GIORGIA VALERI / PAC LAB* | Circolo Polare Arte, un nome-manifesto, una metafora dichiarata del Nord polare che accomuna e distanzia, crea tensioni, polarità artistiche che si confrontano e convergono in una grande tela bianca. Marta Staffini, Marta Longo, Susanna Nuti, Eleonora Pace e Laura Zucchi – giovanissime che si dividono i ruoli di attrici, dramaturg e registe – sono sparse nel Nord Italia, sull’asse Torino-Milano-Bologna. In un tempo di “bandificazione”, in cui “i bandi sono il male assoluto, perché impediscono di pensare e costringono gli attori a essere provinomani” – come diceva Gabriele Vacis in un intervento di qualche anno fa – Circolo Polare Arte sceglie di costituirsi in proprio e di farlo sotto l’egida della poeta Patrizia Cavalli.
Poeta, come preferiva definirsi, anzi, come non voleva definirsi affatto, l’autrice di Todi che nel ‘68 si trasferì a Roma, dove conobbe Elsa Morante e, più tardi, la sua compagna/amante/amica di una vita, Diane Kelder, accademica e storica dell’arte inglese. Buffa, autoironica, spesso impenetrabile e dallo sguardo sottile, Cavalli è un serbatoio di quotidianità inattese, di correlativi oggettivi che si nutrono di immagini tangibili: dalle tasche troppo lunghe del cappotto, a una bottiglia di whiskey Benrinnes del ‘96, alla fluoxetina. Cavalli racconta un tempo, il suo, che si sottrae alla linearità e torna nella circolarità della percezione, all’andamento rotondo delle emozioni immutabili. Come i fiori della Signora Dalloway, che aprono e schiudono una vita nel respiro breve di una giornata, anche la poesia di Cavalli abita un tempo sospeso, dove ogni gesto si fa eco, ogni oggetto memoria, e la vita scorre in cerchi lievi, senza principio né fine.
E come si racconta una vita nell’arco di un’ora, nello spazio costretto di sei metri per cinque? Come si racconta e come si trova uno spazio in cui farlo? E il pubblico per ascoltarlo? Circolo Polare Arte ha trovato un primo rifugio nel quartiere Isola, in una casa di ringhiera chiamata Isolacasateatro, sede dell’omonima associazione no profit che dal 2004 ha trasformato un luogo quotidiano in una mostra permanente di arte che dialoga con le arti: teatro, musica, danza, letteratura e poesia raccolti in una cornice intima, che ha messo a disposizione la propria specificità soprattutto a giovani artisti e performer.
Al cuore fa bene fare le scale si legge sulla locandina appesa fuori dal portone d’ingresso al civico 16 di via Dal Verme: un palazzo labirintico, scalini d’epoca e l’ingresso in una casa culturale in cui le attrici si cambiano e si riscaldano a vista, insieme al pubblico entrante. Le luci si spengono e le attrici si dispongono a pochi metri dai piedi degli spettatori, appollaiati su sgabelli di fortuna o accovacciati di fronte alle ginocchia di chi è riuscito a trovare una sedia. L’ostilità spaziale non penalizza la drammaturgia performativa: le attrici si prendono il proprio tempo per convincere, per creare intimità con il pubblico. Passa una manciata di minuti prima che nella silhouette riccia e slanciata di Marta Staffini si riconosca la figura volatile e minuta di Patrizia Cavalli; nel tailleur azzurro e nei grandi occhiali tondi di Marta Longo c’è invece la sua amante Diane Kedler.
La biografia dell’autrice è pretesto per raccontare una storia non edulcorata, che dalle esperienze personali di Cavalli trae la forza per esplorare le origini di una poeticità lucida, schietta, amata dalla critica e dal pubblico. Così il primo incontro impacciato con Elsa Morante, una brava e puntuale Susanna Nuti che, forte di un’esperienza attoriale più estesa anche per età anagrafica, incarna il ruolo di leader, di mentore.
Molte sono le riprese al documentario scritto e diretto da Annalena Benini e Francesco Piccolo, presentato al Festival del Cinema di Venezia due anni fa: «La gelosia produce disprezzo e un senso di superiorità nell’altro» racconta Cavalli nell’intervista, e la regista Laura Zucchi traduce questa sentenza in dialoghi concreti, in battibecchi serrati tra le amanti, in gesti ed espressioni raffinate, pur se tradite qua e là da un velo di un pudore scenico che, più che indecisione, è cura. Evocativo, nel suo essere acerbo, il gioco teatrale tra Cavalli e Kedler: giocano, si tirano e si respingono, si legano attraverso un filo rosso, fino alla resa in ginocchio di Cavalli/Staffini. L’esercizio teatrale è dichiarato, quasi didascalico, ma non stona nel ritmo complessivo dello spettacolo, che rallenta e si ravviva anche grazie agli inserti comici affidati a Eleonora Pace nelle vesti di amica/psicologa con un forte accento toscano – trovata curiosa e piacevole che smorza il pathos romanzato e lo trascina in una dimensione quotidiana.
I faretti tremolanti, i cambi scena imprecisi e le luci da commento un po’ approssimative raccontano di un gruppo agli inizi, che si adatta e che si sta formando, non sono sintomo di trascuratezza.
E allora forse è proprio così che il teatro si fa spazio nell’era dei bandi: senza chiedere il permesso, senza aspettare un invito. Si entra in casa, letteralmente, e si abita il margine. Si prende in prestito una voce – quella di Cavalli – non per imitarla ma per sporcarla con la propria. Prendendosi cura di ciò che si racconta. Perché anche il teatro, come la poesia, ha smesso di chiedere di essere capito. Vuole solo essere vissuto. E se non c’è palco, si sale sul tappeto.
AL CUORE FA BENE FAR LE SCALE
con Marta Longo, Eleonora Pace, Susanna Nuti, Marta Staffini
regia e drammaturgia Circolo Polare Arte
luci e suono Andrea Formentini, Laura Zucchi, Anna Romanó
Isolacasateatro, Milano | 28 marzo 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.