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Museum of Nonhumanity

MARTINA VULLO | Chi è stato a Santarcangelo quest’anno con ogni probabilità si è misurato col concetto di confine. La parola, proiettata insieme al suo significato, su uno sfondo rosso, in uno dei pannelli del Museum of Nonhumanity – mostra temporanea in cui Terike Haapoja e Laura Gustafsson hanno immaginato di tracciare la storia delle discriminazioni in un’ideale epoca scevra da ogni supremazia umana – è ritornata in più occasioni, come un leitmotiv, nel corso del famoso festival.
Si è ragionato di confini di identità, nell’osservare il sirenetto Merman Blix che nella piscina comunale ha tenuto corsi di nuoto con coda da sirena, di confini di genere, di fronte ai personaggi androgini delle Uber Raffiche dei Motus e ci si è resi conto dei propri confini nella relazione con l’altro, prendendo parte alla performance Goodnight peeping Tom di Chiara Bersani.

 

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Claudia Marsicano in R.osa

Si è trattato di confini che hanno permesso di riflettere sulla necessità di superarli – come ha invitato a fare la danza di Claudia Marsicano, bellissima e armoniosa nella sua imponente fisicità, con la performance R.osa di Silvia Gribaudi – o sull’importanza di demarcarli meglio – penso in particolare a Spirit di Mara Oscar Cassiani, restituito nei commenti di molti spettatori come qualcosa di più simile ad un dj set artistico, che non a uno spettacolo di danza quale era stato presentato – o ancora, in altri casi, di accettare l’inevitabilità del doverci fare i conti.
È quest’ultima la prospettiva attraverso cui la performer finno-egiziana Samira Elagoz con Cock Cock… Who’s There? ha guardato alle differenze dei pericoli a cui si espongono i due generi nel vivere liberamente la propria sessualità.
La performance ibrida fra documentario, racconto/testimonianza e spettacolo dal vivo si pone come il risultato di un esperimento/indagine sociale su intimità e violenza nei rapporti uomo-donna: facendo uso di diverse piattaforme online come primo strumento di contatto, la Elagoz si è confrontata coi desideri di svariati soggetti, poi incontrati in presenza di una videocamera.
additional2La ragione dichiarata di questo gioco-indagine, ad un anno dallo stupro subito da parte dell’ex ragazzo, è per la performer la ricerca di un riscatto nella relazione con l’altro.
Sul grande schermo, nella profondità del palco, forme psichedeliche in mutamento richiamano genitali maschili e femminili. Segue la gag comica di un pene personificato che si autoesalta e ancora l’entrata dell’artista sulla scena.
In abiti casual e capelli legati, con parlata inglese e soprattitoli italiani, la giovane donna introduce la propria esperienza. Il racconto è alternato a videoregistrazioni di parenti e amici che hanno accompagnato il suo percorso. Eppure, malgrado l’estrema intimità della tematica e la familiarità generata dalla sua immagine, che attraverso numerosi selfie nelle pose più sensuali, ci si impone narcisisticamente agli occhi, il tono utilizzato resta asettico e distante.
Come in un documentario sul mondo animale, gli esemplari incontrati dall’artista compaiono montati l’uno accanto l’altro. La varietà è decisamente ampia e alcuni di questi, inquietanti, esaltati, contraddittori, sembrano i protagonisti di una fiera dei fenomeni.
Significativo e pungente il momento in cui la Elagoz, ricordando una mostra fotografica a cui ha assistito, confronta i rischi – quasi nulli – corsi dal fotografo che ha dichiaratamente avuto rapporti con buona parte delle modelle immortalate, con quelli a cui lei, in quanto donna, si è esposta con i propri esperimenti.cock
A differenziare la performance da un semplice lungometraggio contribuisce, oltre alla voce dal vivo dell’artista, una ricostruzione operata sul palco della denuncia di un secondo stupro (quanto di vero ci sia nella storia non è dato saperlo e in fondo non è molto importante), ma se la viva presenza della performer non aggiunge molto a ciò che avrebbe comunicato autonomamente il filmato, lo spettacolo, con il suo ritmo, riesce a tenere perennemente accesa l’attenzione del pubblico.
Cock Cock… Who’s There? di Samira Elagoz si è inserito bene all’interno di questa quarantasettesima edizione di festival che ha aperto un varco verso il superamento di pregiudizi e confini, ancora oggi, piaghe sociali significative.

Duole dover parlare di confini anche a proposito del dopo-festival, in relazione alle gravi manovre di certi soggetti politici incapaci o non interessati ad accogliere la ricchezza intellettuale di questo evento culturale (rimandiamo, per maggiori informazioni, al comunicato di risposta della direttrice artistica Eva Neklyaeva e della co-curatrice Lisa Gilardino, alle interrogazioni parlamentari e regionali in relazione al Festival, fatte dal leghista Massimiliano Fedriga), violando i confini della libertà dalla censura propria dell’arte.

Cock, Cock.. Who’s There?
con Samira Elagaz, Ayumim Matsuda, Tashi Iwaoka
regia, riprese, montaggio Samira Elagoz
assistenza Jeanette Groenendaal, Bruno Listopad, Richard Sand
revisione suono David Krooshof
con il supporto di The Finnish Cultural Foundation, Bloom Award e SNDO
Visto Venerdì 14 Luglio presso l’ITC Molari di Santarcangelo