GIULIA BONGHI | I puritani è l’opera scelta per inaugurare la prima edizione del Modena Belcanto Festival. L’ultimo capolavoro del compositore catanese Vincenzo Bellini è a tutti gli effetti un titolo chiave del repertorio belcantistico. La locuzione bel canto si diffuse in Italia a inizio Ottocento all’interno delle prime scuole pubbliche di musica, poi identificata con il repertorio che va da Rossini a Donizetti, Bellini e il primo Verdi. La specifica tecnica vocale è quella già sviluppatasi dal teatro barocco del secolo precedente. L’estetica si basa sulla ricerca del bel suono, della bella voce; le vocali vengono reiterate per eseguire note ornamentali e sfoggio di virtuosismo, al di là della necessità di legame con la parola. Dal Verdi maturo in poi il gusto si volge verso un canto più incisivo, declamato e articolato, atto a mettere in evidenza l’espressione poetica.

In una lettera a Vincenzo Ferlito, Bellini afferma «I Puritani ora mi hanno messo nel posto che mi si dovea, cioè primo dopo Rossini» e il suo successo gli avrebbe aperto le porte dell’Opéra, il tempio musicale parigino. Purtroppo, la precoce dipartita del compositore nel 1835, a nove mesi di distanza dal debutto de I puritani, non ci ha permesso di assistere all’evoluzione di quella che sarebbe stata una nuova fase della sua carriera musicale.

Ph Rolando Paolo Guerzoni

I puritani e i cavalieri, questo il titolo completo, è ambientata nell’Inghilterra del XVII secolo, sullo sfondo dello scontro politico tra Puritani e Stuart. Il libretto, non particolarmente felice, di Carlo Pepoli, narra di Elvira Valton, figlia del generale governatore puritano Gualtiero Valton, che sta per andare sposa ad Arturo Talbo. Appare una misteriosa prigioniera, Enrichetta Maria di Francia, che Arturo riconosce essere la regina, vedova di Carlo I Stuart recentemente ghigliottinato. Essendo partigiano Stuart, decide di fuggire con lei facendola passare per la sua sposa. S’imbattono in Riccardo Forth, colonnello puritano, che li lascia andare in quanto innamorato di Elvira, che in questo modo non convolerà a nozze. Il secondo atto è dominato dalla scena della pazzia di Elvira Qui la voce sua soave. Il terzo e ultimo atto si apre con un uragano e la grande scena del fuggiasco braccato dai soldati di Cromwell, che tenta di riavvicinarsi all’amata. Essa appare e lo riconosce, ma l’esercito irrompe e Arturo viene condannato a morte. Uno squillo di tromba annuncia la definitiva sconfitta degli Stuart. Viene concessa l’amnistia, sancendo il lieto fine per i due innamorati.

L’opera è stata proposta nell’allestimento con regia e costumi di Francesco Esposito, coproduzione del 2017 dei teatri di Modena, Piacenza e Reggio Emilia. La scena unica di Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti presenta una struttura semicircolare aperta, che mostra lo scheletro dell’impalcatura, volutamente artificiosa. Ricorda una torre, dalla quale escono dei pannelli mobili decorati che circoscrivono i diversi luoghi delle scene. I costumi, secondo la moda del XVII secolo e le luci di Andrea Ricci, disegnano un’atmosfera austera entro la quale i personaggi peccano di un’eccessiva staticità e difficoltà di movimenti, seppur caratterizzati. L’inserimento di situazioni e quadretti, con l’ausilio di immancabili mimi e comparse, risulta inefficace ai fini narrativi e scenici.

Ph Rolando Paolo Guerzoni

La scrittura musicale è molto vicina alla tradizione francese, per quanto, mancando di spessore storico, non si possa parlare di grand opéra. Di fatto, nel 1834 Bellini scriveva I puritani in una versione per Parigi e in una napoletana per il Teatro San Carlo, che fu bloccata per un’epidemia di colera e non andò mai in scena. Almeno fino al 1986, quando al Teatro Petruzzelli di Bari fu deciso di proporre l’opera pensata per il soprano romantico Maria Malibran, ben diverso dal soprano brillante parigino Giulia Grisi. Per quanto riguarda le voci maschili, secondo la prassi diffusa a Napoli, la distribuzione vocale prevedeva due tenori, anziché tenore e baritono.

Ruzil Gatin sostiene l’ardua scrittura vocale e le numerose note sopracute del ruolo di Arturo con molta precisione e valido fraseggio. Ruth Iniesta ha un timbro fresco e incisivo ed è molto generosa nel restituire una Elvira di suggestivo effetto scenico e di cui notiamo l’evoluzione durante l’opera. Ben si adatta al personaggio Alessandro Luongo, tratteggiando con voce espressiva Riccardo Forth, posto inopinatamente come rivale ma non come villain. Non esiste, di fatto, nell’opera un cattivo vero e proprio. È la situazione storico-politica a porsi come ostacolo ai due protagonisti. Anche Giorgio, interpretato da Luca Tittoto con voce possente e calibrata, è un padre affettuoso e condiscendente. Molto raffinata Nozomi Kato nei panni di Enrichetta. Efficaci Andrea Pellegrini e Matteo Macchioni, rispettivamente Lord Gualtiero Valton e Sir Bruno Roberton.

Alessandro d’Agostini dirige la Filarmonica del Teatro Comunale di Modena con potenza drammatica e ricca coloritura. La partitura è costellata di elementi di chiaro riflesso dell’esperienza parigina di Bellini. Peculiari sono la rete di temi ricorrenti, la complessità delle strutture formali – la maggior parte dei numeri non segue la solita forma, ma schemi più variegati – e la spazializzazione sonora. L’azione è spesso impostata su due piani sonori: dentro e fuori; primo piano e secondo piano. Un artificio scenicamente avvincente, che è stato sfruttato adeguatamente anche in questa occasione.

Ph Rolando Paolo Guerzoni

Giovanni Farina è il maestro del Coro Lirico di Modena, che esegue un’ottima prestazione. Viene spesso utilizzato in scena come comunità-testimone. Durante la scena della pazzia osserva la povera Elvira dall’alto della tribuna, un po’ come succede abitualmente nella Lucia di Lammermoor di Donizetti, dove è più giustificato – nonché scritto – in quanto è proprio la società a condurre Lucia alla follia. In questo caso siamo di fronte a un’instabilità da disperazione e incomprensione.

Il terzo atto ci regala un piacevole effetto naturalistico con la pioggia che cade sul palcoscenico. Dall’incanto ci riporta sulla terra, alla frenesia della ricerca e al milieu della battaglia in atto. Noi, però, assistiamo al ritrovamento dei due amanti: Arturo sente in lontananza Elvira che canta la loro canzone d’amore. Il canto s’interrompe e viene proseguito dal giovane, prima del ricongiungimento dei due innamorati. Una scena analoga è rintracciabile in Angelo, tyran de Padoue di Victor Hugo, andata in scena proprio in quel 1835, tracciando un indizio di quanto opera e teatro di prosa fossero in stretto contatto e si sovrapponessero nell’immaginario collettivo dell’epoca. Condizione auspicabile e un dialogo tutt’oggi realizzabile, perché no?

I PURITANI

Melodramma serio in tre parti di Carlo Pepoli
dal dramma storico Têtes rondes et Cavaliers di Jacques-François Ancelot e Xavier Boniface Saintine
Musica di Vincenzo Bellini
ed. Ricordi a cura di Mario Parenti

Lord Arturo Talbo Ruzil Gatin
Elvira Ruth Iniesta
Sir Riccardo Forth Alessandro Luongo
Enrichetta di Francia Nozomi Kato
Sir Giorgio Luca Tittoto
Lord Gualtiero Valton Andrea Pellegrini
Sir Bruno Roberton Matteo Macchioni

Filarmonica del Teatro Comunale di Modena
Direttore Alessandro d’Agostini
Coro Lirico di Modena
Maestro del coro Giovanni Farina
Assistente maestro del coro Massimo Malavolta
Regia e costumi Francesco Esposito
Scene Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti
Luci Andrea Ricci
Assistente ai costumi Elena Gaiani

Teatro Comunale di Modena | 10 maggio 2024