mancanza di motivazione, di energia, di obiettivi reali e perseguibili da parte dei giovani. Maragoni, dal canto suo, è un «adulto assumibile», responsabile, costantemente reperibile.
La loro presenza in scena riflette pedissequamente le loro pretese esistenziali: Fettarappa si muove in continuazione, corre sul palco, si sbilancia con la voce, va e viene dalle quinte, ogni volta con qualcosa di nuovo da obiettare; Maragoni invece è più pacato, cerca di calmare lo spirito bollente dell’amico, a mo’ di fratello maggiore, e si concede anche lo spazio di un monologo solitario diretto al pubblico. Ci dimostra come al mondo si può essere grattacieli o frittate, una metafora semplice ma che arriva bene al pubblico: i grattacieli sono tutti coloro che nascono con un obiettivo e fanno di tutto per raggiungerlo, senza mai perderlo di vista (la mentalità del Pensati libera); le frittate sono tutti gli altri, che si sviluppano in modo “spalmato” e vagabondano senza una meta precisa, alla ricerca di un senso e di uno scopo, fino a trovarsi in teatro, dove «frittate guardano altre frittate».

La musica in questo spettacolo è didascalica, una componente fondamentale per interpretarne il sottotesto: dopo essersi vicendevolmente licenziati, chiamando una persona dal pubblico a interpretare simbolicamente con il proprio nome il ruolo di “capo” e, spalancata la porta d’emergenza del teatro, sfogando tutta la propria rabbia, si riavvicinano al palco e si confrontano, finalmente liberi, sulle note emblematiche di Happiness is a butterfly di Lana del Rey. È una felicità effimera, momentanea e caduca quella data e poi tolta dal lavoro, pronta a spiccare il volo nuovamente con la delicatezza di una nota malinconica lasciata sul pianoforte.

La chiara componente politica viene quindi messa bene in evidenza dalle due diverse prospettive, esaltata da un dialogo costruito su una duplice linea teorica che viaggia parallelamente: una diretta verso la decostruzione di convinzioni radicate e apparentemente incontrastabili, l’altra verso la strutturazione di una nuova mentalità, che si svincoli dalle catene inconsce poste dalla società.
Lo spettacolo si chiude emblematicamente con una ballata suonata con un ukulele da Maragoni, in cui i due discorsi svolti in parallelo da Fettarappa e Maragoni convergono definitivamente nella frase lapidaria «solo quando lavoro mi sento libero di rosicare». 

 

SOLO QUANDO LAVORO SONO FELICE

di e con Lorenzo Maragoni e Niccolò Fettarappa
realizzato con il sostegno di Ferrara Off APS
residenza produttiva Carrozzerie | n.o.t produzione La Corte Ospitale
con il sostegno di MIC e Regione Emilia-Romagna
Menzione speciale Forever Young 2021/2022 – La Corte Ospitale

Sala Fontana, Milano
12 marzo 2023