RITA CIRRINCIONE | Sulla scia delle commemorazioni, degli incontri e degli spettacoli messi in scena in occasione del decennale della scomparsa di Franco Scaldati, è tornato alla Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, Assassina, uno dei testi più importanti e rappresentativi del drammaturgo palermitano, in cui ritroviamo i temi fondanti della sua scrittura poetica, con la regia di Franco Maresco – insieme a Claudia Uzzo e con la collaborazione di Umberto Cantone estremo omaggio del regista a Scaldati e al suo al teatro-mondo fonte di ispirazione e matrice del suo fare cinema.

Franco Scaldati e Franco Maresco

Già nel 2015 Franco Maresco aveva dedicato all’amico drammaturgo-poeta, a cui era legato da un profondo sodalizio umano e artistico, un film-documentario – Gli uomini di questa città io non li conosco – in cui con sguardo postumo ridefiniva quella poetica della marginalità che in gran parte sentiva sua, in un’intima riflessione sulla propria identità artistica e su un’eredità da raccogliere. E se già allora il regista vedeva i luoghi, i volti e il linguaggio della Palermo cantata da Scaldati destinati all’estinzione, in una recente intervista rilasciata in occasione di questo lavoro ha rincarato la dose affermando con il suo proverbiale cinismo che in futuro forse sarà bene evitare di mettere in scena le sue opere: “Meno Scaldati si farà e meglio sarà”.
Al di là del paradosso, è innegabile che, per la peculiarità della lingua-dialetto e di un canone attoriale basato su una particolare fisicità del corpo dell’attore, entrambi non codificati ma affidati alla memoria corporea di chi li ha appresi e condivisi lavorando a stretto contatto con il drammaturgo – non a caso ha scelto due attori come Gino Carista e, soprattutto, Melino Imparato, storico attore e collaboratore di Scaldati ed erede della sua Compagnia – sarà sempre più difficile far rivivere l’opera del Poeta-Sarto per come l’abbiamo conosciuta.
Ma il recente fermento laboratoriale intorno alla drammaturgia scaldatiana e le nuove forme sceniche che ne sono derivate – pensiamo a Indovina Ventura, progetto avviato in seno a Dicembre Scaldati finalizzato a esplorare e sviluppare il potenziale drammaturgico e musicale di quest’opera in chiave contemporanea  – conferma che il mondo poetico di Franco Scaldati continuerà a vivere e a parlare della contemporaneità. E, nonostante il suo scetticismo, alla fine dell’intervista anche Maresco lo ammette.

Ph. Ivan Nocera

Perennemente velata da una cortina trasparente su cui a tratti compaiono nubi e forme rarefatte che scorrono, mutano e poi scompaiono – la parte più cinematografica di questa  messinscena di Assassina insieme agli intermezzi musicali originali di Salvatore Bonafede – la scena rappresenta un angusto interno sul cui misero arredo sembra essersi depositata la polvere di tante vite; al centro, sormontato da una specie di altarino decorato con fiori e lumini posto sotto i ritratti dei genitori defunti, troneggia un mobile radio anni ’50 che, accendendosi e spegnendosi a suo piacimento, trasmette brani dello stesso periodo.

Qui si svolge la povera e insignificante routine giornaliera di ‘Vecchina’ (un perfetto Melino Imparato en travesti) con i suoi improbabili vezzi femminili, le sue pratiche di devozione verso le immagini dei genitori morti e quelle legate al cibo, ai bisogni fisiologici e a una approssimativa cura della persona; una quotidianità raccontata spesso in forma di autonarrazione come a farsi compagnia in una casa dove vive in solitudine.

Ph. Ivan Nocera

La sola altra presenza, infatti, è quella fantasmatica di ‘Fanciulla’, una giovane vestita di bianco con una coroncina di fiori che le cinge la testa e una croce sul petto (Aurora Falcone) che, in una sorta di coro a una voce, puntella la narrazione con frammenti di discorsi che vanno a comporre o integrare la poetica scaldatiana.
Si aggiungono le presenze più o meno immaginarie del topo Beniamino, della gallina Santina e della mosca Lucina – questi sì, con un nome proprio – con le quali Vecchina inscena continui battibecchi, come quelli messi in atto con la propria ombra, una dispettosa malummira, quasi personaggio vero e proprio.

Quando Vecchina a fine giornata si mette a letto, fa il suo ingresso con la sua andatura clownesca ‘Omino’, uno strambo mendicante ubriacone – Gino Carista nei panni di un personaggio parodistico da avanspettacolo – che tra una vecchia canzonetta e un siparietto infarcito di sberleffi si muove negli stessi spazi che abbiamo visto abitati da Vecchina e popolati dalle stesse presenze.

Ph. Ivan Nocera

Nel momento in cui Omino decide di andare a dormire, i due scoprono di abitare la stessa casa l’uno all’insaputa dell’altra. Ha inizio un interminabile scontro per rivendicarne il possesso, prima con aggressioni fisiche e verbali e poi, nel tentativo di venire a capo dell’equivoco, con ragionamenti e ricostruzioni temporali che, in un crescendo sempre più delirante, sfociano in una grottesca sequenza di ipotesi e dubbi: «Può essere ca vippi assai e sugnu ‘mbriacu?»; «Forsi mi cunfunnìu e trasìu ‘nta nautra casa?»; «Può esseri ca murìu e sugnu un fantasma?»; «Può esseri ca addivintavu pazzu e chista è una visioni?» si chiede Omino.
E Vecchina: «Può esseri ca staiu sunnannu e appena mi sduvigghiu chistu ca ‘un c’è chiù?»; «Ma si stamu ‘nta stessa casa, com’è ca ‘un ni canuscemu?»; «Nun sacciu chiù cu sugnu, si sugnu fimmina o masculu!»; «Capaci ca semu a stessa persuna!».

La realtà che sconfina nel sogno, il mondo dei vivi che coesiste con quello dei morti e dei fantasmi, l’identità che si fa confusa e incerta, l’intreccio tra vita e teatro, il doppio, la pazzia, il mistero: come un ingranaggio preciso e incalzante, la ridda di interrogativi demolisce progressivamente ogni certezza e mette in moto un gioco drammaturgico che porta dritto al mondo-teatro scaldatiano, a una realtà mutevole e inafferrabile come le nuvole che scorrono sul velario, per arrivare al finale in cui i morti prendono il posto dei vivi e i vivi sono solo dei fantasmi.

«L’interu munnu è una scena. Recitanu, cretini!» chiude Fanciulla con un sorriso tra l’indulgente e il canzonatorio. È solo una recita, stupidi! Tutto il mondo è solo teatro.

ASSASSINA

di Franco Scaldati
adattamento e regia Franco Maresco e Claudia Uzzo
regista collaboratore Umberto Cantone
con Gino Carista, Aurora Falcone, Melino Imparato
scene e costumi Cesare Inzerillo e Nicola Sferruzza
musiche Salvatore Bonafede
video Francesco Guttuso per Lumpen Film
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale / Teatro Biondo Palermo
in collaborazione con Associazione Lumpen

Teatro Biondo, Palermo | 17 marzo 2024