circo-boteroGIULIA INDORATO | I favolosi anni 80, il punk rock all’apice, idoli con occhi colorati, giacche di pelle e chitarre elettriche riempiono gli stadi e schizzano per dieci anni in vetta alle classifiche. Poi arriva il grunge, l’olimpo di borchie viene scosso, sembrano crollare i grandi nomi. Dopo piccoli scivoloni discografici, sul finire degli anni 90 c’è chi riprende l’equilibrio e si rilancia con canzoni natalizie di sound rockabilly: Billy Idol, star del rock e acrobata del pop. Dopo un decennio di gloria par dimenticato, ma ritorna sulla scena e prova a rimanere sul precario filo della gloria musicale.

Il termine precario, infatti deriva dal latino è significa preghiera, implorazione. Giornali e inchieste puntano il dito su questo lemma, messo alla gogna e in pessima luce. La P scarlatta.
L’essere umano (Billy compreso) par desiderare di avere i suoi due piedi ben piantati a terra (soprattutto se concimata con la notorietà). Non è nato trampoliere.
Eppure i trampolieri esistono. Eppure l’arte circense si basa sul presupposto che ci sia gente che vuole camminare a molti metri da terra. Il nouveau cirque ha sbalordito grandi e piccini con la sua spettacolare eterogeneità di acrobati precari.

C’è chi si impegna per andare in alto e non cadere, e ne fa un mestiere. Salta da una parte all’altra di un tendone, sorride al pubblico pagante e avanza nel vuoto.
La Orfei ci ha fatto un businnes sul mito dell’altezza, ci ha basato pure l’acconciatura.
C’è chi paga per vederli esibire. C’è chi gioisce nel vedere il funambolo e ha una scarica d’adrenalina in corpo quando lo stesso par stia per cadere. Lo spettatore rimane seduto al suo posto, mangia pop corn e osserva estasiato.

C’è un popolo nascosto di precari felici, entusiasti ed estimatori dell’assenza di stabilità? È un popolo silenzioso, che non se ne fa vanto e non fa rumore?
Il dubbio persiste. Il dubbio si insinua. C’è un popolo che punta il dito sul precario, ma poi paga per averlo sotto casa quando serve spettacolo, adrenalina e comodità?

Certi esseri umani pendono dal tetto del tendone del circo per un tempo quasi infinito, vengono spinti da destra a sinistra e viceversa. Volteggiano senza sosta. Quando hanno paura, guardano in alto e pregano San Precario di trovar un ulteriore trapezio a cui appendersi dopo il salto.
Felicità o meno, la gravità è una forza reale e il processo evolutivo della specie non ci ha donato le ali.

Non sarà che c’è chi al circo si è unito per fame? Magari chi sorride sui trampoli vorrebbe star in terra con i clown, ma non trova posto in pista.

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