ESTER FORMATO |  Di “Io, mia moglie e il miracolo” di Punta Corsara, spettacolo vincitore del premio Teatri del Sacro 2015, sono vari gli aspetti riusciamo a cogliere in relazione alla sua composizione ed esecuzione.

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A differenza di quanto è accaduto con Hamlet Travestie scritto anche da Emanuele Valenti, stavolta la scrittura di Gianni Vastarella  ci conduce in uno spazio e tempo astratti in cui si ambienta una storia entro il perimetro di un palcoscenico completamente vuoto.

Sei personaggi, per l’appunto,  danno vita alla trama e con essa un microcosmo relazionale e “sociale” ben definito, reso assolutamente cristallino dai costumi che conferiscono ad ognuno di essi un ruolo emblematico; vengono ad essere, dunque., caratteri fissi quelli della moglie succube (Valeria Pollice) di un marito mellifluo ed inquietante (Gianni Vastarella), quelli dello sceriffo (Emanuele Valenti) alla continua ricerca di presupposti che possano avallare l’inizio di una qualche sua indagine, quello della prostituta del paese (Giuseppina Cervizzi), quello dell’uomo sopra le righe che non riesce a separarsi da una stecca (Vincenzo Nemolato
) e, infine, quello del guaritore (Christian Giroso) con la cui presenza tutto incomincia. Tutto parte, invero, dalla lunga assenza della bambina che – a detta dei genitori – è stata scelta da una scuola sperimentale per un interminabile tempo prolungato che dura ormai da tre settimane, notte e giorno. Una situazione surreale, dunque, che per sua stessa natura implica naturalmente una comicità, talvolta declinata al grottesco, e restituita da dialoghi estranianti, fatti di ripetizioni dello stesso concetto, di rimbalzi, frasi interrotte, allusioni che ricorda il teatro dell’assurdo, e che seguono il ritmo di un thriller. Un thriller quale modello di partenza, di cui spesso si mettono in mostra meccanismi che vi soggiacciono a vantaggio di un gioco teatrale, portato innanzi dalla peculiarità dei singoli caratteri connaturati alla propria funzionalità all’interno del dramma.

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Ce lo indicano espressamente la costante frontalità dei personaggi e la gestione degli spazi in termini di posizione che sull’assito essi acquistano in uno schema ben preciso che definisce visivamente la relazionalità sociale, brutalmente verticalizzata e (non) affettiva fra di loro. Preponderante, inoltre, è la costante presenza di una drammaturgia sonora che se da una parte strizza l’occhio al sospeso ritmo di un vero thrillerd’altro canto lo esorcizza, sino a snaturarlo con l’incursione di brani melodici.

Tali elementi formali che vengono valorizzati dall’assenza completa di ogni orpello ed elemento scenografico,  quasi sostituendovisi ad essi, trasformano il thriller messo in scena in pretesto, quindi, per poter giocare con la caratterizzazione teatrale e le sue potenzialità espressive entro il nudo spazio scenico.

A ciò va aggiunta la semplicità della drammaturgia che si basa su un meccanismo essenziale, ossia la struttura episodica. I quadri sono introdotti da una voce off che indica il luogo preciso in cui si ambientano, e quasi sempre costituiti da dialoghi di due personaggi alla volta, rappresentando così le singole relazioni su cui si basa la storia (moglie-marito, moglie-marito-guaritore, sceriffo-prostituta, sceriffo-uomo con la stecca) la cui svolta coincide con la presenza di tutti i personaggi in scena che rende immediata la ribalta dei sospetti.

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La trama, storia di un infanticidio che però si conclude col “miracolo” da parte del guaritore, si trasforma in un divertissement teatrale che si schiude con un inquietante happy ending –  un inaspettato ossimoro – che vede il prodigioso intervento respinto, rifiutato da una comunità che preferisce perseverare nel proprio egoismo, attraverso la figura della moglie che al vedersi “restituita” in vita la sua bambina abiura ad ogni sorta di gratitudine e sentimento materno a vantaggio di una totale omertà.

In “Io, mia moglie ed il miracolo”   la costruzione della finzione teatrale e soprattutto le intrinseche convenzioni diventano per Punta Corsara dimensioni quasi ludiche entro le quali entrare in contatto con il puro gioco dell’invenzione e della narrazione. Un segno emblematico – diremmo  – della propria storia di formazione ed artistica.

IO, MIA MOGLIE E IL MIRACOLO
spettacolo vincitore de I Teatri del Sacro 2015
di Gianni Vastarella
con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato
Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella
disegno luci Giuseppe Di Lorenzo
costumi Daniela Salernitano / scene Marco Di Napoli
musiche Dario Maddaloni / effetti sonori Giuseppe Capasso
organizzazione e collab.artistica Marina Dammacco
regia Gianni Vastarella
produzione 369gradi
con il sostegno di NUOVOIMAIE
un ringraziamento
alla Scuola Elementare del Teatro di Napoli
e all’Ex Asilo Filangieri