CHIARA AMATO* | La commedia Fragola e panna, scritta da Natalia Ginzburg nel 1966, va in scena per la prima volta da quando fu pubblicata, con la regia di Nanni Moretti. È un battesimo per il regista di Ecce Bombo e Caro Diario: infatti nella sua pluripremiata carriera nel cinema (Undici Nastri d’Argento, nove David di Donatello, la Palma d’oro al Festival di Cannes, i Gran premi della giuria a Venezia e a Berlino), Moretti non si era mai accostato all’ansia da palcoscenico, quello “spavento che definisce lo scarto tra l’intimità della parola scritta e il clamore della parola detta di fronte a un pubblico dal vivo”.
Una grande attesa quindi al Teatro Grassi di Milano per questo incontro con il testo di una delle figure femminili di primo piano della prosa e della drammaturgia del Novecento.

La commedia è strutturata in due atti, Dialogo e Fragola e panna, entrambi incentrati su rapporti di coppia non felici e ambientati fra le mura domestiche: nel primo tutto avviene in una camera da letto di una coppia di media estrazione sociale, mentre nel secondo siamo in un salotto alto borghese.
La scena, ideata da Sergio Tramonti, ha al centro un letto matrimoniale, con due lumini laterali e una sedia, mentre sullo sfondo una finestra chiusa sull’esterno: è appena mattina e la coppia (Valerio Binasco e Alessia Giuliani), ancora in pigiama, chiacchiera di temi quotidiani (la domestica, gli amici, la figlia, il lavoro): nulla di complesso né particolarmente introspettivo.

ph. Luigi De Palma

Il taglio scelto dalla regia è estremamente realistico e rispettoso del testo e i due attori, fermi nello spazio del letto, sembrano quasi in un ring che incornicia i loro botta e risposta. Dal primo era questo che volevi dirmi prima?, che Binasco ripete più volte, il ritmo del dialogo si fa veloce e cadenzato. È chiaro che la moglie sta temporeggiando in merito a una notizia spiacevole: la recitazione è nevrotica, ironica e leggermente aggressiva; i corpi si fanno spazientiti e ora si muovono nel letto senza trovare pace in una posizione; i due amanti si punzecchiano con più o meno cattiveria, come accade spesso in una relazione stanca di esistere.
Arriva così il momento in cui la moglie si sente pronta a confessare il tradimento con il migliore amico del marito: si spengono le luci dei comodini e le due sagome sono visibili solo grazie a una leggera illuminazione dall’alto (a cura di Pasquale Mari). Ci si aspetterebbe un momento drammatico e invece, con toni ironici e leggeri, i due affrontano la rivelazione: lui frettolosamente fa le valigie, finalmente uscendo dallo spazio del letto. La moglie si dispera solo quando arriva una lettera da Michele, l’amante, che chiude la loro relazione clandestina, e anche in questo caso la finzione supera il surreale della realtà, in quanto il marito sceglie di non partire più per starle vicino.
L’interpretazione dei due attori è impeccabile: per chi ha letto il testo della Ginzburg è tangibile la fedeltà alle parole e ai gesti e, allo stesso tempo, si definisce con chiarezza la crisi vissuta dai protagonisti. In particolare è interessante come la figura femminile somigli a quelle del secondo atto: non sa fare nulla e non sa stare sola. Più volte viene ripetuto infatti sia dalla moglie che dall’amante: e dove vado? se non so dove andare. Donne spaesate e confuse, che non hanno costruito certezze nelle loro vite se non attorno agli uomini che sono al loro fianco.

ph. Luigi De Palma

Cala il buio e lo spazio scenico cambia, tra il primo e il secondo episodio, e il pubblico si trova catapultato nella vicenda di Fragole e Panna: qui si alternano entrate e uscite da un salotto, palesemente borghese (due divani ai lati, la porta d’ingresso centrale e il fondale semitrasparente che ci fa vedere i fiocchi di neve cadere ininterrottamente) di altri tre attori.
La vicenda è semplice: la finta serenità di una coppia, lui avvocato, lei senza impiego (Binasco/Giuliani), viene turbata dall’arrivo in casa dell’amante di lui (Arianna Pozzoli). Viene accolta dalla domestica, interpretata da una brillante Daria Deflorian, e si presenta come se fosse la cugina dell’avvocato in cerca di aiuto. Parla con la moglie, la quale la aiuta insieme alla sorella, Giorgia Senesi, ma in maniera distaccata: vuole solo liberarsene velocemente. La Giuliani è qui altera, fredda e distaccata da tutto, non sente più niente neanche per il marito, con il quale condivide solo il tetto. Non c’è né solidarietà né reale preoccupazione: sono tutti molto indifferenti a quello che può accadere alla giovane amante, sono indispettititi dal loro caos-calmo turbato. Un rimando, nell’ambientazione, nei dialoghi e anche nella recitazione, a Gli indifferenti di Moravia e alla versione cinematografica di Francesco Maselli del ’64.
Le quattro donne, tutte di classi ed età diverse, sono ciniche, non sanno fare niente e non hanno interesse a imparare, ma soprattutto sono donne che non sanno stare sole e sono sempre a inseguire una relazione, fosse anche nociva e tossica.

Come ha dichiarato Binasco: “Ginzburg ha una penna leggera, ma scava gli animi, e i suoi sono personaggi ritratti con incredibile maestria psicologica, degni di autori come Čechov”. Così il dittico è capace di denunciare con leggerezza ma anche con ferocia le inettitudini della borghesia mutando in commedia il lato più tragico dell’esistenza.
Proprio Binasco interpreta qui l’unico protagonista maschile rendendo con maestria il profilo di due non-uomini. In entrambi i casi infatti abbiamo protagonisti inetti: uno nel lavoro, l’altro nel rapporto con il sesso femminile. Entrambi però risultano aggressivi, ma se per il primo si può provare un minimo di empatia (balbetta ed è titubante nel lasciare la moglie in difficoltà, è tradito e ferito) per il secondo no. L’avvocato Cesare, infatti, come fa spesso chi è nel torto, minimizza le difficoltà delle donne che ha trattato con noncuranza, alza la voce, si scusa solo di sguincio e anche la sua fisicità è aggressiva, scostante: è tutto concentrato sul suo ego, la sua stanchezza, la sua rabbia, la sua noia.

Possiamo dire che la sfida per Nanni Moretti risulta vinta in quanto il risultato complessivo è molto gradevole, ben riuscito e moderno e i temi trattati risultano estremamente attuali. Lo è l’amore, lo è la crisi matrimoniale e lo è la violenza sulle donne, e la superficialità con la quale è affrontata (in fondo i mariti non ammazzano mai, no?!).
Tuttavia non sembrano esserci, dal punto di vista del registro, nè sperimentazione né innovazione; forte di una parte attoriale eccellente la regia stenta a osare, rimanendo per tutto il tempo fedele al dettaglio della parola della quale si apprezza comunque l’estrema cura. E si gode, in definitiva, del tono farsesco che l’intera rappresentazione mantiene e per il quale Moretti avrà trovato traccia proprio nelle parole della Ginzburg che infatti chiudono lo spettacolo: non è mica una tragedia questa, è una barzelletta. la vita è molto avara di tragedie e ci regala invece una fioritura di barzellette.

DIARI D’AMORE
DIALOGO FRAGOLA E PANNA

due commedie di Natalia Ginzburg
regia Nanni Moretti
con Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi
scene Sergio Tramonti
luci Pasquale Mari
costumi Silvia Segoloni
assistente alla regia Martina Badiluzzi
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Châteauvallon-Liberté scène nationale, Théâtre National Populaire, La Criée – Théâtre National de Marseille, Maison de la Culture d’Amiens
in collaborazione con Aldo Miguel Grompone

19 novembre 2023
Teatro Grassi, Milano

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