giallo5RENZO FRANCABANDERA | Due cose interessanti l’una nell’altra. La seconda parte del dittico sul Discorso Giallo, quello sull’educazione per capirci, di Fanny&Alexander, ospitato all’interno dell’ormai consolidata rassegna di teatro in casa di Teatro Alkaest a Milano, coordinata e diretta dal duo al femminile Archinto/Tansini.
Per la rassegna “Stanze” siamo a 5 spettacoli + un “fuori programma” in costruzione in un ristorante. Gli spettatori complessivi portati nelle case a vedere spettacoli sono circa 500 in 12 repliche, 5 case, un laboratorio di tessitura, un ristorante. A Roma l’iniziativa sarà nelle date del 6 e 17, 23 e 24, 30 novembre e 1 dicembre con 3 spettacoli: Essere norvegesi, Uno e Il ballo, ispirato al libro omonimo di Irène Némirovsky con Sonia Bergamasco.
Ho ospitato una delle repliche di Stanze a casa mia, con Federica Fracassi nella parte di Eva Braun. Un dolcissimo caos di gente, sedie, mobili spostati, sorrisi, teatro, cibo. Poi tutto è tornato com’era in un clic. E’ rimasto un sapore nell’aria. Nelle stanze. Mi ci aggiravo incredulo come chi avesse visto passare un sogno lucido. Bellissima esperienza, sia da pubblico che da ospite.

Veniamo ora al lavoro pluriennale sul Discorso, che sta impegnando Fanny&Alexander, un polittico di cui siamo alla seconda tavola, quella dedicata al colore Giallo, a sua volta bipartita in Discorso Giallo e Giallo (cui questavideo intervista vuole riferirsi), entrambi interpretati da Chiara Lagani (il 3 dicembre in abbinata all’Angelo Mai Roma).
Lavorare sulla parola e l’insegnamento, l’immaterialità della trasmissione del sapere, dei valori: in Giallo gli spettatori diventano scolaresca, trapassati da parole che potrebbero essere le loro, del bambino che gli vive dentro. Un’esperienza, quella di Fanny&Alexander dopo Discorso Grigio, rivoluzionata dall’interazione con alcune scolaresche di scuola elementare nel territorio romagnolo, come ci testimonia Chiara Lagani in questa videointervista per noi di particolare interesse, proprio perchè focalizzata sul tema del linguaggio e della contemporaneità, a cui PAC, come gruppo di ricerca, è da sempre è votato, e che prende spunto dall’immaterialità della parola, delle paure, per arrivare alla materialità delle architetture e dello spazio come luogo per un “meglio” possibile, che coinvolga anche lo spirito. Dalla scuola chiusa, cimitero di anime, alla rivoluzione spaziale e concettuale del bello, dell’equilibrato, dell’aperto. Roba quasi d’altri tempi, per l’ardimento utopico sotteso alla riflessione. Ma in fondo cos’è al contempo più prezioso e più gratuito dell’utopia?

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