CHIARA AMATO | Nel raccolto ambiente del Teatro della Contraddizione di Milano va in scena il monologo Hedda non deve morire di e con Clio Cipolletta, ispirato all’opera di Ibsen.
L’attrice, diplomatasi presso la Scuola del Piccolo Teatro di Milano sotto la guida di Luca Ronconi, ha interpretato nel suo percorso sia classici come Shakespeare, Eschilo e Čechov, sia performance di sua creazione come Cunsulazione, nel 2017.
Qui il testo di Ibsen, pubblicato nel 1890, viene ricucito ad hoc dalla sua regia per essere reso in chiave contemporanea, con  un solo interprete in scena: la vicenda, come noto, prevede vari personaggi, alla prese con la loro noia da borghesi di fine ‘800, fatta di facciate serene che nascondono torbidi intrighi e gelosie. La protagonista femminile è una donna di nobili origini e aspirazioni alte ma arenata in un matrimonio piatto e senza amore, con un ‘buon uomo’.
I fatti si svolgono in pochi giorni, in cui la coppia di sposini si confronta con una conoscenza di vecchia data, un uomo che, grazie ad un suo scritto di successo, potrebbe compromettere la loro corsa alla “vittoria” sociale e professionale.

La scena buia è illuminata da tre lampadari di cristallo ed è connotata da pochi oggetti: una sedia, uno scrittoio con alcune bottiglie, un paio di faretti laterali. Il gioco di luci avviene con lo spegnimento e l’accensione dei lampadari, creando zone d’ombra e chiaroscuri per far risaltare gli stati d’animo della protagonista.
Cipolletta si mostra in vestaglia da notte di raso nera e nel raccontare la vicenda si rivolge direttamente al pubblico. La quarta parete cade quindi fin dal principio, avendo lei, come diretto interlocutore silenzioso, chi è presente in sala.
Con ironia e sarcasmo, si aggira tra gli oggetti e si muove sulla sedia, scimmiottando nel racconto che lei stessa fa, dei personaggi che animano le vicende del suo ritorno dal viaggio di nozze: in primis Telmo, il marito; la zia ricca, che sostiene l’amato nipote; il viscido assessore, dalle mani troppo lunghe nell’afferrare ciò che desidera; Tea, “l’amica sfigata del liceo” che ha intessuto una relazione con Borg, l’uomo con il quale proprio Hedda aveva coltivato un’affinità elettiva anni prima.
Nessun commento sonoro nello spettacolo se non nel momento dell’incontro con quest’ultimo; infatti gli unici rumori simulati in scena sono gli spari di pistola e i fuochi di artificio durante una festa, quando Hedda vince la sua prima sfida/provocazione: riprende influenza sull’amato in gioventù, facendolo ricadere nei suoi vizi, l’alcool prima di tutto. Qui si spoglia della sua vestaglia e del suo ruolo di moglie, per indossare un abito lungo nero, seducente.

I personaggi della vicenda sono interpretati con caratteri molto netti dall’attrice, che varia all’occorrenza la postura, il tono, i gesti e addirittura i dialetti (la zia romanesca, l’assessore campano, etc.), ma l’indubbia forza di questa pièce resta lei: lei che interpreta Hedda.
Eroina controversa nel panorama letterario norvegese dell’epoca, qui si cala nella contemporaneità, prendendo lo spazio di alcuni altri personaggi eliminati nella riscrittura, come la domestica – non molto sveglia ma fidata – che nello spettacolo non appare. I dettami sociali, elencati in tono annoiato e cadenzato servono a sottolinearne il carattere obsoleto; non ci sono le missive e i tempi prolungati del testo ibseniano ma la comunicazione tra i personaggi è rapida, telefonica e i tempi si accelerano. Tutto accade in una giornata e in una notte caotica.

Quello contro cui Hedda si trova a combattere è da una lato la sua vita infelice e senza stimoli, che tampona a suon di antidepressivi, e dall’altro una forza esplosiva, tenuta a bada da troppo tempo e che sfocia nella rivalsa, anche cattiva, contro Borg.
“La posta in gioco è massima, l’imperativo è vincere, e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro, niente scrupoli o rispetto verso i propri simili” diceva Frankie hi-nrg mc e potrebbe perfettamente essere una battuta della recita. Il verbo più utilizzato da Hedda è vincere, e per raggiungere questo scopo insinua l’idea del suicidio in Borg e si toglie la vita ella stessa per essere libera.
Sì, il suicidio resta per Hedda la via d’uscita, lo sceglie come unica e possibile vittoria, piuttosto che cedere al ricatto sociale delle sue origini altisonanti, al ricatto fisico impostole dall’assessore, al ricatto emotivo del suo matrimonio noiosamente sereno.

I due anti-eroi finiscono nella stessa maniera, anche se il titolo scelto dalla regista invece auspica altro: dice che Hedda “non deve morire” (proprio come il film di Stephen King Misery non deve morire): c’è l’esternazione del desiderio dell’interprete (e del pubblico che assiste) che non avvenga quel suicidio, che per i protagonisti sia possibile liberarsi dalle imposizioni e dalle convenzioni sociali, senza arrivare alla morte. ‘Cosa siamo disposti a perdere pur di vincere?’ afferma Hedda quando viene a conoscenza della morte del suo affine Borg; la morte quindi si fa vittoria, quando vittoria non è.
Questa fedeltà ai fatti del testo lascia trapelare nel titolo la frizione che Cipolletta vive contro questo finale; la sua Hedda infatti esplode di vita, è istericamente simpatica, è sopra le righe (molto di più rispetto al testo originario), è volitiva e tutto viene mostrato dal suo utilizzo del corpo: sensuale nei movimenti raccolti, più veloce e scattante nella frenesia di queste ore che la travolgono.

Lo spettacolo è una critica ben riuscita, a chiare lettere e che non lascia spazio a dubbi contro i sistemi che avvolgono, come il capitalismo selvaggio oggi e la smania di potere borghese ieri. Il potere è indossato come uno scendiletto da personaggi che non riescono a essere mai loro stessi: nei rapporti familiari, amicali, lavorativi, l’unica condizione è che non vi sia alcun freno tra l’individuo sociale e l’obiettivo di successo e affermazione. Morale o immorale che possa essere.

HEDDA NON DEVE MORIRE

riscrittura contemporanea originale da Hedda Gabler di H. Ibsen
di e con Clio Cipolletta
suono Mario Autore
una produzione TLTA Produktion

Teatro della Contraddizione, Milano | 2 aprile 2023