BRUNA MONACO | È il 1983 e ci troviamo in Inghilterra, a Sheffield. I protagonisti della nostra storia sono otto ragazzi di diciannove anni alle prese con un’ardua prova: prepararsi al concorso d’ammissione per Oxford e Cambridge, le più anelate Università inglesi, garanzia di successo nella vita e nel lavoro. Il professor Hector (un bravissimo Elio De Capitani, anche regista dello spettacolo insieme a Ferdinando Bruni), dai metodi efficaci ma poco ortodossi, li accompagna in questa avventura. Lo affianca il neoassunto Irwin (Marco Cacciola) un giovane insegnante, in cui il preside (Gabriele Calindri) confida per la riuscita dei ragazzi nella prova d’esame. Ida Marinelli, unica donna della troupe, interpreta il ruolo della disincantata insegnante di storia, brava, tanto da meritare il premio Ubu 2011 come migliore attrice non protagonista. Del resto altri due premi Ubu sono stati tributati a The history boys: uno come miglior spettacolo, un altro, cumulativo, a Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Angelo Di Genio, Loris Fabiani, Andrea Germani, Andrea Macchi, Alessandro Rugnone e Vincenzo Zampa, gli otto interpreti degli studenti di Sheffield che la giuria dell’Ubu ha ritenuto i migliori attori under trenta del 2011. E infatti, i giovani attori sono tutti bravi, soprattutto nei momenti corali in cui dimostrano un grande affiatamento: nell’incalzante rincorrersi di botta e risposta sono sempre brillanti. Un po’ meno convincenti nelle parti monologate e nei dialoghi, in cui a volte appaiono artificiosi, stereotipati. Colpa forse anche del testo di Alan Bennet, che ha una struttura drammaturgica compatta ma molto spesso scivola in sketch da telefilm, in cui le risate registrate sono sostituite da quelle live e sincere del pubblico in sala.

L’enorme quantità di citazioni che i personaggi rincorrono e si sfidano a indovinare durante tutto lo spettacolo, non lo redime, non riesce a farne un prodotto intellettuale. E probabilmente non è questo lo scopo: in un momento storico in cui diffusamente in Europa si sta tentando di distruggere il sistema scolastico, trasformando i presidi in dirigenti, Bennet ha voluto mettere a confronto idee diverse di incarnandole in personaggi come Hector (ovvero l’amore per il sapere, gratuito e fine a se stesso), Irwin, (la capitalizzazione del sapere ai fini del successo), e il preside, (il sapere come uno dei tanti mezzi per ottenere il successo). Nel finale, un po’ didascalico, Bennet fa morire Hector in un incidente stradale, confessando quello che, probabilmente, secondo lui, è il destino dell’amore per il sapere ai nostri giorni.

Insomma, uno spettacolo godibile con cui la coppia Bruni-De Capitani dimostra che il pubblico italiano è ormai pronto a un teatro di intrattenimento di alta qualità.

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