LEONARDO DELFANTI e ANGELA FORTI |

– Strano che la gente rimanga qui anche dopo che è finito lo spettacolo. Sembra che le persone non se ne vogliano andare.

È perché si sta bene, qui.

È un clima di serenità quello che abita il delizioso Teatro Ferrari di San Marcello alla fine dello spettacolo, quando Fabio Spadoni scende in platea per accogliere tutto il calore e l’affetto del pubblico. In programma a TESPI, Festival del teatro sociale lo studio de Il grande gioco, la regia di Simone Guerro che debutterà al festival Segnali il prossimo maggio. Pieno di tenerezza, è la storia di due fratelli, Fabio (Fabio Spadoni) ed Hector (Silvano Fiordelmondo) che si vogliono bene, di un amore attaccato dalla morte imminente, di una morte sconfitta con il gioco. Con un inatteso viaggio all’ospedale Hector scopre della malattia rara che lo costringerà presto ad abbandonare la scena. Superata la sua prima chiusura, una lista di desideri da realizzare insieme diventa la chiave che Fabio usa per sconfiggere la paura dell’addio.

Due sedie e un cono di luce abbracciano i due fratelli serenamente addormentati. La voce fuori campo di Fabio ci racconta il loro rapporto, stretto nella quotidianità del gioco e della risata, la cui cifra viene immediatamente dichiarata in scena dai piccoli affettuosi dispetti che si fanno l’un l’altro.

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Andare al mare in macchina, fare i cowboy, ballare in discoteca, non sono poi così distanti le mete per cui le sedie diventano, di volta in volta, sedili dell’automobile o del pedalò, abili destrieri. Con una mimica semplice ed essenziale i due attori costruiscono un mondo in cui la scenografia di Frediano Brandetti può permettersi di essere minimale. Gesti e sguardi precisi rispondono alle necessità ritmiche dei tempi comici;  riempiono lo spazio del loro dialogo, la cui componente verbale è soltanto sporadicamente espressa da Fabio, attore affetto da sindrome di Down che mai manca in chiarezza e ritmo. La regia sceglie, inoltre, un uso pervasivo e iconico della musica, che spazia da James Brown a Paolo Conte: essa è funzionale a sostenere il movimento descrittivo e risponde alla necessità ritmica del gioco d’attore.

L’ironia pervade tutti i momenti condivisi: essa scaturisce spontaneamente dal loro innocente prendersi in giro e dalla contrapposizione delle loro fisicità; alto e ingobbito Hector, basso e più goffo Fabio, i due corpi si compensano e rispondo in scena invitandoci a sbirciare nelle loro avventure.

La disabilità degli attori diviene dispositivo drammaturgico autonomo in un testo cucito addosso ai suoi interpreti, all’umanità che lo nutre. Essa svanisce di fronte alla disabilità umana dell’accettare la morte. La scelta dei due fratelli, carica di vita e di consapevolezza, scomoda il pubblico al punto da trascinarlo sul palco. La genuinità e comprensibilità delle scelte sceniche contribuiscono a creare un rapporto confidenziale e ricco di calore con gli spettatori. È un teatro che mette di mezzo, che viene a disturbare, ma che sa accompagnare con dolcezza al momento della separazione.

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In questa prima restituzione la scomparsa di Hector non è un’uscita ma avviene dentro la scena. A cadere è il fondale nero, e con esso la finzione del gioco. Hector dona al fratello il cappello prima di congedarsi dal fondo, mentre il telo torna ad alzarsi isolando Fabio al centro del palco. Il teatro ha momentaneamente smesso di essere teatro e diventa vita. L’unico modo che esso ha per tornare a essere sé stesso è eliminare ciò che è vita, ovvero la morte di Hector. Hector non esce di scena, è la scena a fagocitarlo: solo nella morte del teatro egli può, ora e sempre, continuare a vivere. Fabio ci guarda, ora, accanto alla sedia abitata dal cappello di Hector. “Desiderio più importante di tutti: fare uno spettacolo con mio fratello”.

 

IL GRANDE GIOCO [studio]

di Silvano Fiordelmondo, Simone Guerro e Francesco Niccolini
con Silvano Fiordelmondo e Fabio Spadoni
regia e scrittura scenica Simone Guerro
editor teatrale Francesco Niccolini
spazio scenico Frediano Brandetti

TESPI Festival di Teatro Sociale, San Marcello
1 febbraio 2019

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