GIORGIA VALERI | Luca Serianni, in La Crusca per voi (n.16, aprile 1998, p.15), rifletteva sul plurale di incinta, da molti utilizzato al singolare anche nel caso in cui questo concordi con sostantivi plurali. Scriveva «Trattandosi di una forma che si usa solo al femminile (di uomini incinti, per ora, si può parlare solo facetamente), e più spesso in relazione a una singola donna gravida, alcuni hanno creduto di aver che fare con un avverbio ma è un errore marchiano».
La questione – trattata tra parentesi da Serianni e relegata a un campo d’indagine marginale – viene estrapolata nel progetto “Stato Interessante” dell’autore e regista Bruno Fornasari e dell’attore Tommaso Amadio. Descrivere la condizione di un uomo in stato di attesa è già difficile di per sé, interroga il linguaggio, lo piega a una logica maschile, compiendo un processo inverso rispetto alle battaglie degli ultimi anni, che chiedono alla lingua di essere maggiormente fluida, malleabile e inclusiva. A rivendicarlo, per una volta, sono gli uomini, che cercano una terminologia per descrivere un fenomeno definitivamente “contro natura”.
La nuova produzione del Teatro Filodrammatici di Milano, in scena al Teatro Elfo Puccini, trasforma la sala Fassbinder in un bagno per uomini piastrellato bianco, diventato casa e ufficio di un uomo d’affari (Umberto Terruso) in – appunto – “stato interessante”. La questione solleva numerosi quesiti, di natura soprattutto etica, e contiene il potenziale quanto mai pericoloso di dividere l’opinione pubblica. I primi diretti interessati sono dunque coloro che detengono gli “strumenti del destino” della nazione: due politici (Tommaso Amadio e Emanuele Arrigazzi), di fazioni opposte, che si affannano per capire se rendere pubblica la vicenda o sbrigarsela per conto proprio.

Vestiti Ermenegildo Zegna e Valentino, i due mettono in atto la loro migliore retorica per convincere delle proprie idee il malcapitato e loro stessi. I movimenti dei due politici sono ragionati, cadenzati, si muovono nello spazio misurando ogni minimo gesto, enfatizzandoli al massimo per dare espressione anche al linguaggio paraverbale, fino a diventare macchiette di loro stessi e delle proprie argomentazioni.
La satira politica si avviluppa su congetture raffazzonate, gag e discorsi privi di senso trattati però con il massimo riguardo: Tommaso Amadio, che veste i panni del perbenista, attento ai sentimenti degli altri ed emotivamente accorto, viene costantemente ripreso da Emanuele Arrigazzi, cinico e realista, circa la sua proprietà di linguaggio. Si gioca tutto infatti sul piano linguistico, dove vengono a crearsi una serie infinita di equivoci che portano i tre a confrontarsi su tutte le tematiche calde del momento: religione, utero in affitto, aborto, femminismo, pronomi, psicologia.
L’unica questione su cui si trovano d’accordo i due politici è far abortire l’uomo, che si difende sbottando: “anche questo ci volete togliere? La possibilità di dare la vita?”, gli risponde uno dei due: “Parli come fossi un credente. Credi che per caso questo sia un miracolo?”.
Vengono persino chiamati in causa i vaccini, a cui viene attribuita l’origine della situazione surreale. Non potendo dialogare pacificamente, i due politici si picchiano e la regia circoscrive queste scene di tragicomica violenza entro una cornice di fari blu puntati al centro della scena con tanto di jingle pubblicitario annesso, come fosse un intermezzo che vuole nascondere gli eccessi in prima tv. Prima viene steso l’uno e l’altro si prende la scena per un monologo fumoso e inconsistente, poi viceversa, stessa modalità e stessi risultati.

La comunicazione, ormai lacerata e logorata durante tutta la durata dello spettacolo, non ha più nulla da dire, viene consumata fino agli estremi termini. Lapidariamente, lo spettacolo si chiude sulle note di “Non voglio mica la luna” cantata da Fiordaliso. Sebbene fino all’ultimo si cerchi di trovare il minimo pretesto, la più piccola inclinazione della voce o un appiglio testuale per capire da che parte si schierino gli interpreti, non c’è giudizio, solo un’imperturbabile e a tratti spietata satira politica che qualche volta si concede il vezzo di scimmiottare anche l’elettore medio. Forse “volere la luna” significa proprio riuscire a farsi un’idea in questo vortice di idee vomitato sugli spettatori, che ricalca la realtà attuale.

Uno spettacolo ben calibrato, con un esordio volutamente macchiettistico che ha incontrato l’entusiasmo soprattutto di un pubblico di mezza età, che si è lasciato andare a un caloroso e fragoroso applauso. I giovani in sala hanno partecipato in maniera più moderata e forse è proprio questo il senso del testo: da un lato solleticare gli animi di coloro che ormai hanno a che fare con la politica da tempo attraverso stereotipi consolidati, dall’altro indignare i giovani, che sentono la presa in giro come un chiaro invito all’azione concreta. 

STATO INTERESSANTE

autore Bruno Fornasari
regia Bruno Fornasari
cast Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Umberto Terruso
scena e disegno luci Fabrizio Visconti
costumi Mirella Salvischiani
special make-up artist Giulia Griggio
assistenti alla regia Massimo Bernardo Dolci, Federica Dominoni
produzione Teatro Filodrammatici di Milano
crediti fotografici Laila Pozzo

Teatro Elfo Puccini, Milano | 22 Maggio 2023