RENZO FRANCABANDERA | Nell’anno del centenario della nascita e con Genova come capitale italiana del libro, la Fondazione Luzzati Teatro della Tosse rende omaggio in forma ampia a Italo Calvino collaborando innanzitutto all’allestimento della mostra Calvino Cantafavole – inaugurata alcune settimane fa e ospitata a Palazzo Ducale e visitabile fino ad Aprile 2024 – e in questi giorni con una nuova grande produzione itinerante in prima nazionale ispirata alla sua celebre trilogia da cui lo spettacolo prende il nome, I nostri antenati.

Come la mostra, di cui Emanuele Conte ha curato la sezione scenografica con Paolo Bonfiglio, artista e storico allievo di Luzzati, così anche lo spettacolo, in scena a Genova fino al 26 Novembre e che ha preso le mosse da un’idea di Laura Sicignano, testimonia nei suoi tre atti il legame profondo dell’istituzione culturale genovese con uno scrittore che ha sempre creduto nella grande “funzione sociale” del divertimento.
L’immaginario di Calvino, sospeso tra fiaba e realtà, ha nel tempo sviluppato numerosi intrecci con il lavoro della Tosse, a partire dal fecondo rapporto artistico e personale con Emanuele Luzzati, fino alla realizzazione de Il Mistero dei Tarocchi di Tonino Conte, ispirato a Il castello dei destini incrociati e a La taverna dei destini incrociati.

La creazione vede coinvolti tre registi: oltre a Conte e Sicignano anche Giovanni Ortoleva, ciascuno con il proprio modo specifico di fare teatro. Sono tre spettacoli collegati ma anche indipendenti in certa misura, incastonati su tre drammaturgie originali, riscritture realizzate dai registi stessi, ispirate alla parola di Calvino, che si mettono al servizio di un gioco immersivo, di prossimità tra spettatori e interpreti, per molti versi senza il filtro della quarta parete; una rappresentazione per piccoli gruppi di spettatori che porta l’esperienza di quel “teatro fuori dal teatro” nei diversi spazi dei Teatri di S.Agostino; una cifra, questa, caratteristica della Tosse da molti anni.

Ph. Donato Aquaro

La composizione teatrale a più voci, partendo dalle celebri storie dai paradigmi inverosimili ambientate in epoche lontane e paesi immaginari, ricostruisce, tra i diversi spazi del teatro come tra le diverse età della vita, un ritratto attualissimo di Italo Calvino uomo e scrittore, della sua intimità, della sua storia personale e intellettuale, del suo rapporto con il mondo e con le parole, che molto hanno ancora da raccontare delle nostre inquietudini.

È un burbero guardiano/albero, Enrico Campanati, ad aprire il percorso nel foyer della Sala Agorà, accogliendo il pubblico all’ingresso e dando il via allo spettacolo, ricordando (testi di Conte) come in Europa la popolazione nel Medioevo fosse di pochi milioni di persone. Tutti quindi discendiamo da loro, da questi immaginifici antenati, e siamo a nostra volta parte di una comunità senza tempo che, attraversando le epoche, ci rende inevitabilmente e tutti “antenati” gli uni degli altri.

Da qui parte il viaggio nella trilogia con Mal visconte mezzo gaudio, che porta in scena in modo brioso e con un approccio tout public, le note vicende del visconte dimezzato, l’uomo moderno spaccato dalle sue contraddizioni, diviso in una parte buona e una crudele, che si combattono ma in fondo non attendono altro che di riunirsi: un inno all’incompletezza e alla gioventù, interpretato con precisa lettura delle consegne sceniche e personalità da Pietro Fabbri, Antonella Loliva e Matteo Traverso.
Le belle scene di Emanuele Conte e Luigi Ferrando, portano il pubblico in uno studio biblioteca, in cui un discendente del visconte rievoca le vicissitudini di famiglia che, un po’ come nel Ritratto di Dorian Gray, prendono vita dentro un quadro.

Ph Donato Aquaro

Belle, calde e ben calibrate le luci di Matteo Selis, così come i notevoli e in qualche modo anche irridenti disegni animati di Paolo Bonfiglio, un vero gioiellino dello spettacolo, che rimandano alle immagini donchisciottesche di Picasso, ma che giocano con ironia e poesia a favorire l’ingresso dello spettatore in quel tempo della vita, presto perduto, in cui tutti si è fragili e forti, entusiasti e inadeguati, buoni quanto spietati. È un lavoro curato, che trasuda spensieratezza giovane ma con una cifra composta ed elegante, come sono d’altronde i costumi di Danièle Sulewic.

Si arriva poi al Luzzati Lab, tra le pagine di Il cavaliere inesistente, in una dimensione onirica in cui Calvino in persona sembra apparire e scomparire, tra le immagini e le parole, a raccontare il suo rapporto appassionato con la scrittura, unico mezzo per attraversare il mistero e la meraviglia del mondo. Qui l’allestimento si fa scenograficamente sintetico. Conte e Ferrando mettono al servizio dell’idea di Ortoleva un ambiente algido, un promontorio bianco, un gigantesco libro aperto, al cui interno cerca un proprio paesaggio emotivo e verbale una ispiratissima Valentina Picello. L’attrice, che sta conoscendo un periodo di grazia del proprio percorso artistico, è qui nei panni di una figura dal sembiante monacale, in un rigoroso costume ideato da Daniela De Blasio. Dentro le musiche di Pietro Guarracino e le luci anch’esse acide, led, di Davide Bellavia, la donna agita i tormenti dell’inesistenza, dando corpo ai turbati movimenti di scena diretti da Anna Manella. Ortoleva, coadiuvato da Riccardo Baudino nell’ideazione, tira fuori un’idea veramente acida, dolorosa, a scavare dentro la pena dell’umano che abita le opere di Calvino in controluce. Una lettura interessante e che sinfonicamente ben si inserisce fra gli altri due movimenti. Poco più di mezz’ora. Breve ma spiazzante.

Ph Donato Aquaro

A chiudere il percorso il terzo allestimento, quello firmato da Laura Sicignano, che vede gli spettatori rientrare nella sede della sala maggiore, la Aldo Trionfo, ma entrando inusitatamente dall’ingresso a ridosso del palcoscenico per trovarsi coinvolto in un totale cambio di prospettiva. Qui Conte e Ferrando, sempre in funzione di scenografi, rovesciano il punto di vista e fanno accomodare gli spettatori sul palcoscenico, ai piedi di una selva di alberi, simboleggiati da grandi assi di legno verticali che si ergono, attaccati alle americane, dal pavimento al soffitto. Il bosco occupa la platea spiovente, cosa che ulteriormente incrementa il senso di incombenza: sono i grandi alberi del barone rampante, interpretato dal giovane Alessio Zurlia, il nobile ribelle e solitario, l’intellettuale che fa la “sua rivoluzione” dall’alto, che Daniela De Blasio veste quasi come un piccolo pirata dai vestiti consumati; un David Crockett in bilico fra le assi (con movimenti scenici di Piera Pavanello), in un dedalo di rifugi fra foglie, libri, conchiglie.
Sicignano resta fedele al testo, alle vicende, ripercorrendo l’umana ricerca di un equilibrio tra la propria coscienza e il corso della storia, la saggezza di una disciplina che rende capaci di dare il proprio contributo al cambiamento della società, a significare che la regola personale, se raggiunta, ci permette di trovare il nostro posto nel mondo.

Ph Donato Aquaro

Luci e sonorizzazione di Luca Serra contribuiscono a creare un’atmosfera fiabesca ma da bildungsroman, vissuta dentro un monologo che diventa impegnativa prova d’attore per il giovane interprete che la regia guida in un percorso fra atmosfere romantiche e dialogo metaforico con la platea, con la celebre altalena di Violante a sfondare la quarta parete.

La trilogia della Tosse offre agli spettatori la possibilità di tornare sul classico e di riviverne le atmosfere fra leggerezza e profondità, in un allestimento che nelle sue tre tappe indaga immaginari spaziali e geografie dell’umano che, dentro una generale accessibilità del linguaggio, offrono agli spettatori di ogni età la possibilità di cercare il proprio livello di dialogo con l’autore, di tornare a incuriosirsi per quelle parole, per quelle vicende, per le complessità dell’umano che dentro la scrittura di Calvino trovano casa.

 

I NOSTRI ANTENATI
trittico calviniano
prima nazionale
produzione Fondazione Luzzati Teatro della Tosse

PROLOGO

testo e regia Emanuele Conte
costume Danièle Sulewic
con Enrico Campanati
Sala Agorà / La Claque

MAL VISCONTE MEZZO GAUDIO

testo e regia Emanuele Conte
con Pietro Fabbri, Antonella Loliva, Matteo Traverso
scene Emanuele Conte, Luigi Ferrando
luci Matteo Selis
disegni animati Paolo Bonfiglio
costumi Danièle Sulewic
assistente alla regia Alessio Aronne
Sala Agora’/La Claque

PAGINA

di Riccardo Baudino Giovanni Ortoleva
drammaturgia e regia Giovanni Ortoleva
con Valentina Picello
scene Emanuele Conte, Luigi Ferrando
musiche Pietro Guarracino
luci Davide Bellavia
costume Daniela De Blasio
movimenti di scena Anna Manella
Luzzati Lab

IL BARONE

regia e adattamento Laura Sicignano
con Alessio Zirulia
scene Emanuele Conte, Luigi Ferrando
movimenti di scena Piera Pavanello
luci e sonorizzazione Luca Serra
costume Daniela De Blasio
attrezzeria ed elementi scenici Renza Tarantino
produzione in collaborazione con Teatro Cargo
Sala Aldo Trionfo