LAURA NOVELLI | Un cartello ben visibile sul proscenio annuncia con perentoria evidenza cosa ci accingiamo a vedere: BALLETTO. Uno ad uno,  i venti performer del cast entrano dal lato sinistro del palcoscenico (siamo al teatro Argentina di Roma), si esibiscono in un breve a solo di danza classica al centro della scena ed escono con disinvolta baldanza dal lato destro. Indossano calzettoni ai piedi, pantacollant, magliette e camicie dai colori sgargianti. I loro corpi sono corpi comuni, imperfetti, giovani, vecchi, magri, abbondanti, in alcuni casi malati. Eppure l’energia che promanano ‘ballando’ ce li restituisce prodighi di una bellezza composta e assorta che li rende inevitabilmente comunicativi. Solo pochi di loro sono ballerini professionisti; il grosso della compagnia è formato da dilettanti, da danzatori “amatoriali” selezionati nella capitale appositamente per le due date romane dell’attesissimo Gala del coreografo francese Jêrome Bel, proposto da Short Theatre in collaborazione con la rassegna La Francia in Scena dell’Institut Français e il progetto Grandi Pianure del Teatro di Roma.

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Il lavoro è nato a Parigi  nel 2015, ha debuttato al Brussels KunstenFestivaldesArts e in tre anni di vita ha girato più di settanta città, adattandosi a luoghi di ogni tipo: da sale all’italiana a spazi all’aperto, da  teatri istituzionali a strutture piccole, malmesse e quasi evanescenti. In tutte queste cornici architettoniche e/o naturali, le cui foto vengono proiettate a mo’ di prologo, Bel ha ricostruito lo spettacolo lavorando su un materiale umano ogni volta diverso, ogni volta reclutato in loco. Tanto che la pièce, realizzata dopo i successi di  Disabled Theater e Cour d’honneur, può essere considerata a tutti gli effetti un ‘modello’ di teatro partecipato dalle forti ricadute sociali. Un’operazione se vogliamo anche ‘furba’, un po’ commerciale,  non priva di qualche inevitabile rischio, ma senza dubbio interessante.

Azzerate le differenze tra chi balla per professione e chi lo fa per diletto, chi esibisce la propria normalità fisica e chi, invece, la propria disabilità, chi è disinvolto e chi impacciato, chi troppo alto e chi troppo basso, chi estremamente magro e chi sovrappeso, Bel sembrerebbe esaltare qui un’estetica basata soprattutto sulla libertà espressiva. E’ bello chi è libero. L’imperfezione della libertà si erge a canone di bellezza. Il ‘ bello e buono’ di greca memoria coincide con la gioia di esibirsi in scena. E con la consapevolezza di farlo con serietà, divertimento e profondo rispetto  per l’altro. Cadono, insomma, preconcetti, codici tradizionali, impalcature teoriche e filosofiche. A vantaggio di un’armonia collettiva di cui sono – e siamo – responsabili tutti: i danzatori esperti che si mescolano con umile coraggio agli altri, i danzatori dilettanti che accettano di esporsi al giudizio del pubblico, gli spettatori stessi, chiamati ad uscire dalle consuete gabbie interpretative. Tutti, in definitiva, possiamo ballare. Liberarci. Esibirci.

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Perché tutti abbiamo qualcosa da dire. E il variegato cast di questo Gala romano esprime davvero tante lingue emotive diverse, tante storie personali diverse: c’è un uomo anziano che luccica di paillettes, una sudamericana dal sorriso smagliante, una ragazzina bionda agile e saltellante, una cinese di mezza età dai capelli rossi (ben nota ristoratrice della capitale), una ginnasta capace di fare meraviglie con dei bastoni, una donna affetta da sindrome di Down che sculetta con ritmata vezzosità, un uomo in carrozzina che con le sue lunghe braccia muove l’aria a tempo di musica. In mezzo a loro, un’eterea danzatrice in tutù, due ballerini muscolosi avvezzi a piroette e salti nel vuoto.

Il lavoro funziona, malgrado vi si avverta una marcata tendenza a catturare il consenso del pubblico e a proporgli un format di chiara ascendenza televisiva, perché queste diverse individualità si incontrano proprio lì sul palcoscenico, e vibrano con la compattezza di un corpo unico. Plurale ma unico. Ma funziona soprattutto perché il coreografo/regista sceglie la strada dell’ironia intelligente e la percorre fino in fondo. Come dimostrano i successivi quadri della pièce: VALZER, MICHAEL JACKSON (uno dei momenti più brillanti), SOLO, INSIEME, INCHINO. Un crescendo di esibizioni solitarie, di coppia e di gruppo che attraversano la musica classica, rock, pop (immancabile la citazione canora del film Flashdance), techno, etnica e sanno  costruire un’empatia sempre più forte con gli spettatori.

Certamente, a tratti si avverte che il pietismo e la strumentalizzazione del ‘diverso’ possono essere in agguato. Ma per Bel il gioco vale la candela. Ex ballerino di danza contemporanea innamorato di Pina Bausch, l’artista francese (quando non gira il mondo vive a Parigi) si dedica alle contaminazioni tra danza e performance da molti anni. Con le dovute differenze e distanze, il suo linguaggio può essere accostato a certe declinazioni del lavoro di Virginio Sieni, del Teatro delle Albe, di Pippo Delbono, solo per citare qualche nome di casa nostra.  In  Disabled Theater (2012) ha fatto recitare l’ensemble del Theater HORA di Zurigo (compagnia formata da attori con disabilità mentale). In Cour d’honneur (Festival d’Avignone del 2013) ha portato in scena, nella suggestiva Corte d’Onore del Palais des Papes, persone comuni che raccontavano i loro ricordi legati a precedenti spettacoli visti in quello stesso luogo.

gala-de-jerome-bel-photo-herman-sorgeloosPer Jêrome Bel non esistono, insomma, quarte pareti o sipari. Finzione e realtà si mescolano in modo fluido, semplice. I suoi interpreti – e torno a Gala –  fanno i conti con la voglia e la capacità di credere nei loro movimenti incerti, bizzarri ma ‘veri’. E gli spettatori fanno i conti con un bisogno di ‘credulità’ strettamente connesso con il reale. Si tratta di un modo diverso di pensare l’arte. Di dare valore alla danza, riconducendola quasi al suo ruolo originario: essere un linguaggio del corpo capace di cementare quel senso di comunità, di appartenenza e di accoglienza che connota da millenni la convivenza umana.

Gala

ideazione Jérôme Bel
con Anastasia Cristini, Andrea Ginevra, Cecilia Borghese, Chiara Lupi, Ella David, Emiliano Argentero, Giacomo Curti, Gioele Fangano, Komara Djiba, Lucia Cammalleri, Lucia Lucidi, Luisa Merloni, Nedzad Husovic, Nicola Gentile, Nina Solfiti, Riccardo Festa, Riccardo Peyronel, Sergio Morgia, Patrizia Vosa, Zhou Fenxia (Sonia)
assistente Maxime Kurvers
assistenti per riallestimento locale Chiara Gallerani e Henrique Neves
eseguito da casting in corso
produzione R.B. Jérôme Bel (Paris)
coproduzione Dance Umbrella (London), TheaterWorks Singapore/72-13, KunstenFestivaldesArts (Brussels), Tanzquartier Wien, Nanterre-Amandiers Centre Dramatique National, Festival d’Automne à Paris, Theater Chur (Chur) e TAK Theater Liechtenstein (Schaan) – TanzPlan Ost, Fondazione La Biennale di Venezia, Théâtre de la Ville (Paris), HAU Hebbel am Ufer (Berlin), BIT Teatergarasjen (Bergen), La Commune Centre dramatique national d’Aubervilliers, Tanzhaus nrw (Düsseldorf), House on Fire con il sostegno di programma culturale di Unione Europea
con il sostegno di Centre National de la Danse (Pantin) and Ménagerie de Verre (Paris) nell’ambito di Studiolab per la fornitura degli spazi di prova
ringraziamenti i partner e i partecipanti di Ateliers dance et voix, NL Architects e Les rendez-vous d’ailleurs
R.B Jérôme Bel è supportato dalla Direzione regionale degli Affari Culturali dell’Ile-de-France,  Ministero della Cultura e della Comunicazione francese, dell’Istituto francese, Ministero degli Affari Esteri francese, per i suoi tour internazionali e ONDA – Ufficio Nazionale della Diffusione Artistica – per i suoi tour in Francia
R.B. Jérôme Bel
consulenza artistica e direzione esecutiva Rebecca Lee
direttore di produzione Sandro Grando
consulenza tecnica Gilles Gentner
foto di locandina José Frade
si ringrazia Balletto di Roma, Centro Sociale Anziani Testaccio, Progetto Civico Zero, DAF Dance Arts Faculty / Spellbound Contemporary Ballett

Roma, Teatro Argentina – 9 e 10 settembre 2018 – Short Theatre