RENZO FRANCABANDERA | Peeping Tom è una realtà presente sulla scena europea da più di un decennio ormai. Ricordiamo il primo lavoro con cui vennero in Italia, a Torino: For rent, visto a Teatro a Corte nel 2012. Uno spettacolo bellissimo e inquietante, un sogno distopico di un appartamento in cui ben presto si materializzano gli incubi dell’ambiente domestico, infestato da presenze oniriche angoscianti.

In quel lavoro di cui rimettiamo un brevissimo estratto video, sono chiari i tributi che i due coreografi che hanno dato vita a questo sodalizio artistico, pagavano all’epoca al maestro Alain Platel alla cui scuola si erano formati. La musica, la lirica, il movimento sincopato e “spastico” degli interpreti, sospesi fra acrobazia e danza. Ma è presente anche una forse più potente e ambientalmente strutturata tensione alla drammaturgia non verbale, eredità di una scuola che, anche per le non rare citazioni, va riportata alla maestra Bausch.
Negli anni successivi la compagnia ha ribadito una cifra fatta di ricerca di ambientazione molto particolare, capace di indagare e dare vita a scenari psichici di grande suggestione.

Avevamo testimoniato per PAC, nell’edizione 2014 del Festival Aperto a Reggio Emilia, dedicato alle arti e allo spettacolo dal vivo, la prima nazionale di Vader cinque anni fa. Era il primo elemento di un trittico drammaturgico dedicato alla famiglia, a cui si accingevano Franck Chartier e Gabriela Carrizo. Nel caso di Vader la regia era di lui, mentre lei si era dedicata alla coreografia del successivo Moeder.
detail_kind____oleg_degtiarov__peeping_tom_5.jpgAdesso hanno curato insieme questa regia dedicata alla figura del figlio, che ha debuttato il 23 aprile 2018 al Théâtres de la Ville de Luxembourg. Un segno di attenzione nel comporre un quadro che certamente non nasce per rassicurare lo spettatore, e che ritorna sempre su immagini e pensieri inconsci.
La figura stessa del bambino è un archetipo di crudeltà a volte, e il passaggio dall’infanzia all’età adulta è sempre suscettibile di letture legate all’avvento della malizia, della maturazione sessuale. Se in Le Salon, nel 2004, si ritraeva la decadenza di un interno familiare con un bambino che passava di mano fra i genitori, nei loro voluttuosi abbracci, l’infanzia di Kind è in realtà già un po’ oltre, è quasi adolescenza, e rimanda istantaneamente alla figura di Alice.
E in fondo anche quello di Kind è un paese delle meraviglie, abitato da esseri assurdi, frutto di fantasie sfrenate, come un cervo con due gambe da donna, un lombrico gigante di tubo di metallo, animali bifronte che camminano all’indietro. Il tutto in un simpatico boschetto dove come prima scena, al ralenti, un masso gigante cade su alcuni operai schiacciandone uno.

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Live painting di Renzo Francabandera

La protagonista è la conturbante mezzo soprano Eurudike De Beul, figlia di Leo De Beul, il padre di Vader, con cui era in scena in quello spettacolo. Qui invece la cantante lirica si prende la scena, con la sua fisicità robusta letta dal duo Carrizo/Chartier in una dimensione di confine. Troppo grande lei per essere credibilmente una bambina e basta. Appare su di un triciclo ma sembra più uscita da Shining che da un racconto di bambini. I suoi vestiti sono cortissimi, le lasciano scoperta una corporeità già adulta, sebbene nulla mai realmente giochi sul tema dell’erotismo. Eppure sono diversi momenti in cui l’attributo sessuale rientrerà in qualche forma in gioco, sottilmente, nello spettacolo, fino a una scena di allattamento a un burattino di legno.

Insomma in questa foresta, fra avventurieri, antichi esploratori, bestie surreali, la nostra bambina è davvero in una selva oscura, ma, come detto, forse più che essere protagonista come Alice è lei stessa a generare questo mondo angosciante e frutto della sua fantasia. L’esterno, anche con gli effetti luce frutto della collaborazione al light designing di Amber Vandenhoeck e Sinan Poffyn, diventa davvero un ambiente in cui succede di tutto, capace di guadagnare e perdere naturalismo in pochi istanti. E questa è la caratteristica di tutto l’impianto narrativo: mai una storia che inizia e finisce ma un cumulo di brandelli narrativi, di piccole immagini sognate, ora divertenti, ora angoscianti, che si tuffano l’una nell’altra con fluida naturalezza.

Di Vader peraltro, e della compagnia in generale, resta la compagine di interpreti stabili che sono Hun-Mok Jung, Maria Carolina Vieira, Brandon Lagaert, e la formidabile Yi-Chun Liu, che pure era negli altri due spettacoli della trilogia e che qui lavora in modo davvero incredibile sul movimento, specialmente in alcune scene in cui, da morta, viene colpita da raffiche di pallottole, e dimena il suo corpo privo di vita, muovendolo con una perizia come se davvero fosse un corpo esanime, fatto solo di riflesso nervoso a uno stimolo puntiforme violento.

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Live painting Renzo Francabandera

L’elemento contemporaneamente e continuamente oscillante fra crudeltà e gioco è il punto di partenza dell’indagine di Kind, che si sviluppa partendo proprio dalla visione del mondo, da paure e desideri dei ragazzi, dal loro cercare e rifuggire il rapporto con gli adulti. Il loro bisogno di protezione ma anche di emanciparsi e liberarsi.

Come cambia il loro sguardo sulla realtà, man mano che crescono? Come diventano adulti e in che modo la presenza o l’assenza delle figure genitoriali impatta sul loro processo di crescita. Una serie di interrogativi cui dare definitezza simbolica è pressoché impossibile e variabile a seconda dei contesti, tanto che i due direttori si sono dedicati a una lunga ricerca, confrontandosi con bambini e adolescenti ma anche con ambienti scolastici e familiari particolarmente distanti.
Ne viene fuori un lavoro angosciante ma sempre vivo, dove la morte arriva ma per permettere ogni volta una resurrezione, come nei video games, come nel soldato con il corno di Hollywood Party che, colpito da mille raffiche, non muore mai e continua a suonare il suo corno stonato. Dalla mitologia omerica fino alle visioni horror delle serie tv, si oscilla sempre fra archetipi e contemporaneità, con una naturalezza che fin dall’inizio definisce una ambientazione irreale, subito condivisa ed accettata dagli spettatori, che comprendono bene di essere in un luogo dell’assurdo, attinente con il reale ma dominato da altre regole.

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Cacciatori, esploratori, antichi indiani, la luna gigante, gli alberi della foresta, in cui ci si perde. L’organizzazione del mondo e la gestione di situazioni e dinamiche particolari cui i ragazzi si trovano di fronte senza mai averle vissute prima, spingono i due coreografi a una sorta di never ending story dove, a un certo punto, pare che la bambina guardi se stessa da piccola, in un rimando di sguardi su di sé prezioso, oltre che danzato e agito in modo superbo. E se Vader era uno spettacolo con alcune complessità drammaturgiche, Kind è fatto proprio a forma di fantasia dei bambini: sempre vivo, sempre in fuga verso un nuovo pensiero, un nuovo orizzonte, capace di pensare e ripensare se stesso, l’esistenza e il mondo che ci circonda.
Spettacolo notevole, che dopo questo debutto a Reggio Emilia – dove va segnalata la direzione artistica illuminata della Fondazione I Teatri da parte di Paolo Cantù –, sarà possibile vedere prossimamente a TorinoDanza, con tutta la trilogia 1, 3 e 5 ottobre.


KIND

ideazione e regia Gabriela Carrizo, Franck Chartier
creazione e performance Eurudike De Beul, Marie Gyselbrecht, Hun-Mok Jung, Brandon Lagaert, Yi-chun Liu, Maria Carolina Vieira
assistente artistica Lulu Tikovsky
composizione musicale Raphaëlle Latini, Hjorvar Rognvaldsson, Renaud Crols, Annalena Fröhlich, Fhun Gao, Peeping Tom
sound mixing Yannick Willockx, Peeping Tom
light design Amber Vandenhoeck, Sinan Poffyn, Peeping Tom
costumi Lulu Tikovsky, Yi-chun Liu, Nina Lopez Le Galliard, Peeping Tom
set design Justine Bougerol, Peeping Tom
produzione Peeping Tom – partner di produzione KVS – Koninklijke Vlaamse Schouwburg (Brussels), Teatre Nacional de Catalunya/Grec Festival de Barcelona,
Theater im Pfalzbau (Ludwigshafen)
coproduzione Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, deSingel (Antwerp), Théâtre de la Ville Paris/Maison des Arts de Créteil, Maison de la Culture de Bourges, Festival Aperto/Fondazione I Teatri (Reggio Emilia), La Rose des
Vents (Villeneuve d’Ascq), Théâtre de Caen, Gessnerallee Zurich, Julidans Amsterdam, La Bâtie – Festival de Genève
in network con TorinoDanza Festival