FRANCO ACQUAVIVA | In occasione dell’avvio della stagione di teatro diffuso Agorà, entro gli otto comuni dell’Unione Reno Galliera dell’area metropolitana di Bologna, abbiamo rivolto alcune domande alla direttrice artistica Elena Di Gioia.
La stagione è promossa dalla Unione Reno Galliera, realizzata con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e prodotta dall’Associazione culturale Liberty.
Oltre 50 appuntamenti, spettacoli, prime assolute, produzioni, laboratori e incontri con i più grandi nomi della scena contemporanea.

Perché un teatro diffuso su tutta la provincia? Come nasce quest’idea?
L’idea di Agorà nasce dalla riflessione sulla necessità di agire un nuovo rapporto tra artisti e comunità attraverso una stagione teatrale, di comporre una “piazza del teatro” che, con gli artisti al centro, possa rilanciare nuove forme di relazione, avvicinamento e coinvolgimento dei cittadini, lavorando sul pubblico e specialmente, sull’attuale non pubblico.15102017-IM5D7612
Agorà si compone di spettacoli e di progetti speciali che si radicano nelle comunità, come lenti di approfondimento e coinvolgimento di diversi soggetti (associazioni, operatori culturali del territorio, cittadini) all’interno di un progetto artistico.
A monte si colloca la volontà della Unione Reno Galliera – unione di otto comuni nella area metropolitana di Bologna – di creare una stagione teatrale allargata per incentivare forme di mobilità culturale dei cittadini e per rilanciare il rapporto tra Teatro e cittadini.
Tra gli elementi innovativi di Agorà che sto sperimentando c’è il considerare l’edificio teatrale di una stagione come composto dalle sale teatrali, ma anche dalle biblioteche, musei, scuole, spazi culturali e sociali che ospitano spettacoli, incontri, laboratori, creazioni e progetti speciali e che compongono il cartellone di Agorà.
Una piazza, appunto, con artisti e cittadini al centro.

Qual è la differenza tra un pubblico cittadino, quale può essere quello bolognese, e un pubblico che si potrebbe definire più di provincia rispetto al teatro contemporaneo? O non vi è nessuna differenza?
Nel contesto specifico in cui opero c’è una differenza che risiede nella stratificazione dei discorsi e delle iniziative sul contemporaneo che si sono storicamente sviluppati su più ambiti (non solo quello teatrale) in una città come Bologna. 06102017-06102017-IM5D7069-2La sfida per me risiede nel costruire, intorno alla visione di Agorà e degli artisti invitati, una comunità: intermittente, allargata, polifonica, diffusa che possa ricreare centralità. Il tema provincia /città per me esiste nei termini di ricreare nuove centralità nel rapporto artisti della scena contemporanea e cittadini.
E questo tema vale anche per Bologna.

Come state lavorando sul pubblico nei diversi comuni dove farete gli spettacoli?
Il lavoro sul pubblico e sul non ancora pubblico si articola in più azioni e ‘dediche’. Al centro ci sono gli artisti, tra spettacoli e nuove creazioni, incontri e laboratori.
Nel processo di condivisione con gli artisti e di sguardo verso il pubblico e i cittadini, i luoghi hanno una responsabilità molto importante: il procedere per luoghi fuori dal teatro coinvolgendo biblioteche, luoghi inediti e da riscoprire crea una relazione importante tra opera e contesto, accende nuove curiosità e avvicinamenti nei cittadini su luoghi inediti o da riscoprire (da magazzini di antiquariato a quadrerie o ville che si aprono) e crea intersezioni e trasversalità tra ambiti differenti. “Andare per luoghi” significa non tanto e non solo ospitare e allestire spettacoli in luoghi extra teatrali, ma significa, in maniera dedicata, comporre collaborazioni e condivisioni, nelle biblioteche con i gruppi di lettura per esempio e sul territorio coinvolgendo gruppi teatrali amatoriali, associazioni e operatori intorno agli artisti. Ci sono poi progetti speciali di creazione tra artisti e cittadini frutto di laboratori e processi creativi. Inoltre Agorà propone incontri e laboratori teatrali e di drammaturgia rivolgendosi anche a coloro che non hanno particolari esperienze precedenti. Le occasioni di incontro, relazione e lavoro ravvicinato con gli artisti compongono un desiderio di partecipazione su cui stiamo lavorando.

06102017-06102017-IM5D7083-2Perché il riferimento a Roversi? In che modo il poeta Roversi entra nella ideazione, nel pensiero insomma della stagione?
Il primo anno ho proposto di dedicare la stagione al grande poeta Roberto Roversi che aveva origini di Pieve di Cento (uno dei comuni di Agorà). Anche l’immagine che ci accompagna è un disegno di Roberto Roversi. Con un suo scritto del 1982 abbiamo iniziato l’avventura di Agorà.

“Comincio da quando trovai in una libreria di Stoccarda un libretto del Settecento sulla cui antiporta era stampata questa epigrafe:
IO APPLAUDO.
E IO FISCHIO.
Sono certo che indicasse la straordinaria libertà di cui gode il teatro. Di cui deve godere il teatro.
Che il teatro deve esigere. Infatti non c’è luogo in terra dove la libertà reale alberghi con più vigore e con più rigore, non difendendosi dal mondo ma incalzandolo col suo ritmo tremendo (quando c’è)… Il palcoscenico è proprio questo campo di mischie feroci, di verità terribili, di sfrenate fantasie, di sorprendenti viltà. È però il solo posto in cui, in ogni caso, non si può barare.
Dato che tutti ti guardano con gli occhi negli occhi”.

Roberto Roversi ci accompagna nel pensiero e nella tenacia di Agorà.
Lui, un “maestro dell’ombra”, con la sua parola vertiginosa che ha preferito il ciclostile al mercato editoriale, ci ricorda di prestare ascolto ai poeti, agli artisti, a quanto la parola può pungere e aprire nuove visioni, a fare spazio alla parola e al metterla al centro delle nostre visioni e delle nostre ‘piazze’.

 

FOTO di Paolo Cortesi, dello spettacolo di inaugurazione di Agorà, “Sul tetto del mondo” del Teatro delle Ariette e foto di “Genius Loci Cabaret” di Menoventi, nell’ambito del Progetto 110 Casa del popolo di Castello d’Argile.