SARA PERNIOLA | Continuiamo – dopo il video reportage di Renzo Francabandera – il racconto sulla sesta edizione di POLIS Teatro Festival – dal 2 al 7 maggio a Ravenna e con la direzione artistica di Davide Sacco e Agata Tomšič -, che per quest’anno ha voluto focalizzarsi sui movimenti migratori e i conflitti lungo la rotta balcanica, sul fronte variegato delle milizie dello Stato e quelle ribelli, in relazione con le questioni di genere. Un festival prezioso e dal respiro internazionale, che abbraccia la necessaria tematica dei diritti umani e il senso della giustizia, dello stato di marginalità e della rabbia verso la precarietà esistenziale.

L’ultimo giorno del festival si apre con il racconto teatrale PPP ti presento l’Albania – spettacolo vincitore di MittelYoung 2021 – del giovane artista italo-albanese Klaus Martini: una storia che racconta la riconquista del mondo dell’infanzia da parte del figlio ventenne di migranti albanesi, ospitata nel suggestivo Teatro Socjale di Piangipane, luogo fondato dai braccianti della zona negli anni ‘20 e che rafforza la potenza e l’impatto emotivo della pièce. Lo sguardo è rivolto a Pasolini e al suo romanzo Il sogno di una cosa, opera del biennio ’49-’50 in cui viene rappresentato l’universo contadino friulano, visto nelle sue aspirazioni politiche e sociali deluse, ma sostanzialmente immerso in una dimensione idillica e dallo stile elegiaco.
É così che sul palcoscenico il protagonista Ilir – coinvolgente alter-ego del regista -, dopo aver letto il testo, inizia una corrispondenza immaginaria con PPP che lo spinge a parlare del fascismo in Albania e della migrazione dei suoi genitori, della vigorosa tradizione dei nonni e dello stato attuale della realtà, cercando una centratura nella dialettica tra il senso dell’appartenenza alla terra delle proprie origini e la rivisitazione nostalgica di un sogno infranto. Un sogno infranto che è un mondo da cui si è dovuto allontanare per preservare la possibilità di una nuova e diversa integrazione, ma a cui egli, inevitabilmente, si avvicina con i sentimenti fino a penetrarlo e a coglierne l’essenza.

ph. Dario Bonazza

Il linguaggio scenografico è asciutto ed essenziale, costituito semplicemente da un filo di lucine accese su cui sono appese delle fotografie, una sedia e un tavolo bianchi, un bicchiere d’acqua e un cassetto aperto per terra con un paio di oggetti all’interno. Nell’aria riecheggia una tipica musica balcanica. Una descrizione fisica dell’ambiente che sembra voler direzionare sull’aspetto psicologico di Ilir – in pantaloni neri e camicia bianca, perfettamente in linea con lo sfondo -, il quale si mostra a noi, nel tentativo di ricongiungersi con il suo passato, fragile e delicato, complesso e ironico. Klaus Martini utilizza sapientemente i gesti, la parola, la voce, sia per ricomporre i suoi traumi personali, sia per proiettare nell’immaginario del pubblico problematiche scottanti, le quali derivano da contesti diversi geograficamente, ma legate tra loro storicamente e umanamente: pensiamo, così, a figure di scafisti, anziani, bambini; riflettiamo sulle deplorevoli dinamiche di potere e sulle popolazioni in esilio. Uno spettacolo che ci lascia uno sguardo commosso, facendoci avvicinare a una materia narrata con grande poeticità.

Dalla diversa violenza espressionistica è la pièce multidisciplinare Nemico (attraversando i Balcani) del collettivo francese ZONE – poème/Mélodie Lasselin e Simon Capelle, basata sul mettere in discussione la nozione di nemico e interrogarsi su quella di pace, in relazione ai conflitti attuali e passati dell’Europa. La creazione artistica – risultato di una lunga residenza degli artisti nei Balcani, durante l’estate scorsa e in reazione alla guerra in Ucraina – si rivela essere un lavoro dai connotati duri e feroci, animata dalla volontà di rappresentare oggettivamente episodi sulla memoria della guerra in determinati territori, senza che nulla possa essere venato di lirismo. Le artiste Camille Dagen, Mélodie Lasselin & Léa Pérat entrano in scena con un jeans e un pantalone militare, una camicia e una maglietta arancioni, i capelli legati, mentre riecheggia nell’aria questa domanda: «Quante voci ascoltiamo?» É così che inizia la serie di monologhi di ciò che accade prima in Kosovo e in Albania, poi nel Montenegro e in Bosnia-Erzegovina, infine in Serbia. Si raccontano le ingiustizie e i fantasmi del passato dal 1991 a ora, del «calore della guerra che sfinisce le carni» e dei rivoli di lacrime, sentendosi «come Antigone sul porto di Tebe». Un intenso atto di conoscenza storica rappresentato e pensato appositamente per gli spazi del MAR – Museo d’Arte della città: i suoi ambienti, infatti, sono attraversati da oggetti e indumenti inerenti la guerra; la sala in cui lo spettacolo viene rappresentato è riempita da cocci rotti e da due schermi su cui scorrono parole che narrano conflitti, mentre vengono vigorosamente riprodotte voci di soldati e suoni di guerra. Un grido alla pace e al suo desiderio che guardiamo impressionati, mentre entriamo in contatto con destini di Paesi che rimangono distanti dall’ingresso in Unione Europea a causa di guerre fratricide.

ph. Dario Bonazza

Il minatore di Husino (Il mio passato è il tuo futuro) del regista bosnicao Branko Šimić è, infine, un’installazione presente nello spazio del Ridotto del Teatro Rasi che simboleggia la rivolta dei lavoratori degli anni ‘20 a Tuzla, in Bosnia-Erzegovina, in ribellione per ottenere migliori condizioni salariali e di lavoro. L’evento è reincarnato nella figura di un minatore – una scultura fatta di piccoli specchi realizzata dall’artista Marc Einsiedel – che richiama la cultura disco, con il braccio destro alzato e il fucile in mano, mentre gira su un piedistallo rifrangendo luci colorate che riceve dalla “disco ball” e che si propagano dappertutto in maniera trasversale, colorando il buio della sala. Alle spalle dell’opera ci sono due schermi su cui scorrono le parole che raccontano la vicenda, accompagnando la narrazione registrata a voce che contribuisce a rendere ancora più immersiva questa esperienza multimediale-sensoriale.
Usciamo dalla sala consapevoli dell’importanza di lottare sempre per i diritti dei lavoratori, riflettendo sulle transizioni che hanno decostruito e ricostruito tutto come il post-socialismo e le corporazioni capitaliste, sui nuovi sistemi di valori del postmodernismo. Lo spirito, però, è anche pieno di coraggio, poiché conscio che la speranza, la libertà e il desiderio di cambiamento, possono essere riposti ancora nel potere dell’arte e della cultura, vitali strumenti contro ogni tipo di schiavitù. 

ph. Dario Bonazza

POLIS, quindi, conferma il merito dell’importante traguardo che gli è stato conferito pochi giorni fa dal Ministero della Cultura (Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo) inerente l’assegnazione della qualità artistica più alta tra i Festival di teatro italiani (art. 17) e il punteggio totale più alto tra le Prime istanze triennali della stessa categoria. Un festival che vedrà il proprio epilogo – il 10 e 11 giugno 2023 al Teatro Alighieri e in collaborazione con Ravenna Festival – con la prima nazionale di GAIA, la nuova produzione di ErosAntEros sul cambiamento climatico. Un grido di aiuto che racconterà di un’emergenza che non si può ignorare, un atto di ribellione in cui siamo tutti coinvolti, soprattutto dopo la violenta alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna in questi giorni e che acuisce la rabbia e la solidarietà di tutti noi.

PPP ti presento l’Albania                                                                                                     di e con Klaus Martini                                                                                                         disegno luci Stefano Bragagnolo

Nemico (attraversando i Balcani)                                                                              ideazione Mélodie Lasselin & Simon Capelle
testo Simon Capelle
coreografia Mélodie Lasselin
performance Camille Dagen, Mélodie Lasselin & Léa Pérat
creazione musicale Restive Plaggona
set designer e costumi Emma Depoid
illustrazione Giulia Betti
fotografia di scena Martina Pozzan                                                                  produzione ZONE -poème
coproduzione ErosAntEros – POLIS Teatro Festival
residenza Le Gymnase – CDCN Roubaix

Il minatore di Husino (Il mio passato è il tuo futuro)                                                autore Branko Šimić
statuaMarc Einsiedel
musica Mirza Rahmanović-Indigo
attore Dražen Pavlović
assistente dell’autore Alen Šimic
producer Ljubiša Veljković
marketing Darko Marković
realizzazione tecnica Dalibor Brkić
foto e video Mario Ilić & Mario Stjepić                                                                          produzione JU Muzej Istočne Bosne Tuzla & KRASS Kultur Crash Festival Hamburg & Kampnagel Hamburg

7 maggio 2023,                                                                                                                       Teatro Socjale di Piangipane                                                                                                 MAR – Museo d’Arte, Teatro Rasi, Ravenna