CHIARA AMATO / PAC LAB* | Il Teatro Serra di Napoli sembra un antro: un arco che separa lo sfondo della grotta nera dal pubblico crea un effetto magico, anche senza una vera e propria scenografia. Qui è andato in scena Alice nelle fogne delle meraviglie, di e con Angela Dionisia Severino, regia di Lauraluna Fanina. Due giovani artiste che hanno affrontato una sfida di autoproduzione, tra l’italiano e il dialetto, utilizzando maestranze locali.
Il monologo è una fiaba contemporanea e, come tale, si confronta con problematiche attuali, come l’esclusione, la gentrificazione, le politiche cittadine, il turismo di massa. Lo spunto viene sia da Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, come il titolo stesso presagisce, che dal cunto. Le citazioni e i riferimenti all’opera di Carroll sono limitati, e per un occhio attento; dal cunto si prende ispirazione per la forma narrativa. Il cunto ha origini antiche nella tradizione napoletana, si ispira al repertorio fiabesco e ai racconto orali: il suo fiore all’occhiello è il volume seicentesco Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. «Noi ci ricordiamo dei cuntastorie, ma non delle cuntisse, che invece restavano in casa e cuntavano nella forma domestica, come cura», spiega Severino, rivendicando per la sua protagonista la volontà di uscire fuori dal quel focolare e raccontare la sua storia ad alta voce.
Il testo, vincitore della Menzione Speciale del Premio Serra 2023 e del premio Premio Eco-scena 2024, ci parla di una Alice che vive ai margini della città di Napoli. Frequenta una scuola serale. Durante una delle corse per arrivare a scuola cade in un tombino e finisce nella fogna, in mezzo ai topi. Questi, proprio come lei, non sono altro che una metafora: sono stati confinati dagli uomini in un luogo non visibile, sono stati fatti sparire nel sottosuolo urbano. Aspettavano da tempo un Salvatore che li risollevasse dalla loro situazione di subalternità. Così, nominano Alice loro regina.

ph Maria Rosaria di Tota
Alice indossa una tuta pantalone (di Dario Biancullo) sulle tonalità del grigio, con giacca abbinata, sulla cui stoffa emergono le parole saettella (in dialetto tombino) e sorellanza: parole forti, che si ripetono ossessivamente sull’abito. Questa donna è essa stessa una “fogna delle meraviglie”, dove per fogna intendiamo riferirci agli ultimi, gli scartati dalla società e dalle politiche dominanti, che spingono sempre più nel dimenticatoio alcuni strati sociali. La scena è composta da una sedia con dei laccetti dorati, uno pneumatico di motorino e un apparente manto di stracci.
Lo spettacolo parte con una registrazione di Fanina stessa: la sua voce fuori campo introduce la vicenda – è un elemento che tornerà in vari momenti dello spettacolo. I movimenti di Severino chiariscono subito che la nostra Alice non è una “brava bimba bionda”: salta sulla sedia, declama episodi e rende carica di spessore ogni parola, anche quella comica.
Così, il palco si popola di figure del mondo dei ratti, interpretati dall’attrice stessa (tra cui, don suricillo il prete; il topo comandante): Alice, regina con tanto di spazzolone da wc come scettro e un meraviglioso mantello di stracci, di fronte ai loro sfoghi, inizia a sentire empatia per loro.
Intanto, la città comincia a collassare: si aprono delle voragini nel manto stradale. Questa Napoli futuristica diventa un groviera, di cui le politiche cittadine e statali non si occupano. Anzi, le buche vengono trasformate nell’ultima attrazione per i turisti: un ennesimo modo per lucrare sulla gentrificazione. Il tema è molto caldo nella città del Vesuvio, come in altri luoghi che attraggono il turismo di massa, e viene toccato con un sarcasmo che cela rabbia e rivendicazione. Seguiamo quindi Alice in una breve parentesi su questa mercificazione delle tragedie locali e sulla ridicolizzazione dei problemi della cittadinanza.
ph Maria Rosaria di Tota
Riprende poi il racconto negli abissi delle fognature, fino a un improvviso risveglio: la donna torna alla normalità portandosi dietro delle domande. Ha solo sognato quanto accaduto? Sono fatti che ha vissuto? Comunque, la protagonista non è poi così certa che il mondo socialmente accettato sia meglio di quello che è stato messo in panchina o, peggio, escluso dai giochi.
Lo spettacolo presenta un perfetto equilibrio tra il recitativo, il sonoro (Teresa Di Monaco e Paolo Montella) e il gioco di luci (idea di Sebastiano Cautiero). Proprio queste ultime illuminano la parte bassa del palco, sulle tinte del blu e del giallo soffuso, quando la Severino si muove nella realtà parallela sotto il tombino; mentre la centrano in pieno dall’alto nei momenti più dichiaratamente narrativi e di denuncia, come a porla sotto i riflettori.
Quello che tiene le fila di tutto il lavoro è la padronanza dello spazio e del corpo di Angela Dionisia Severino, che palpita del suo stesso testo, è istrionica nel tenere l’attenzione del pubblico e si percepisce che è una sua creazione per come dice le parole del testo. La sua interpretazione è densa e la regia, prima volta per Fanina, riesce a esaltare le qualità dell’attrice: la giovane regista accelera il ritmo quando la parte satirica domina e, invece, dosa con parsimonia l’irruenza comica della performer per dare spazio a un’intimità con il pubblico. Il messaggio è politico e l’obiettivo è centrato in pieno e con grazia.
Questa collaborazione artistica tutta al femminile (assistente alla regia Simona Batticore e organizzazione Valentina Castronuovo) fan ben sperare per un futuro pieno di scoperte interessanti e cariche di un’energia magica.
ALICE NELLE FOGNE DELLE MERAVIGLIE
con Angela Dionisia Severino
testo di Angela Dionisia Severino
regia Lauraluna Fanina
assistente alla regia Simona Batticore
organizzazione Valentina Castronuovo
drammaturgia musicale Teresa Di Monaco
costumi Dario Biancullo
disegno luci Sebastiano Cautiero
consulente sound design Paolo Montella
voci registrate Lauraluna Fanina
video Fabio Calvetti
Spettacolo Vincitore Premio Eco-scena 2024
Spettacolo Vincitore Menzione Speciale del Premio Serra 2023

Teatro Serra, Napoli | 22 marzo 2025

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.