Marchesa ALESSANDRO MASTANDREA | Anche nelle sue forme più leggere la TV, più o meno coscientemente, è capace di restituirci un’immagine dei tempi incerti che stiamo vivendo e, paradossalmente, agli occhi di uno spettatore smaliziato “Presa diretta” di Riccardo Iacona o “Pechino Express” di Costantino della Gherardesca pari sono.

Se poco più di un mese fa Iacona ci raccontava, con stile a metà tra l’inchiesta e il documentario, delle disfunzioni che affliggono la società italiana dei nostri giorni, del divario sempre più marcato tra le classi benestanti e nuovi poveri, su Rai Due con Pechino Express la via del disimpegno portava, in fondo, a esiti non dissimili.
Chi infatti ritiene che i problemi del ceto medio dipendano unicamente dalla nuova aristocrazia, dalle oligarchie di manager, banchieri e lobbisti, non avrebbe mai immaginato che anche quella vecchia, di aristocrazia, avrebbe preteso per sè la propria parte, erodendo l’ultima conquista di cui, l’ormai ex, classe media potesse ancora vantarsi: la TV dei reality show e del miraggio democratico di una fama a buon mercato.
Ritenuti fino a ieri sull’orlo dell’estinzione, cancellati dalla più agguerrita specie dei talent come lo furono i dinosauri con l’arrivo del famigerato meteorite, ai reality ha giovato il nuovo sangue – delle tonalità di un blu aristocratico – che Pechino Express porta in dote. In effetti se “l’ozio è una appendice della nobiltà” pare strano che solo oggi si sia consumato questo matrimonio d’interessi corrisposti. Sicché la crisi, come balsamo sulle nostre coscienze, ci ha fatto accettare di buon grado anche la perdita di quest’ultimo bastione. E se a Pechino Express di ozio ce n’è pochino, di classe, per contrasto, ce n’è a vagonate.

E gli indici di ascolto sembrano premiare, a dispetto di un canovaccio liturgico che rientra perfettamente nei canoni del genere: un gruppo di concorrenti, fame e patimenti vari, una prova da affrontare, contrasti e dispute interne da superare con immunità o eliminazione alla fine di ogni tappa. Il merito di questa miracolosa rinascita è da attribuirsi fuor di dubbio alla conduzione austera, quasi regale, di Costantino della Gherardesca, ma anche alla partecipazione della marchesa D’Aragona (al secolo Daniela Del Secco), donna d’ infinita classe pur se dal discusso blasone.

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Quasi si trattasse di marziani precipitati d’improvviso sulla terra, per provare l’esperienza della finitezza della condizione umana, entrambi paiono adattarsi piuttosto bene all’ambiente circostante, non rinunciando a farci partecipi dei loro sentimenti profondi; la Marchesa in particolare, che nonostante il lignaggio, ama cimentarsi senza tema in situazioni “ che non ho mai visto nemmeno al cinematografo”. Facendolo per giunta con una certa classe, purché possa concedersi ancora qualche vezzo: un ombrellino di pizzo bianco per difendersi dal sole, almeno un completo di seta per dormire come si conviene a una nobildonna, e l’insostituibile maggiordomo Gregor, persona squisita e affidabile poiché “parla solo se interrogato”.
Eccolo, dunque, il vero personaggio. Per le altre coppie in gara non ce n’è. Nemmeno per la perfida coppia de “i figli di”. Temuti, costoro, in egual misura sia dalle popolazioni indigene che dai concorrenti, trovano nella marchesa uno scoglio insormontabile, poiché i loro velenosi commenti – “Io mi chiedo come mai i ricchi in Italia siano così stronzi”- tradiscono la loro subalternità a una nobiltà acquisita per diritto di nascita.

Forse fallimentare come tentativo di esperimento sociale e antropologico, questo reality funziona invece sotto il profilo narrativo. Con il viaggio dei concorrenti alla scoperta di luoghi esotici e paesaggi meravigliosi, di tramonti struggenti sul fiume Mekong, alla scoperta di se stessi e del diverso, dello straniero, sempre disponibile e generoso, purché colto dalla lente di una telecamera nel proprio habitat e lontano dalle nostra coste. Ancor più attuale Pechino Express in ottica New Economy, a dimostrazione del fatto che il “made in Italy”, anche per i prodotti televisivi, può essere ancora vincente a patto che la sua produzione venga opportunamente delocalizzata.

Qui ancora qualche fotogramma…

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-127c12e6-ddd5-4ab6-be8d-4ab66e88aa23-pechino.html#p