RENZO FRANCABANDERA | la rassegna Danza in Rete e in pieno svolgimento nella città di Vicenza coinvolgendo spazi urbani, teatri, e luoghi della città, popolati da segni artistici realizzati da coreografi di fama internazionale.
Danza in Rete ha anche una sezione Off, la cui direzione è affidata a Alessandro Bevilacqua, che seleziona artisti emergenti per dar loro la possibilità di sperimentare all’interno del teatro comunale di Vicenza e anche di favorire forme produttive capaci di spingere questa creatività verso nuovi obiettivi.
Saranno diversi i fine settimana del mese di aprile dedicati alla rassegna Off, con gli appuntamenti del weekend di metà aprile a Vicenza e di fine mese a Schio.
Il mese si è aperto con la giornata del 1 aprile che ha visto portare in scena i lavori di due giovani artisti i cui esiti appaiono particolarmente convincenti e che sono ospitati ormai su palcoscenici internazionali.

Si tratta dell’italiano Adriano Bolognino e dell’artista tunisino Hamdi Dridi.
Due loro creazioni sono andata in scena nella stessa serata negli spazi del ridotto del teatro comunale, seguite da una conversazione con gli artisti stessi e il pubblico.
Si è iniziato con Adriano Bolognino, ventottenne napoletano, che ha vinto il premio Danza&Danza 2022 come coreografo emergente. A Festival Danza In Rete ha portato la prima nazionale di Come Neve.

L’artista è qui per un ampio progetto che lo vede coinvolto, il prossimo 21 aprile, anche in una coreografia con la storica Compagnia Opus Ballet nata nel 1999 attiva in un ambito artistico di segni ibridi fra teatro, musica arti visive performance, diretta da Rosanna Brocanello fin dalla fondazione, e costituita da un nucleo stabile di danzatori professionisti, che provengono da varie parti d’Italia e da diversi paesi nel mondo. Con loro Bolognino sta lavorando a White Room la “stanza bianca” dove rivive, ispirato dall’opera pittorica Il ritorno dal bosco di Giovanni Segantini, l’inverno emozionale di anime inquiete e in attesa. Il duetto estratto da White Room, intitolato Behind you è stato selezionato per MAS Danza Choreographic Competition vincendo il Premio del Pubblico ed il premio tour nelle Isole Canarie.

Come neve, proposto invece il primo giorno del mese, è un duetto la cui durata complessiva è di 35 minuti, un unico piano sequenza che parte con due figure di spalle (Rosaria Di Maro e Noemi Caricchia), sedute o meglio accovacciate per terra e di cui gli spettatori vedono solo il corpo dal busto insù, perché le gambe sono coperte da quello che sembra un drappo.

Le due figure sono di spalle, hanno un corpetto che lascia libere le braccia nude, mentre sulla testa hanno un copricapo con un disegno ottenuto a ricamo. Assomiglia un po’ alle calotte che le danzatrici indossano nelle discipline natatorie, e invero tutta una serie di movimenti con le braccia che si sviluppano nella prima parte dell’azione, richiamano in maniera abbastanza nitida i movimenti  delle sincronie in vasca delle danzatrici di nuoto sincronizzato.
È ovviamente una suggestione dell’occhio di chi osserva e non una cosa voluta in maniera esplicita, anche perché altre combinazioni potrebbero rimandare ad esempio alle danze asiatiche e alla prospettiva centrale che individua un solo corpo con più braccia.
Dopo circa 10 minuti in questa posizione, le due interpreti si mettono in piedi e rivelano che il drappo che copriva la parte inferiore del loro busto altro non era che una gonna dai colori sgargianti, ricamata con tecniche tradizionali.
Lo spettacolo aveva debuttato l’anno passato all’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, commissionato come intervento performativo nel contesto della mostra Milk Teeth presso il centro d’arte contemporanea Nitja a Lillestrøm e consolidato con un gruppo di artiste del ricamo che ha lavorato alle vesti.
Bolognino ha realizzato la coreografia pensando all’idea di benessere tradotta in passo di danza. L’immagine ispiratrice è stata la neve, di cui l’autore contempla il bianco del fuori e il caldo del dentro, il senso di protezione e di comunità che trasmette. Il bianco, il chiarore, resta quindi un elemento psichico dello spazio del coreografo, all’interno del quale si consolidano suggestioni gestuali che hanno spesso a che fare con la ripetizione, con il gesto reiterato che cerca una sua grazia quasi ascetica.
I colori dei vestiti distinguono le due performer: bianco rosso e blu la una, bianco giallo e blu l’altra. Una dal corpo più androgino e di movimenti possenti, l’altra con alcune leggerezze diverse. Da questo momento in poi le due si muoveranno sulla scena come piccole trottole, senza che mai gli arti inferiori si vedano percettibilmente, ma sempre in una combinazione di avvicinamento e repulsione di  distanza e unione.
In alcuni momenti, e anche nell’istante in cui si portano in proscenio dopo il buio per raccogliere gli applausi finali, sembra di rivedere i passi della berioska, la composizione coreografica andata in scena nella seconda metà del secolo scorso interpretata dall’omonimo collettivo russo che alla coreografia diede anche il nome, portato in Italia per la prima volta nel 1961, in cui le danzatrici si muovevano con passi così piccoli e veloci che pareva che quasi planassero sulla pista, come trottole su una superficie lucida.
Qui lo sfondo e la pedana sono bianchi, i due corpi sono abbacinati di luce, i loro movimenti nitidi e senza sfumature, sospesi dentro una pratica che ha a che fare come si diceva con la ripetizione, l’abitudine a cercare e creare un linguaggio che il coreografo chiede più coerente e integrale possibile, senza corruzioni o smagliature.
Chissà se questa tensione alla compattezza e coerenza formale contraddistinguerà in modo così marcato anche l’evoluzione del carattere coreografico di Bolognino, o nel tempo l’artista sentirà la tentazione, la tensione a rompere queste meccaniche  così profondamente geometriche e organizzate.
La figura è di indubbio talento, il panorama internazionale si è accorto di lui, è un bene che il sistema italiano lo supporti per dargli occasione di esprimersi e di coreografo fare anche un numero importante di performer, cosa che sempre fa maturare la personalità dell’individuo chiamato a governare un maggior numero di complessità caratteriali e artistiche. Benissimo quindi che Danza in Rete Off abbia dato questo spazio ampio all’artista.

A seguire la serata ha visto la proposta  di Tu meur(s) de Terre del danzatore tunisino Hamdi Dridi, un poetico e commovente assolo che racconta la storia di suo padre e che cerca di rievocare, attraverso il suo corpo, quello del genitore.

ph Riccardo Panozzo

Lo spettacolo si ambienta in un luogo oscuro, illuminato da una luce calda che entra nell’ambiente dal lato sinistro.
Nella parte anteriore della scena è poggiato per terra un tappeto formato da cartoni attaccati con il nastro adesivo marrone, come facevano una volta i lavoratori edili per non sporcare il pavimento mentre erano intenti a lavori sulla muratura.
L’artista entra in scena dal lato destro del palcoscenico e si muove dentro lo spazio delimitato dal tappeto di cartone con una serie di gesti che sono sempre di azione, ripetizione, interruzione, meditazione, come se il suo personaggio entrasse e uscisse da un’altra esistenza di cui viene evocata la figura.
Nei circa 30 minuti di azione danzata, la zona in cui il corpo si muove è illuminata come si diceva da una calda luce giallo aranciata, un assolato mezzogiorno Mediterraneo.
Risuonano musiche del secolo scorso, che diventano subito eco, dissipazione del segno, quasi memorie corrotte, dall’ occidentalissimo Elvis Presley passando per Eli Taada ou Fate di Hédi Jouini, fino a My Father’s Words di Brownie McGhee & Sonny Terry.
Un preludio profetico al senso dello spettacolo che infatti, dopo, fa ritornare una voce registrata, quasi un nastro anche in questo caso interrotto, corrotto, mandato avanti e indietro, mentre un bellissimo sbuffo blu astro appare sul nero del fondo quasi come un’illusione ottica, uno spazio freddo in cui il corpo del danzatore finirà, in un trapasso dalla luce calda al freddo del blu.
Dall’incontro successivo apprenderemo che questo lavoro di quasi 10 anni fa nasce dal desiderio di realizzare un tributo artistico alla figura paterna, a quel tempo da poco scomparsa. Rivedendo dunque i gesti che il danzatore ripete ossessivamente durante lo spettacolo si ritorna sul braccio del padre che mescola il colore, che si ferma a guardare la parete, che si accende una sigaretta, che lascia scivolare sulla mano il colore per capire se la consistenza della tinta è quella giusta.
Il danzatore tunisino rievoca ancora con commozione e dolore la scomparsa di quell’imbianchino che lo volle libero di poter esprimere la sua identità in modo profondissimo. Il suo tributo alla figura paterna si impasta con le questioni del lavoro e anche i progetti futuri paiono interessati ad accogliere in scena i corpi della fatica, come quella di sua madre  che si occupa di pulizie, mentre sta perfezionando il suo lavoro coreografico con un Master presso l’Institut Chorégraphique International ICI-CCN di Montpellier (2015-2017), continuando a esibirsi sulla scena francese, magrebina e in altri contesti internazionali.

TU MEUR(S) DE TERRE

coreografia e interpretazione Hamdi Dridi
in collaborazione con David Millemann (compositore presso il Pont Superieur di Rennes/Dipartimento musica), Marine Oger e Jean-Charles Bessonneau (Club photo d’Angers)
immagine Maxime Avon
con il sostegno di CNDC d’Angers, Hafiz Dhaou/Chatha Compagny, William Petit/Fabrik Nomade Company Gianni Joseph, Seifeddine Manai/Brotha di Another Motha Compagny

 

COME NEVE

coreografia di Adriano Bolognino
danzatrici Rosaria Di Maro e Noemi Caricchia
musiche di Olafur Arnalds/Josin
costumi Club dell’uncinetto, Napoli
produzione Körper – Centro Nazionale di Produzione della danza
coproduzione Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza – Festival Danza in Rete
con il sostegno di Orsolina28
si ringraziano C.A.M. Museum, Francesco Aurisicchio Photographer, Mirko Ingrao
commissionato da Istituto Di Cultura Italiano ad Oslo, Ambasciata d’Italia in Norvegia, Nitja Samtidskunts
con il supporto di KOMM TANZ/PASSO NORD
progetto residenze Compagnia Abbondanza/Bertoni in collaborazione con il Comune di Rovereto