UnknownMICHELA MASTROIANNI & RENZO FRANCABANDERA | 8 giugno Teatro Filodrammatici Milano. Va in scena alle 21 CON_TESTO, Teatro in tempo reale. La sala è piena. Qualcuno è rimasto fuori, senza biglietto, ma pronto a godersi comunque la festa che seguirà lo spettacolo, il momento social con dj-set annunciato nei comunicati che spiegano anche le regole del gioco Con_testo nella versione 2015, per Milano l’anno magico dell’EXPO.

Il format, ideato da Bruno Fornasari in collaborazione con Tommaso Amadio, è giunto alla quarta edizione, con interesse crescente degli spettatori. Si tratta di una forma di contest teatrale che non è una sfida, né un concorso,  ma piuttosto un esperimento di creatività artistica ed efficienza organizzativa, e questa volta anche un’interessante indagine sociologica, sulla percezione che gli altri paesi hanno dell’Italia.

Infatti i 5 drammaturghi invitati quest’anno provengono da Repubblica Ceca (Roman Sikora),  Francia (Alexandra Badea), Spagna (Maria Velasco), Austria (Gerhild Steinbuch) e Germania (Jan Neumann), e le 5 notizie che hanno fornito il contesto o pretesto alle drammaturgie sono state selezionate da un piccolo gruppo di stranieri residenti a Milano. Ad ogni drammaturgo è stato abbinato un regista: Emiliano Bronzino ha curato la messa in scena del testo della Badea (Francia), Carmen Giordano ha diretto quello di Sikora (Repubblica Ceca), Fausto Paravidino quello della Steinbuch (Austria), Benedetto Sicca è stato abbinato alla Velasco (Spagna) e Serena Sinigaglia ha diretto il testo di Neumann (Germania). Registi e drammaturghi hanno selezionato il 7 giugno (un giorno prima dello spettacolo) 25 attori fra gli aspiranti che via mail si erano candidati per partecipare al gioco. Infine i centri di cultura di Austria, Germania, Spagna, Francia e Repubblica Ceca con sede a Milano hanno contribuito alla riuscita dell’esperimento con i loro traduttori.

Per 24 ore 5 squadre composte ognuna da un drammaturgo, un traduttore, un regista e 5 attori hanno lavorato ciascuna alla creazione e messa in scena di un testo che trae spunto da una delle 5 notizie di attualità. Il risultato finale di questa lotta contro il tempo non è la pagina di un quotidiano, ma uno spettacolo composto da 5 azioni di 10 minuti ciascuna, che si succedono rapidamente sul palcoscenico, senza cambio scena o di luci, intervallate dalla stessa traccia musicale. La scelta del registro stilistico comico è comune alle 5 regie passando per le varianti caricaturale, grottesca, iperbolica, sfacciatamente satirica o delicatamente ironica. E il pubblico ride, tanto, spesso, di quei segni maledetti che continuano a connotare il concetto di italianità. E così per la Germania siamo pigri e indolenti, pronti ad invocare l’aiuto divino per risolvere ogni sorta di problema, dal cancro al ritardo del bus che ci riporta a casa. Per l’Austria siamo dei truffatori loquaci e sempre sorridenti, che trattano i turisti come trogloditi facoltosi a cui estorcere denero. Per la Spagna siamo disorientati, romantici ed ingenui, assolutamente ignoranti non solo in fatto di gps ma anche delle più elementari nozioni di geografia; in scena qui compare un ukulele (forse in mancanza di mandolino tra gli oggetti di scena) e un pescatore in fin di vita fino a un momento prima si mette a cantare una struggente canzone in dialetto siciliano. Per la Francia siamo xenofobi cospiratori, ammalati di wellness, con il cervello lobotomizzato da ossessioni sessuali (e qui si ripresenta l’allusione al vezzeggiativo “papi” di una cronaca ormai vetusta), dall’alcol, forse da qualche pasticca. Per la Repubblica Ceca per fortuna vale ancora l’intramontabile equazione Italiani-pizza-spaghetti aggiornata alla variante televisiva di un talent show per aspiranti chef.

Cosa è venuto fuori? Bah nulla che in realtà non si potesse dare a priori, ovvero l’importanza di un po’ di esperienza e brio sia fra gli attori che nella regia in una dinamica quasi di improvvisazione, la maggior presa in queste prove di short theatre del registro satirico, la difficoltà di creare testi sofisticati da calare velocemente su attori diversi e da amalgamare in mezza giornata in una salsa che in un paio di esperimenti è stata vicina all’impazzimento. Ecco dunque che dove i drammaturghi hanno lasciato alla regia uno spazio coerente, senza voler dominare con la parola e il narrato, lì le regie hanno potuto portare a casa momenti di pratica teatrale più godibile (segnaliamo l’inno italiano mimato dai cuochi dei dieci minuti della Giordano, o  la sauna di macchiette messa in piedi da Bronzino, cui è invero anche capitato il cast attorale di maggior esperienza). La Senigaglia si è visibilmente divertita con i suoi attori e con il testo, forse restituendo lo spirito ludico del tutto. Evocativo il finale di Sicca anche se un po’ staccato dal resto. Più faticosa la quadra sul testo austriaco, ma forse è mancato il tempo giusto per lavorare su una micro-drammaturgia che pure aveva qualche spunto interessante.

Si deve in ogni modo porre al centro del tutto il piacere dell’invenzione, del gioco, del non doversi attendere un risultato che non fosse prima di tutto il piacere di un blind date, di un consumo veloce, da bancone, il gusto appunto di annusarsi e di confrontarsi col pubblico.

Quando il sipario si chiude come l’enorme bocca di una balena nera, fagocitando al suo interno le 45 persone che stanno raccogliendo felici un lungo applauso, mentre Fornasari (forse sempre troppo preoccupato dal pensiero dello spettatore annoiato, ma qui visibilmente gasato e in pieno stile MC) invita il pubblico alla festa finale, viene da pensare a quell’abisso di pregiudizio su quello che siamo come sistema nazione e che ci è stato spalancato davanti agli occhi, con crudele, spietata innocenza. Incrocio gli sguardi sorridenti e soddisfatti del pubblico che lascia la sala.
I più criticoncelli si guardano interrogativi, come se in una mezza giornata, mettendo assieme spiriti e culture diverse, si potesse fare molto di più che una cosa leggera in allegria, con un gioco intrigante.
E’ il classico caso in cui occorre consapevolezza di quello cui con ogni probabilità si assisterà: brevi testi scritti in poche ore, portati in scena in mezza giornata da registi che non conoscono se non lì per lì gli attori con cui lavoreranno e le drammaturgie che dovranno portare in scena. Il tutto senza nemmeno poter giocare sull’impulso dell’improvvisazione pura.
Di solito ne viene fuori all’85-90%… e per il restante 10-15%…
E anche in questo caso ci pare di poter dire che la distribuzione statistica sia stata coerente con le premesse.