ELENA SCOLARI | La Milano povera e in bianco e nero degli anni ’50 – ’60, con grandi aree vuote, i primi alti condomini popolari che spuntavano come giganti grigi e squadrati in cui si affollavano famiglie e famiglie. La Milano di chi la raggiungeva dal sud confidando in un Eldorado stabile e progressista e la Milano dei milanesi un po’ reietti e un po’ equivoci. Insomma Visconti e Testori. L’uno nato nella periferica Novate Milanese e l’altro a Milano.
Linguaggi Creativi dichiara che La purezza e il compromesso (per la regia di Paolo Trotti) è un omaggio a questi due mostri sacri di cinema e letteratura. In sostanza lo spettacolo è la traduzione teatrale di Rocco e i suoi fratelli (1960), film splendido e perfetto ispirato a I racconti del Ponte della Ghisolfa di Testori (1958), appunto, e qui sta soprattutto la comunione tra i due autori  esplorata nello spettacolo.

Per i pochi sfortunati che non avessero ancora visto questo capolavoro cinematografico ne ricordiamo in due parole il soggetto: alla morte del padre una famiglia del sud Italia si trasferisce a Milano dalla Lucania in cerca di fortuna, i due fratelli Rocco e Simone entrano nel mondo del pugilato che sembra promettere soldi facili ma la rivalità tra i due, entrambi innamorati di una prostituta, porterà a un finale tragico e senza speranza.
Nel film i due fratelli sono interpretati da Renato Salvatori (belloccio ma non seducente), Alain Delon, angelico e di una bellezza elegantissima, in continuo e straniante paradosso con il contesto, la prostituta Nadia (Wanda nel racconto di Testori) è Annie Girardot, bella e spesso con gli occhi un po’ socchiusi, come a non voler vedere del tutto lo squallore in cui si trovava; presa da accessi euforici dettati in realtà dalla disperazione così come Simone che non padroneggia un sentimento così forte e se ne fa sopraffare. Sì, perché questi personaggi hanno una carica vitale tanto forte quanto la desolazione in cui sono immersi, hanno così tanta voglia di vita che arrivano a consumarsi per il desiderio di tuffarcisi senza rete. Ecco.


Il fatto è che quella dolcevita bianca, quell’impermeabile con il bavero rialzato indossati da Delon, i capelli spettinati della Girardot per gli “scossoni” dell’amore o della gelosia, sono difficili da scordare. E ne scontano la difficoltà i quattro attori in scena, tra i quali emerge Stefano Annoni, sofferto e forte, struggente anche nei momenti rabbiosi; Margherita Varricchio sa far emergere diversi registri, la sua Nadia però non ha il marchio dell’infelicità che dovrebbe muovere ogni suo gesto e ogni sua parola; meno solidi sono Michele Costabile Diego Paul Galtieri. I corpi curati, l’aria “per bene” che hanno tutti, non permette di leggere dolore, non si sente l’irreprimibile smania di riscatto che questi personaggi ai margini della città e della vita dovrebbero far esplodere con la loro presenza sul palco.

La scelta di trasporre il lungometraggio in teatro è affascinante ma difficile senza un’idea teatrale forte; ci si chiede quale può essere il senso di un’operazione ambiziosa non tanto per l’impossibilità di eguagliare un cast irripetibile quanto per la difficoltà oggettiva di ricreare un’atmosfera unica e composta di elementi visivi che non possono – costitutivamente – essere ricostruiti con la stessa forza in teatro. La desolazione di un quartiere e di chi lo abita, la sporcizia, la miseria, le facce segnate e angeliche insieme, inquadrate con il verismo poetico e duro di Visconti hanno una potenza eterna solo sullo schermo.
E far dire al rozzo Simone «Vedi, questa assenza d’amore è il mio modo di dimostrare amore», come se si autoanalizzasse davanti alla prostituta vittima della sua virulenza è poco credibile.

La purezza e il compromesso è un bel titolo, e fa pensare a stati d’animo o forse soprattutto a tensioni ideali verso una vita pulita che si sa non essere raggiungibile. Il che vale sia per Testori sia per Visconti. Gli inserimenti testoriani fuori dal riferimento al film – situazioni equivoche, allusioni a sfondo erotico, set per fotografie discinte… – risultano poco amalgamati al racconto.
C’è in particolare una trovata registica e scenografica che per stile rimane slegata da tutto il resto: gli attori ballano in maniera volutamente sguaiata su musica (genericamente disco) per simulare un festino ambiguo; peccato che la scelta inopinata di usare le lampade di Wood faccia risaltare le bende sciolte intorno ai polsi del pugile, le calze bianche autoreggenti da infermiera, i boxer di Rocco, e quello che viene in mente è più simile al Rocky Horror Picture Show che alla Ghisolfa.
Ci sono anche idee belle, come l’inizio dello spettacolo in cui Nadia ondeggia sulla scena su un’altalena, fanciullezza spensierata ancora anelata ma dimenticata da tempo; momenti in cui gli attori formano gruppi tra il pittorico e lo scultoreo con i loro corpi, esaltati dalle luci di Gabriele Santi. L’installazione di scena (a cura di Francesca Biffi) è una grande parete fatta di magliette grigiastre e stracciate.
C’è poi il riferimento ai migranti di oggi nella madre che si trasferisce al nord con i figli e che, come una madonna addolorata, vede lo sgretolarsi dei suoi sogni nell’incapacità dei giovani di cercare la felicità, o almeno di darsi la possibilità di trovarla.
La posizione cristologica di Annie Girardot/Nadia appena prima di essere uccisa da Simone è una delle immagini memorabili del film, qui la sua resa rassegnata è ben interpretata da Varricchio e la scena ha una sua forza d’impatto.
Linguaggicreativi chiude con La purezza e il compromesso la trilogia composta con La nebbiosa e I ragazzi del massacro. In questo ultimo lavoro si sente la volontà di ragionare intorno a una società – odierna – degradata ma in questo caso l’ispirazione a Visconti e Testori è soverchiante rispetto a una creatività teatrale non così incisiva.

LA PUREZZA E IL COMPROMESSO

scrittura scenica e regia Paolo Trotti
con Stefano Annoni, Michele Costabile, Diego Paul Galtieri e Margherita Varricchio
aiuto regia Fiammetta Perugi
scene e costumi Francesca Biffi
luci Gabriele Santi
responsabile di produzione Simona Migliori
produzione Teatro Linguaggicreativi
con il sostegno del Centro Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello -CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro)

Teatro Franco Parenti – Milano
6 febbraio 2020