CHIARA AMATO / PAC LAB* | La trama dei gesti porta con sé il tema dell’amore / la percezione è viva di un rapporto esistente / l’amore spinge e manca di un tu e di un me non trovati / lo spazio e il tempo sanno cose che non possiamo sapere.
Con queste parole, vent’anni fa Raffaella Giordano introduceva il suo spettacolo Tu non mi perderai mai “liberamente inspirato al Cantico dei Cantici“, del quale era interprete e ideatrice e che aveva presentato durante Uovo Performing Arts Festival. L’artista è tutt’oggi una delle firme più importanti della danza contemporanea, allieva della scuola Carolyn Carlson/Pina Bausch, e dal 1985 è co-fondatrice del collettivo Sosta Palmizi.
Il sottotitolo dell’opera va preso con le giuste cautele, in quanto con il testo biblico è un incontro, un indizio non casuale, ha cioè fornito respiro e sacralità al gesto nel lavoro di ricerca.
Proprio in questi giorni, in occasione dell’ottava edizione di Fog Festival, è andato in scena in prima assoluta al Teatro OutOff di Milano una seconda versione di quello spettacolo, reinterpretato dalla giovane coreografa e autrice Stefania Tansini.
Resta indubbio che l’operazione di trasmissione e passaggio di un’opera può risultare molto complessa, a maggior ragione nell’ambito della danza. Un’eredità che rende necessario un incontro reale delle personalità e una immersione nel respiro dell’opera, che resta una delle più ermetiche e inafferrabili tra le creazioni di Giordano.

Tansini entra in scena alzandosi dalla platea con estrema grazia e indossa una gonna longuette nera, una camicia variopinta sulle tonalità del rosso, scarpe decolleté nere e una borsetta (costumi di Beatrice Giannini); sullo sfondo appare solo la pietra nuda del teatro e sul palco vi sono due punti luce fissi agli angoli opposti (luci curate da Gianni Staropoli, Maryse Gaultier) e un rettangolo di terra sulla sinistra.
Durante il breve assolo, l’artista si muove con una lentezza disarmante, lasciando spazio alla profondità di ogni singola azione e facendo diventare tutto un elemento poetico. Cerca qualcosa nella borsa, cammina in diagonale, si toglie lentamente le scarpe e le braccia si fanno abbraccio: si percepisce l’assenza e si percepisce la ricerca dell’altro, ancor più nei momenti di un silenzio che risulta rumorosissimo.
Durante la performance, ad accompagnarla ci sono suoni che per lo più richiamano l’ambiente naturale: un corso d’acqua, versi di uccelli, un temporale, il vento (suoni di Lorenzo Brusci, Jòhann Jòhannsson). Altre volte l’elemento sonoro si fa disturbo, diventa rumore, come il ronzio di un televisore guasto. Insieme a questi suoni il suo corpo si scioglie in una serie di movimenti che lo distendono, lo allungano e lo ripiegano: le altezze giocano un ruolo importante nella sua danza, rimandando l’occhio dello spettatore al divino e all’umano, al cielo e alla terra ogni qual volta le braccia tendono verso l’alto o la performer si abbassa strisciando al suolo. Le mani di Tansini, con estrema precisione e perfezione di movimento, si cercano tra di loro, incrociandosi in una stretta dietro la schiena e in abbraccio che la avvolge come un’onda.
Il suo sguardo è nel vuoto, nell’immenso, quasi mai rivolto al pubblico e non appare ancorato al qui e ora ma travolto da un’energia altra. È un’opera che fa dimenticare allo spettatore il presente per portarlo nei ricordi del passato: rallenta il pubblico nella stasi della contemplazione, nella naturalità e profondità del respiro.

L’elemento amoroso si fa spazio con tenerezza e nostalgia, nel modo in cui viene delicatamente sfiorato il pavimento con il corpo, nelle carezze che Tansini fa a se stessa, nelle mani che sembrano lanciare un bacio a qualcuno che non c’è (Mi baci egli dei baci della sua bocca, poiché le tue carezze sono migliori del vino, recitava il Cantico).
In questa performance si percepiscono una disarmante innocenza e un forte mistero: non c’è qualcosa da capire o una coreografia che appaia netta, ma una pulizia di movimento che lascia ammaliato il pubblico in sala. Tansini, Premio Ubu 2022 come Miglior performer Under35, è riuscita a fare una vera e propria indagine sulla mutazione dei sentimenti e dei corpi nel tempo, rispettando la promessa del titolo dell’opera: si sente fortemente la conferma di una presenza che aspetta e che accoglie l’amore, che ‘non si perderà mai’.
È un assolo evocativo, come lo è la promessa d’amore del testo biblico, e riempie quel voluto vuoto scenografico con l’intensità e le tensioni del corpo.
L’opera riecheggia di ricordi e di vita, che sono forse la cosa più difficile da far rivivere a un corpo danzante che non è il proprio e in questo le due artiste vincono la sfida, mantenendo contemporaneo uno spettacolo che compie vent’anni e allo stesso tempo rinasce con nuova pelle.
TU NON MI PERDERAI MAI – liberamente “inspirato” dal Cantico dei Cantici
PRIMA ASSOLUTA
coreografie Raffaella Giordano
danzate da Stefania Tansini
creazione luci Gianni Staropoli, Maryse Gaultier
disegno del suono e composizione elettroacustica Lorenzo Brusci
suono aggiunto Jòhann Jòhannsson
costumi Beatrice Giannini
esecuzione tecnica suono Andreas Froeba
luci Maria Virzì, Lucia Ferrero
produzione Sosta Palmizi (2025)
in coproduzione con Triennale Milano Teatro, Fuorimargine Centro di produzione di danza e arti performative della Sardegna
con il sostegno di Fondazione Teatro Grande di Brescia, Centro di Rilevante Interesse per la Danza Virgilio Sieni
in collaborazione con Teatro Out Off
Teatro Off Out, Milano| 29 marzo 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.