56496301_2280300755523316_6817278185940451328_n.jpgRENZO FRANCABANDERA | Il loro modo di ricordarlo è stato Dècade è un percorso per gruppi di 30 spettatori  guidati attraverso un sistema di cuffie wireless.
Un intervento performativo del collettivo Circolo Bergman che ha attraversato le strade dell’Aquila nel decennale del terremoto del 6 Aprile 2009, attraversando la città ricostruita e quella ancora in rovina, la città-cantiere e la città-progetto.
Sviluppato attraverso una serie di interviste con residenti, professionisti, operai, e cresciuto con ripetuti sopralluoghi, Dècade ha proposto agli spettatori una deriva urbana che ha oscillato fra distopie e utopie, per ribadire che il futuro è uno spazio concreto che occorre tenere saldamente in mano nel presente: un grandissimo successo con 10 repliche in due giorni e un tutto esaurito per una comunità che ha evidentemente il drammatico bisogno di riprendere una narrazione di sé importante.
Il Collettivo ha accettato l’invito della compagnia Arti e Spettacolo (Giancarlo Gentilucci, Tiziana Irti, Paolo Porto, con la collaborazione di Romina Masi, Mattia Fonzi e Daniela Vespa), che gestisce lo spazio Nobelperlapace di San Demetrio ne’ Vestini e da anni documenta e racconta artisticamente quella che è stata la gestione del sisma.
La richiesta è stata quella di farsi stranieri, di raccontare la città con uno sguardo esterno nel momento in cui si decide molto di quello che sarà il suo futuro.

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Ne abbiamo parlato con Gentilucci.

Giancarlo, questo triste decennale è stata l’occasione per fare il punto non solo su quel che resta e quel che manca, ma anche forse su quel che serve per pensare ad un futuro possibile. Che indicazioni sono arrivate dall’arte a questo proposito?

In realtà il decennale rappresenta 10 anni di lavoro. Restano i rapporti costruiti con gli spettatori, mancano i rapporti con le Istituzioni affinché questo lavoro venga riconosciuto e sostenuto, non solo economicamente.
Un futuro possibile è quello che riusciremo a costruire con le nostre competenze e con i suggerimenti delle persone con le quali interagiamo in questi territori e con gli artisti che collaborano con noi.
L’arte ha come sempre riconfermato la sua priorità come strumento dell’uomo per riflettere sulla propria presenza, per comprendere la propria condizione, per elaborare il proprio vissuto e proiettarsi verso un possibile futuro che comprenda anche la bellezza.

Voi siete sul territorio da sempre, e siete rimasti, radicandovi se possibile ancor di più. In che modo lo fate, con che tipo di pratica artistica

Come degli artigiani viviamo quotidianamente la nostra bottega (teatro) e, attraverso il lavoro e l’incontro con artigiani a noi affini, riusciamo a praticare il nostro mestiere. Uno degli atteggiamenti che ci sono più consoni è quello di impegnare lo spettatore in modo tale che egli stesso venga sedotto dalla pratica artistica.

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Una delle forme che abbiamo adottato l’abbiamo definita “teatro cinematografico”. I nostri racconti appartengono all’oggi e ai temi che ci disorientano a causa spesso della cattiva informazione  (migrazioni, razzismo, cultura….). Per parlare di questi argomenti usiamo le tecniche della ripresa cinematografica e i luoghi (site specific) come elementi drammaturgici, presentandoli alle persone che li abitano in una nuova veste “scenografica”.

Si può andare oltre il mito del “teatro”? Cosa significa fare arte nel presente oggi in una comunità in cerca di identità?

Fare arte per ricercare un’identità comporta sicuramente un grande lavoro sulla memoria, sul “paesaggio” e sulle vocazioni del territorio, ma anche indagare i rapporti intergenerazionali attraverso l’analisi delle competenze sia degli anziani sia dei giovani per costruire nuovi legami tra gli anziani, i giovani e il luogo in cui essi vivono.
Tutto questo lavoro ci può sicuramente aiutare nella pratica del teatro che non può essere avulsa dal luogo in cui accade. Il teatro è una delle componenti e dei collanti di una comunità e cementa nuove relazioni.

Avete organizzato una serie di eventi, proposte artistiche, incontri. Che segno avete pensato di lasciare e cosa vi è tornato dai cittadini e dagli artisti che hanno partecipato?

Abbiamo curato molti allestimenti proposte artistiche e incontri e tutti hanno avuto un aspetto corale, quasi a rifarsi alle origini del teatro greco quando fu inserito il coro.
Nelle nostre produzioni abbiamo sempre indagato temi che appartenevano alla cronaca e all’attualità, commissionando nuove scritture. Nelle nostre produzioni hanno sempre convissuto artisti e abitanti.  Lasciare un segno è abbastanza presuntuoso e non so se l’abbiamo lasciato.
Ci è tornato molto: stima e affetto sia da parte degli artisti che degli abitanti, con i quali oramai ci sono rapporti di familiarità. 
Oltre questo lavoro sul territorio, negli anni abbiamo anche prodotto spettacoli e performance multidisciplinari che hanno attraversato teatri e musei, su temi che non riguardano le urgenze del nostro territorio.

56365824_2281003965452995_415184962266857472_nFra un po’ si spegneranno di nuovo le luci, i riflettori. Che state progettando per continuare? E tu che sogno hai?

Ora che si sono di nuovo spente le luci, sicuramente le riaccenderemo per il nostro decennale in luglio (9 luglio 2009/2019- inaugurazione dello Spazio Nobelperlapace).
Come tutti gli artigiani, continueremo ad aprire bottega tutti i giorni per produrre le nostre opere e per continuare a coltivare relazioni. Il mio sogno (non solo il mio ma di noi tre che lavoriamo per Arti e Spettacolo) è quello di essere sempre in grado di aprire la bottega tutti i giorni, nonostante la disattenzione istituzionale che ci contraddistingue e che, d’altra parte, ci rende indipendenti.

 

DÈCADE

Concept Paolo Giorgio, Marcello Gori, Sarah Chiarcos
Testi Circolo Bergman
Musica e suono Marcello Gori
Regia Paolo Giorgio
Produzione Arti e Spettacolo L’Aquila

Lo spettacolo è inserito nel programma del presidio Fatti di Memoria

1 COMMENT

  1. […] DÈCADE È UN PERCORSO NEL CENTRO STORICO, per gruppi di 40 spettatori che si muovono guidati da un sistema di cuffie wireless. Camminando in un universo sonoro di testi, suoni e suggestioni lo sguardo dei partecipanti inquadra la città ricostruita e quella ancora in rovina, la città-cantiere e la città-progetto. Nato da una serie di interviste con residenti, professionisti, operai, e da ripetuti sopralluoghi, lo spettacolo propone agli spettatori una deriva urbana che oscilla fra distopie e utopie, per ribadire che il futuro è uno spazio concreto che dobbiamo tenere saldamente in mano nel presente. […]