MARIA FRANCESCA SACCO* | Se il coraggio è andare oltre l’ordinario, Annig Raimondi, nel suo confronto con un colosso della letteratura tuttora vessato da opinioni controverse, lo incarna a pieno. Si misura infatti con la mente geniale di Ezra Pound che ha concepito, tra il 1916 e il 1962, un’opera imponente come I Cantos, presentata al PACTA Salone di Milano.
Questo spettacolo fa parte della rassegna Due poeti per un secolo: Thomas Sterns Eliot e Ezra Pound, nella quale i poeti novecenteschi dialogano attraverso due distinte performace di e con Annig Raimondi in scena dal 13 al 19 maggio. Se del primo autore si prende in esame La terra desolata che ha una struttura narrativa solida e consistente, per il secondo, il testo scelto ha un piglio inafferrabile. Lo spettacolo, infatti, è dedicato a Ezra Pound e i ai suoi The Cantos, quel vasto e complesso, inconcluso, componimento poetico suddiviso in 117 sezioni, ognuna delle quali è un canto. Canti come quelli danteschi a cui l’autore fa rifermento, intrecciandovi il viaggio di Ulisse nell’Odissea e una miriade di altre suggestioni letterarie.
L’inizio dello spettacolo è dato da una musica tamburellante di percussioni (le musiche originali sono di Maurizio Pisati) che innescano il movimento del danzatore Samuele Gamba accovacciato in scena a torso nudo, protagonista, insieme a Raimondi, dello spettacolo. Movenze che se, da una parte, danno l’impressione che egli sia di gomma, trasmettono al contempo la suggestione che possa spezzarsi improvvisamente. Le braccia muscolose sono altresì magre e lunghe e sembrano ali pronte a spiccare il volo. Ma il movimento lo si avverte frammentato e sofferente, richiamando un’idea di grande fragilità, adeguata all’ambientazione infernale.

foto di Emma Terenzio

Entra in scena Raimondi che parte con la lettura dei primi canti, nei quali si narra di un Ulisse-Pound che discende negli abissi della Terra: mito e contemporaneità si intrecciano  così come lingue antiche e moderne.
L’operazione che Annig Raimondi ha deciso di fare è quella di sezionare parti dell’opera e restituire allo spettatore dei frammenti, rispecchiandone così la non linearità e riconsegnandone la natura aggrovigliata. O, meglio, stratificata: infatti vi è un intreccio di elementi vari: carambole linguistiche dal latino al greco e al cinese, dimensioni culturali diverse che si affacciano all’improvviso, il tutto tenuto insieme da un saldo linguaggio poetico che passa dalla lirica alla satira come nulla fosse.
In un’ora di spettacolo si offrono suggestioni, non vi è l’ambizione di spiegare un testo impossibile, ma il desiderio di far conoscere l’operazione dell’autore che ha condensato in questo testo una vastissima quantità di riferimenti tra cui suoni e simboli, come gli ideogrammi. L’idea della stratificazione culturale è ben trasmessa dallo spazio scenico allestito da Fulvio Michelazzi: è proprio un ideogramma l’elemento principale visibile in scena, insieme a una luna piena sullo sfondo. A rammentare che, insieme ai riferimenti latini e greci, vi è tanto Oriente. Ad esempio, il danzatore ad un certo punto si trucca in scena e il cerone bianco delimitato da segni neri rimanda subito alle maschere del Teatro No, caro a Pound.

foto di Emma Terenzio

Raimondi, di fronte al leggio, fa di questo testo in un’arringa-monologo caratterizzato da una grande dinamicità seduttiva grazie alla fusione in scena di movimento, musica, poesia e registrazioni, come una sorta di opera d’arte totale dove tutto ha un posto preciso e armonico. La vittoria della regista sta proprio in questo:  restituire al pubblico, più che il  contenutodel testo (impossibile da riassumere) la struttura che lo caratterizza, consegnando la sensazione di un grande capolavoro che va fruito come si farebbe con un affresco, nel quale è l’osservatore che può soffermarsi sui dettagli, ma poi l’impressione finale è complessiva.

La seconda parte dello spettacolo è più cupa e corrisponde alla sezione dei Cantos scritti nel periodo pisano di Pound, quello della prigionia. La recitazione si fa più sofferente, urlata e talvolta le parole scandite al massimo risultano quasi incomprensibili, mentre Gamba, dopo un’ intensa serie di movimenti di danza convulsi e puntuali, giace inerte al suolo come all’inizio dello spettacolo. Muove le braccia accompagnato dal ritmo rapido della musica che segue recitazione e movimento.
La regista narra, al termine della performance, che Pound era solito contare dalla finestra del carcere le allodole: ecco allora che i movimenti delle braccia del danzatore richiamano chiaramente questo animale, ma quasi fosse ferito. E tale è l’uomo che subisce torti e ingiustizie, tematica su cui ruota infatti questa parte di opera.
Le scelte politiche di Pound e il suo schierarsi al fianco al fascismo gli sono costate una prigionia più che decennale e oggi il suo nome risuona come baluardo dell’ultra destra. Tuttavia, Annig Raimondi lo recupera nella sua dimensione di intellettuale e genio letterario, cercando di restituire l’immensa tessitura poetica e la vitalità dei versi che caratterizzano un testo pregno di riflessioni religiose, personali, politiche, riferimenti mitologici e tesi economiche, insomma, tutto quanto nessun comune mortale, benché preparato, possa riuscire ad abbracciare interamente ad un primo confronto con l’autore.

Ed è forse questo che ne fa, paradossalmente, un’opera per tutti: ognuno ha la libertà di cogliere quello che sente maggiormente vibrare. Lo spettacolo di Raimondi infatti offre spunti e stimoli sensoriali vari, pur mantenendo un corpo omogeneo ed equilibrato, senza alcuna impressione di disconnessione tra gli elementi che danzano insieme proprio come il ballerino in scena si muove al fianco dell’attrice, completandosi e valorizzandosi per l’intera performance.


EZRA POUND – I CANTOS

con Annig Raimondi
danzatore Samuele Gamba
luci e spazio scenico Fulvio Michelazzi – AILD
musica Maurizio Pisati
costumi Nir Lagziel
coreografia Samuele Gamba
produzione PACTA  dei Teatri

Pacta Salone, Milano | 14 maggio 2024

*PAC LAB è Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.