L’interno della casa-archivio di Leonardi @ Archivio Architetto Cesare Leonardi

MATTEO BRIGHENTI | “Entrate, entrate pure. Cesare è a letto, ma siamo vivi”. Cesare è Cesare Leonardi, architetto, fotografo, designer, scultore e pittore modenese. Ci troviamo nel giardino della sua casa-archivio, tana, rifugio creativo in Viale Emilio Po 134, Modena Ovest, Villaggio Artigiano. Inquieti e indecisi su come varcare la soglia, se con passo da museo, da visita guidata nel passato, oppure con piglio vitale, da (ri)scoperta attiva del presente. La moglie di Leonardi, Donata, con quella battuta fulminante scioglie ogni dubbio e in più ci consegna l’essenza del perché siamo qui, il festival Periferico organizzato dal Collettivo Amigdala (26-28 maggio): ascoltare il sapere e il saper fare per ricostruire la narrazione di un territorio e riappropriarci della sua identità.
Nessuno è in grado di realizzare la poltrona Nastro nei primi Sessanta, nessuno eccetto un artigiano del Villaggio modenese, che ha l’idea di usare la vetroresina per quell’unico elemento continuo che, modellato, diventa sedile, schienale e braccioli. L’ottimizzazione delle prestazioni del materiale, unita alla sintesi tra struttura e forma, diventano la caratteristica fondamentale del design di Leonardi: negli anni successivi progetta il famoso Dondolo, che oggi appartiene alle collezioni permanenti del ‘MoMa’ di New York, del ‘Centre Georges Pompidou’ di Parigi, del ‘Victoria and Albert Museum’ di Londra e del ‘Kunstgewerbemuseum’ di Berlino.

Foto di Mario Carlini

Allora, quella che Periferico attraversa, traccia, disegna, è una mappa dell’ingegno del Villaggio Artigiano, ‘Alto, fragile, urgente’ per citare il titolo di questa IX edizione, una “geografia produttiva” la chiama su PAC Tania Bedogni nell’introduzione al video reportage di Renzo Francabandera. L’ex falegnameria in Via Nicolò Biondo 86, #OvestLab, è il tronco da cui si dirama un’esperienza multidisciplinare di teatro, danza, arti visive, musica e architettura.
Dopo 8 edizioni di ‘nomadismo’ progettuale a Modena, tra aree degradate e spazi pubblici poco utilizzati, inusuali o sorprendenti, scelti annualmente con un lungo lavoro di ricerca, incontri, sopralluoghi, Amigdala e Periferico hanno preso residenza a #OvestLab. Ci resteranno per i prossimi tre anni, dando vita, insieme all’Archivio Architetto Cesare Leonardi, a un ‘community hub’ per la rigenerazione del Villaggio Artigiano.
Dare valore al rischio, all’imprevisto, è la spinta che muove Amigdala nel solco di un progetto di avanguardisti, un’impresa di coraggiosi, da valutare non con il “senno del poi”, ma con la “dissennatezza del prima”, dice Claudio Calvaresi, l’urbanista che ha introdotto termine e pratica dei ‘community hub’ in Italia. Così, #OvestLab diventerà un centro di connessione di competenze in cui si alterneranno sperimentazioni nei campi dell’arte, della progettualità e dell’economia della condivisione.
Riattivare, riqualificare, rigenerare spazi significa riacciuffarne la storia perduta, riannodare legami di cittadinanza, di innovazione e inclusione sociale. In pratica un welfare aggiuntivo: accessibilità e memoria storica in continuo dialogo tra pubblico e privato.

A Periferico si è autorizzati a entrare ovunque. Non ci sono muri, solo porte, tuttalpiù cancelli. Come quello che attraversano le Adiacenze di Isabella Bordoni.

La Fonderia Ponzoni @ Matteo Brighenti

La performance itinerante è un viaggio nella Fonderia Ponzoni, Via Cesare Della Chiesa 11/13, le voci registrate di 6 abitanti lavoratori o ex lavoratori del Villaggio (Angelo e la moglie Anna, Vittorio, Marco, Cinzia Ponzoni, Paolo Credi dell’Archivio Leonardi) ricordano, commentano, sperano, e sembra che a parlare sia la ghisa, i libri contabili, l’orologio a muro, cioè il lavoro. La Storia qui non lascia rovine, ma detriti, ruggine, polvere: non siamo dentro un padiglione di una Biennale d’Arte, ma a contatto con un’indagine etnografica su tradizioni, cultura, fonti d’archivio.
Dall’azienda ritorniamo sui nostri passi fino alla massicciata che taglia in due il Villaggio Artigiano. Ci passavano i treni Modena-Milano, adesso sono rimaste solo le impronte lasciate dai binari e i sassi che ne portavano il peso, una lingua di sassi per una strada da cui nessuno parte né ritorna. Un fiume essiccato in cui ci si può bagnare due volte. Il sogno di Cesare Leonardi è di farne un giorno un bosco.
Due tavoli raccolgono mappe catastali, disegni, progetti, mentre la voce registrata della stessa Bordoni su un suo testo, Fortuna, è una Ofelia che ci porta con sé nei suoi flutti narrativi e poetici, intrecciando piani e sfasature temporali. Andiamo giù, fermi, ci guardiamo e non ci pare di cadere, ma sta succedendo. “La notte porta verbi al plurale e al futuro”, scandisce. La contemporaneità è una ripetuta e ostinata presenza a se stessi.

Tutto è arte se sai come guardarlo e fa tanto riflettere quanto ridere. Seguendo il filo rosso dell’immaginazione applicata al ‘ready-made’, il collettivo internazionale LJIUD ha ricavato nel Villaggio Artigiano Streetwalker, una galleria a cielo aperto di segnali stradali, crepe, viste sorprendenti. Quindi, i ragni sono artisti del ricamo e la cacca di cane è una Merda d’artista di gran lunga più democratica. L’arte è usare l’ordinario in maniera straordinaria.

Streetwalker @ Mario Carlini

Alla fine del percorso, chi vuole può trasformarsi in curatore e immaginare la scheda di una nuova opera incontrata per strada. Noi abbiamo trovato un calzino al lato di un marciapiede e l’abbiamo intitolato Passi spaiati del ‘noto’ Giovanni De Pedis. Il concept, l’idea alla base del lavoro è che l’artista è sempre in cammino e per questo si perde: dalla prima lavatrice in poi il mondo, per De Pedis, non è stato più lo stesso.

Dunque, Periferico è un festival pienamente calzante quando si fa drammaturgia vivente della relazione tra ambiente e territorio, dal particolare al generale. Quando, in un certo senso, rimette i binari al loro posto sulla massicciata, e con essi le storie, le vite, le speranze degli abitanti del Villaggio Artigiano.
I canonici spettacoli al chiuso con il pubblico a sedere, siano essi Abbondanza/Bertoni con la ‘pazza gioia’ in danza de Le fumatrici di pecore, OHT con l’anodino sperimentalismo di JA, versione site-specific di Squares do not (normally) appear in nature, oppure Muta Imago con il videolibro Bartleby, appartengono ad altro e ad altri. Chiamati a interrogarsi su quale sia il posto dell’arte in un quartiere votato alla produzione artigianale e industriale, appaiono invece come stranieri senza alcuna relazione con il Villaggio, quasi una comunità paracadutata, un universo chiuso e incomunicante.

La disobbedienza dell’acqua @ Mario Carlini

Ecco: hanno portato le loro risposte ‘fatte in casa’, mentre il senso di Periferico ci pare quello di farsi nuove domande, entrando nelle case degli altri. Con La disobbedienza dell’acqua lo stesso Collettivo Amigdala è andato oltre, ne ha esplorato l’attività onirica notturna.
Al piano terra dell’ex officina Cavallini Radiatori, Viale Emilio Po 28/32, due schermi rimandano un video sensoriale con protagonista Silvia Pasello, immagini acquatiche in cui tutto cambia ininterrottamente. Al piano superiore quell’acqua bagna 100 sogni in altrettanti messaggi in bottiglia. È acqua passata, che ritorna in filari di vetro. Imbuti alle pareti terminano con degli auricolari per ascoltarne il vorticoso gorgoglio.
I luoghi sono voci abbandonate al mare del tempo. I muri parlano, Periferico è qui per ascoltare.

 

La disobbedienza dell’acqua
un progetto di Collettivo Amigdala
testi Gabriele Dalla Barba

e con i racconti dei sognatori che hanno partecipato
con la voce di Silvia Pasello
musiche originali e drammaturgia sonora Meike Clarelli
immagini Sara Garagnani
video Fabio Fiandrini
cura Federica Rocchi
uso temporaneo spazio Silvia Tagliazucchi
organizzazione e amministrazione Frida De Vreese