CHIARA AMATO* | Durante la seconda edizione di Tutta la vita davanti. Festival di teatro per vecchi del futuro si è svolta una tavola rotonda in cui artisti e addetti ai lavori sono stati chiamati a rispondere alle impegnative domande poste dalla direttrice artistica, Alice Sinigaglia, in merito a dove stia andando il teatro di questa generazione. Tra le tante questioni: che facciamo se non ci ascoltano più? Troviamo un nuovo modo per parlare a loro oppure ce ne freghiamo e parliamo fra di noi? E se non parlassimo affatto?
Ma la programmazione del festival risponde già in parte a queste perplessità, mostrando al suo interno una varietà di stili e modalità comunicative diversi. Una voglia di muoversi “nella nebbia”, di sfuggire a limiti e paragoni con i maestri d’arte; voglia di libertà che a volte rischia l’autoreferenzialità.

La seconda giornata infatti inizia con lo spettacolo Suck my iperuranio, di e con Giovanni Onorato, il cui linguaggio si pone tra la stand-up comedy e la poesia: il testo, molto delicato, è semplice ma palpita di vita, di bellezza. Una serie di racconti concatenati che il regista e attore fa al proprio pubblico in boxer, camicia e calzini spaiati, come se si trovasse all’interno del suo appartamento. Lo spazio scenico, abitato solo da una poltrona, viene invaso dalle parole del monologo solo dopo una breve parte iniziale in cui Onorato gioca con il pubblico, usando una voce camuffata: un altro sé deve, prima di entrare nel personaggio, riscaldarsi, ambientarsi e infatti la voce torna poi la sua. Il flusso di coscienza attraversa l’amore per la sua ex, le frustrazioni del mestiere dell’arte, e il racconto di sé stesso senza scadere mai nel patetico o nell’eccessivamente comico, ma mantenendo un buon equilibrio.
Le luci, di Martin Emanuel Palma, si accordano alla recitazione e cambiano intensità con il variare del tono di Onorato; trasformano la scena in un rave e infine in una camera solitaria: sono parte integrante della scenografia e dello stato emotivo del nostro amante deluso e nostalgico. Sul finale un ultimo concreto rimando alla storia: squilla il suo cellulare e assistiamo alla finta telefonata con il suo amore perduto (e poi ritrovato?) fino a che risuona fragorosa la canzone Quanto ti vorrei di Chello a tutto volume.


Si prosegue la giornata su tutt’altro registro drammaturgico con la performance Swan, diretta da Gaetano Palermo. La modalità comunicativa è agli antipodi della precedente, infatti qui le parole sono totalmente assenti: è una breve pattinata all’aria aperta di Rita Di Leo. La performance site-specific è ispirata all’assolo La morte del cigno di Michel Fokine ma in chiave assolutamente contemporanea: la protagonista infatti con le sue cuffiette e i suoi modi da influencer, si riprende compulsivamente con lo smartphone, quasi in maniera pornografica. Bionda e appariscente, muove la bocca in modo forzatamente sensuale e notiamo che il volto è trasfigurato da una maschera. Il suo roteare viene inframezzato da continui e sempre più frequenti rumori di pistola che la riducono a brandelli alla fine della performance: perde le cuffie, poi la parrucca, sanguina nelle parti genitali come se il regista volesse comunicarci che l’iper-esposizione dell’immagine rende vulnerabili ai colpi esterni che il pubblico dei social può sferrare.
Un critica, quella lanciata dall’artista catanese, anche al revenge-porn che può far diventare un atto privato, di condivisione intima di un’immagine/video, un’arma di vendetta proprio contro quell’immagine stessa. Cosa ci può essere di più intimo della nostra sessualità e del proprio volto? L’estetica barocca e perturbante pervade questo finale dove l’artista finalmente toglie la maschera e boccheggia accasciata al suolo.

La giornata si conclude con Concerto fetido su quattro zampe dove Alice e Davide Sinigaglia, traendo spunto da L’animale che dunque sono di Jacques Derrida e l’album Destroy the Enemy dei DSA Commando, mixando diverse forme artistiche: la musica, il testi rap e impegnati, punk e un’idea ben chiara di messaggio filosofico che vogliono inviare al proprio pubblico.
C’è tanta rabbia per una periferia stuprata dal turismo, contro una società che fintamente si è diretta verso l’evoluzione (pulizia, successo, allontanamento dalla natura) dimenticando di «annusarsi il culo».
I due fratelli, figli d’arte in ambito musicale, si aggirano per il palco con la maestria di due animali da palcoscenico, consapevoli e già maturi per la loro giovane età: diventano cani –attraverso l’uso di maschere e dei versi – che scodinzolano e si grattano con le zampe. Giocano con i loro testi e con gli aspetti tragici della modernità, alternando stili musicali diversi.
Il risultato è una standing ovation per un concerto che non vuole essere perfetto tecnicamente ma anzi volutamente fetido e sporco, eppure che coinvolge il pubblico.

SUCK MY IPERURANIO

di e con Giovanni Onorato
con la collaborazione di Margherita Franceschi
aiuto drammaturgia Teodora Grano
musiche di Adriano Mainolfi
consulenza disegno luci Martin Emanuel Palma
realizzato con il sostegno di Teatro Studio Uno e Carrozzerie n.o.t
vincitore #pillole e Luna Crescente
finalista DirectionUnder30 e Martelive

SWAN

di Gaetano Palermo
con Rita Di Leo
sound design Luca Gallio
direzione tecnica Luca Gallio
assistenza e cura Michele Petrosino
organizzazione e distribuzione Arianna Di Bello
amministrazione KLm – Kinkaleri, Le Supplici, mk prosthetics Crea Fx
produzione La Biennale di Venezia
con il supporto di Casa della cultura Italo Calvino, H(ABITA)T – Rete di Spazi per la Danza, Associazione QB Quanto Basta progetto vincitore di Biennale College Teatro – Performance Site-Specific e di Danza Urbana XL

CONCERTO FETIDO SU QUATTRO ZAMPE

di e con Alice e Davide Sinigaglia
tecnica Febe Bonini
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione
progetto selezionato Powered by Ref
un progetto Romaeuropa Festival 2023 nell’ambito di ANNILUCE_osservatorio di futuri possibili in collaborazione con Carrozzerie | n.o.t e 369gradi srl co realizzazione residenze Periferie Artistiche – Centro di Residenza Multidisciplinare del Lazio in network con ATCL – circuito multidisciplinare del Lazio per Spazio Rossellini polo culturale multidisciplinare regionale, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Cranpi

Teatro Dialma, La Spezia | 25 maggio 2024

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.