RENZO FRANCABANDERA | Qualche giorno fa in un suo intrigante contributo su queste pagine, Elena Scolari raccontava di uno spettacolo costruito intorno al tema del rapporto padre figlio, e della difficoltà per le giovani generazioni di liberarsi dall’influenza di questa archetipica figura genitoriale. Il padre.
Come Italo Svevo ne La coscienza di Zeno.
Una figura che continua a schiaffeggiare anche post mortem.

Foto Luca Del Pia

Ma anche sottrarsi alla asfissiante covata materna non è scherzo da ragazzi. La figura materna non di rado è figura parentale dominante. La dimensione dell’accudimento che diventa attorcigliamento del cordone ombelicale mai reciso attorno al figlio che non va fatto scappare. Non esistono fidanzate, traferimenti, traslochi: mamma m’ammazza!

Siamo in sala a L’Arena del Sole a Bologna dove debutta la messa in scena di un testo Per il tuo bene, che ha dato già qualche non marginale soddisfazione al suo autore. Dal premio Riccione, prima di tutto, in Italia, ma anche in Francia, tradotto da Federica Martucci: è stato messo in scena al Theatre Ouvert di Parigi, che ha anche pubblicato il testo in lingua. E poi addirittura al Festival di Avignone, in apertura, nel programma “Forum des Nouvelles Écritures Dramatiques Européennes”. Sarà prodotto anche in Romania, a Bucarest. Insomma niente male questo proiettile. Ha già colpito molti bersagli.

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Ora il testo è in scena in Italia, prodotto da ERT, con la regia dell’autore stesso e la pubblicazione del testo nella collana editoriale sviluppata dalla nuova direzione della Fondazione. Giusto per restare un po’ in famiglia.
E giustamente perchè, come si diceva, la creazione si costruisce proprio attorno all’intreccio fra archetipi e luoghi comuni legati al vissuto familiare. Anche dentro la brochure si fa riferimento alla definizione etimologico lessicale del lemma famiglia.

Questo è, infatti, l’universo cui attinge Pier Lorenzo Pisano per la scrittura della sua drammaturgia. A popolare la vicenda ci sono due fratelli, la loro madre, e la madre di questa madre, ovvero la nonna. La narrazione principale trova come protagonista il figlio maggiore che, fin dalla prima e fortemente simbolica sequenza, si trova seduto sotto sua madre, che sembra fluttuargli sulla testa.

I due in questa prima sequenza si definiscono; definiscono le loro relazioni; definiscono la propria identità attraverso queste relazioni. Queste persone esistono perché esiste la famiglia, i suoi intrecci psicologici e di giochi di personalità.

Tutto ciò che è esterno prende vita con difficoltà morbosa, spesso di mancata accettazione. Il figlio maggiore che prova ad uscirne si barcamena tra mille difficoltà e, in un finale che ambisce al tragico pur senza mollare il filo rosso dell’ironia, prova molte volte ad uscire dalla tenaglia delle relazioni parentali, per poi ritrovarsi a ripartire sempre dallo stesso punto. Dalla famigghia non ze scappa!!

Foto Luca Del Pia

Il testo, ma anche la regia che in questo caso ha quasi il sapore dell’interpretazione autentica come si direbbe in giurisprudenza, essendo affidata all’autore stesso, gioca fra archetipi e luoghi comuni poggiando dapprima sulla armonizzazione ironica, per poi provare la virata su quella tragica.

Questa affiora progressivamente sia in ragione di un dramma familiare di cui si avverte l’incombenza e che bombarda i pensieri dei presenti squarciando i dialoghi e il silenzio con note spesse, improvvise e laceranti, e sia di un conseguente avvilupparsi delle relazioni informali e verso scenari di assenze e vuoti. Così, se nella prima parte sono tutti simbolicamente addosso l’uno all’altro, progressivamente si creano distanze, distacchi, momenti di dialogo senza risposte. Il casting efficace, porta in scena un gruppo di interpreti capaci di donare ai diversi personaggi il giusto spessore psicologico.

La madre/nonna è nel giro di una levata di gonna una impostata Laura Mazzi, in vigoroso contrasto con il “figlio stronzo” che riesce benissimo a Edoardo Sorgente, bilanciato drammaturgicamente dal “bravo figlio”, imbranato e mammone ma anche un po’ nerd affidato a Alessandro Bay Rossi con i suoi tentativi goffi di fidanzarsi con la ragazzina tosta, interpretata da Marina Occhionero. Più da commedia il personaggio di Marco Cacciola, totalmente interno alla tradizione commediografica italiana, figura necessaria di alleggerimento e white noise, che infatti evapora nella seconda parte, suonata su corde drammatiche.

Efficacissime alcune idee sceniche che riescono a dare all’affresco satirico di Pisano un particolare slancio, come alcune geniali trovate sui costumi, immaginati da Raffaella Toni, che portano in scena più personaggi di quanti siano gli attori. Belle le luci acide di Vincenzo Bonaffini ma anche le interessanti macchine sceniche in ferro realizzate da Gioacchino Gramolini e Marco Fieni all’interno della scenografia ben pensata da Giulia Carnevali.

Se la benzina ironica prende fuoco fin dai primi istanti della recita, non con uguale efficacia l’operazione riesce a svilupparsi nel passaggio verso la cifra drammatica. Questa minore incisività, a nostro avviso, già in parte nel testo, riverbera nella trasposizione scenica affidata alla stessa mano che ha scritto, e che forse non governa ancora con pari fermezza il caustico ironico e quello drammatico: il secondo non lievita compiutamente, lasciando la sensazione di un’operazione sicuramente gradevole e piena di belle intuizioni, che fa divertire, ma non portata fino in fondo per il suo potenziale. Avremmo voluto uscire di sala anche con un cazzotto in faccia, e invece, pur con il fisico poco atletico che ci ritroviamo, abbiamo schivato il colpo.

 

PER IL TUO BENE

testo e regia Pier Lorenzo Pisano
scene Giulia Carnevali
luci Vincenzo Bonaffini
costumi Raffaella Toni
musiche originali Mattia Persico
assistente alla regia Camilla Brison

con
Laura Mazzi – Madre/Nonna
Marco Cacciola – Zio/Sconosciuto
Edoardo Sorgente – Figlio
Alessandro Bay Rossi – Fratello
Marina Occhionero – Ragazza

direttore tecnico Robert John Resteghini
direttore di scena Marco Fieni
capo elettricista Vincenzo De Angelis
fonico Pietro Tirella
scene costruite nel Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
capo costruttore Gioacchino Gramolini
costruttori Marco Fieni (costruzioni in ferro), Sergio Puzzo, Riccardo Betti
scenografa decoratrice Lucia Bramati
grafica AMS LAB
foto di scena Luca Del Pia
Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Arca Azzurra Produzioni, Riccione Teatro
Testo vincitore del 12° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli”
Durata 1 ora e 15 minuti

Teatro Arena del Sole – Sala Thierry Salmon venerdì 1 febbraio