SILVIA FERRARI  E RENZO FRANCABANDERA | SF: Chi non conserva nella propria memoria corporea la sensazione infantile del canciculo? Quella giostra roteante di seggiolini volanti e noi bambini speranzosi e un po’ nauseati, tesi a recuperare la coda per poter vincere un altro giro gratuito?
Il titolo dell’ultimo spettacolo di Babilonia Teatri è una madeleine proustiana dal sapore d’infanzia: Calcinculo, appunto, un lavoro coprodotto da Babilonia, La Piccionaia e Opera Estate Festival, e andato in scena in debutto nazionale, dopo l’anteprima a Castrovillari, a Bassano Del Grappa all’interno di B-Motion. La sensazione dello spettatore alla fine dello spettacolo non è molto lontana dal quel girotondo di emozioni duplici che ci attraversavano nei luna park e nelle sagre di paese: divertimento e fastidio, euforia e inquietudine, capogiro e noia.

RF: Tu lo hai visto a Bassano, io a Castrovillari. Ed effettivamente è una girandola da cui si esce sicuramente non indifferenti. Perchè è un pastiche quantomeno originale, che cerca per la prima volta di dare al canone della lingua “babilonese” della loro grammatica spettacolare, una nuova declinazione. Non un cambio radicale per il duo veronese, quindi, ma certamente una variazione del canone piuttosto ardita, che apre la porta ad un rapporto con il pop, la vista pornografica, il blob comunicazionale del contemporaneo una lettura ulteriore. Sono elementi che in nuce erano già presenti nei loro lavori passati ma che qui si distaccano per fare comunque un salto verso qualcosa che ancora non riusciamo ad intuire ma di cui si abbozza la forma. Troppo pieno, troppo vuoto, non so dirlo, ma è una minestra che comunque non si assaggia spesso in giro.

SF: Si potrebbe dire, in effetti, che la duplicità di sentire sia l’elemento che attraversa questo spettacolo e che ne delinea il ritmo. A partire dal doppio che ontologicamente appartiene ai Babilonia (Enrico Castellani e Valeria Raimondi e la loro alternanza continua di voci), “Calcinculo” si costruisce attraverso l’altalena di parole parlate e cantate, di pop e rock, di leggerezza e lucidità di analisi. È un doppio che attraversa lo spettatore perché è un doppio che si materializza fisicamente sul palco. Lo strumento di narrazione è fluido, leggero, pop, si nutre della voce di Valeria, delle musiche, un po’ indie, un po’ pop, di Lorenzo Spada, dell’apparente riconoscibile superficialità dei monologhi di Enrico Castellani, che si fa cittadino ossessionato dalla sicurezza, teatrante estremista attratto dall’Isis, presentatore di una sfilata di bellezza canina.

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A questo impatto di superficie e forma, che ha il merito di invischiare lo spettatore, corrisponde però un’altrettanto viscosa densità di analisi dell’oggi, una lucidità tagliente, un lessico asciutto che, come la scenografia, composta da svolazzanti bandiere della Serenissima e estintori, rende essenziale lo sguardo dello spettatore. È davvero la cifra stilistica di questa compagnia, ma ora più che mai il gioco si fa efficace e il carosello trascina gli spettatori in un vortice di giri e raggiri, li scuote, frullandoli con le dinamiche umane della paura, dell’indifferenza, della solitudine, della depressione. E proprio quando quel frantumarsi umano si fa inevitabile e visibile, gli spettatori vengono attraversati da una una finta leggerezza che si fa risata, ma che è risata amara e un po’ stolta.

RF: E’ quello che ho pensato anche io. E’ tutto fastidiosissimo, eppure in questa pornografica fiera dell’obbrobrio, capire quale sia l’orrore maggiore è difficilissimo. Perchè il tutto è giocato a filo sul concetto di bello nell’orripilante estetica sociale piccolo borghese. I cani da sfilata con il pelo cotonato manco fossero Cher, identici ai loro padroni, entusiasti di una ribalta inaspettata. E il pubblico è lì a guardare la parata bestiale, con quello sfondo di estintori che ricorda un po’ The Wall dei Pink Floyd, e quell’orrore che prelude alla dittatura ma che arriva così, dolcemente, nei panni di un collie o di un fox terrier e del suo padrone, mentre il vicino di casa in bomber fosforescente fa proclami nazi dal suo giardinetto, che diventa poi quartiere, paese, città, nazione, continente.

SF: È una realtà sbriciolata quella raccontata dai Babilonia, la realtà di un oggi senza appartenenza (o con una falsa eccessiva appartenenza), di muri e nevrosi. Una realtà non più misurabile, come recita l’ultimo verso dello spettacolo (“mi serve un metro per misurare la realtà, sono rimasto senza unità”), cantato dalle voci del coro degli alpini che, nella loro profonda unità estetica e di sentire, rendono ancora più surreale quella perdita totale di compattezza. Calcinculo diventa, nel suo ritmo vorticoso, una cantilena rassicurante e inquietante, un viaggio fluido e sotterraneo attraverso leoni di San Marco che potrebbero volare via, e code da prendere per non smettere di giocare.

RF: Il lancio a pioggia sul pubblico di ticket di plastica con la scritta calcinculo, di quelli fosforescenti che danno al luna park, è proprio questo: “Toh, fatti un altro giro”. Uno spettacolo che ha dentro un pessimismo comico più che cosmico, una dichiarazione di resa crudele ma a schiena dritta, e che arriva persino a qualche inspiegabile forma di mostruosa bellezza, qui e là. Come la parata dei cani, appunto. Bella e agghiacciante. Una denuncia per atti osceni davanti al pubblico, ammesso che il pubblico non sia parimenti in concorso di colpa.
“Giù il gettone…Si va!”

 

CALCINCULO

di e con Enrico Castellani e Valeria Raimondi
e con  Luca Scotton
musiche Lorenzo Scuda
fonico Luca Scapellato
direzione di scena Luca Scotton
produzione Babilonia Teatri, La Piccionaia
coproduzione Operaestate Festival Veneto
scene Babilonia Teatri
produzione 2018
si ringraziano il Coro Ana Valli Grandi e
Cuore Husky rescue

Visto il 30 agosto 2018 al Teatro Remondini di Bassano Del Grappa (VI) per Opera Estate Festival