RENZO FRANCABANDERA | Al Castello di Padernello il 30 e 31 luglio alle ore 21:30 con la regia di Giacomo Andrico ha debuttato il progetto Lasciami venire con te con il sostegno della Fondazione Castello di Padernello.
Quarta Dimensione è un gruppo di artisti bresciani nato in questo momento di complessità e incertezza, di cui il nucleo centrale è composto dallo scenografo e regista Giacomo Andrico, le attrici Giuseppina Turra ed Elena Strada e il compositore Claudio Smussi.
Questi artisti si sono uniti per dare spazio alla ricostruzione, per iniziare a progettare insieme nuove modalità di rappresentazione, per condividere pensieri e visioni e ridefinire l’arte come dimensione necessaria all’interno di una società peraltro assai martoriata dalle vicissitudini della pandemia, scavandonelle radici della letteratura e della storia per indagare l’atto della sepoltura nel suo valore più umano, animale e restituirlo alla sua natura collettiva.
A partire da testi di Sofocle, Ghiannis Ritsos, Thomas Stearns Eliot, da suggestioni provenienti dal mondo dell’arte visiva, della musica e della filosofia, è nata così un’azione teatrale itinerante attorno al Castello di Padernello, luogo simbolico che da anni ospita le creazioni scenico performative del regista scenografo. Lo abbiamo intervistato in occasione di questo allestimento, visto come accompagnamento dello spettatore all’interno di un processo visivo, sonoro, esperienziale ed emotivo, ma anche un saluto finale, un percorso in mezzo alla natura e ai suoi silenzi, un gesto collettivo necessario, ma anche un passaggio, una festa, un inno di rinnovamento nella forma di una passeggiata serale in mezzo alla natura di circa 30 minuti.

Giacomo, il Castello di Pardernello e i suoi spettacoli itineranti e in qualche modo performativi hanno un forte radicamento con le dinamiche di quel territorio. Come è nata l’idea dello spettacolo di quest’anno?

L’idea dello spettacolo di quest’anno nasce da una profonda necessità, la necessità di restituire alla collettività di questo luogo un atto rituale, un’azione collettiva mancata tra noi, necessaria, per ridare con parole e gesti un volto e una storia a quanti ci hanno lasciato in quei tragici giorni di “Covid 19”. Si, lo chiamo così: “Covid 19”, con un numero, con il suo numero che restituisce l’origine mentale e razionale a quella che è stata una “campagna di morte”.
Li abbiamo avvolti nel silenzio di un tessuto bianco i morti del Covid 19, e, qui da noi, siamo stati costretti a salutarli per l’ultima volta lasciandoceli portare via da assordanti ambulanze, dono di volontari nella notte, senza più poter parlare con loro, senza più poter parlare di loro.
Non dimenticheremo mai che, qui da noi, sono state notti irreali quelle, simili a un’apocalisse nera, dove restavamo nel buio muti e disperati, mentre i nostri morti ci salutavano con il loro solenne silenzio.Ci salutavano loro, i nostri morti, e noi impietriti restavamo a guardarli senza parole e solo con lacrime nel vederli allontanarsi…
È stata una necessità e un dovere, non potevamo dimenticarci di seppellirli i nostri morti… non potevamo non parlare con loro ancora per una notte con le poche parole a noi rimaste. Per questo abbiamo camminato con loro portati dalla luna e dagli alberi ricchi del canto dei grilli notturni.
In questo gesto per loro, per i nostri morti, sono svanite tutte le necessità espositive artistiche di ognuno di noi. Eravamo solo qui per loro, per i nostri morti, e con loro abbiamo riascoltato la notte, la loro ultima notte alla luna.

Ci descrivi, per chi non ha potuto esserci, in che modo si è evoluta l’azione scenica? Quali erano le intenzioni?

Lo spettacolo è un percorso itinerante che attraversa diversi luoghi deputati già esistenti e altri preparati per l’evento.
Attraversato un tratto di bosco, all’imbrunire, segnato dalla luce di diversi fuochi, si raggiunge il luogo rituale della sepoltura delle Antigoni. Qui il pubblico ascolta “Il Canto all’Uomo” dall’Antigone di Sofocle, sostenuto da una originale composizione musicale evocativa ed arcaica.Tutta la narrazione musicale dell’evento è una originale composizione del maestro Claudio Smussi.Le azioni sceniche dell’attesa sepoltura sono interpretate dalle attrici Giuseppina Turra ed Elena Strada. Poi il percorso del pubblico prosegue per la lunga strada bianca nei campi, costernati di alberi illuminati di blu, da fuochi e da figuranti con lumi, interpretate dalle allieve della scuola di danza di Borgo San Giacomo. Si raggiunge poi il Castello di Padernello che per noi era la casa che custodisce la memoria dei nostri morti, la casa protezione del “… loro muto affollamento…”
I testi di Sofocle, Eliot e Ritsos, sono armoniosamente incastonati a reggere le interpretazioni delle attrici e delle figuranti, delle composizioni musicali originali su tutto il percorso, delle proiezioni e del raffinato gioco di luci curato dal lighting designer Giovanni Epis.
C’è anche un tempo per il ritorno a un atto teatrale recitato dal vivo, commovente piece, magistralmente interpretata dalle due attrici e curatrici dell’adattamento dei testi, Giuseppina Turra edElena Strada. Un’atmosferica e grande serra ottocentesca contiene e stempera in una polvere rarefatta i loro gesti e le loro parole poetiche.
Un canto gregoriano, composto su versi di Catullo, diretto dal maestro Gianbattista Tura e eseguito dal suo Insieme Vocale Gregoriano, precede il saluto finale del fisarmonicista Andrea Bettini, delicato angelo felliniano incorniciato da un elegante cancello aperto su un nuovo cielo nero rischiarato dal bagliore caldo di un grande fuoco.

Come è stato scelto il testo? Che domande vi siete posti sul rapporto fra “retorica del dolore” e momento artistico pubblico? Si può evitare la retorica in questi casi o è in fondo anche parte necessaria del rito collettivo?

Durante l’isolamento del lockdown abbiamo ricercato e studiato questo argomento del dolore che per noi si prefigurava sempre più in una forma di dolore incomunicabile. Sofocle, Eliot e Ritsos sono state le nostre fonti. I testi sono stati selezionati e proposti dalle attrici Giuseppina Turra ed Elena Strada, interpretati poi musicalmente dal maestro compositore Claudio Smussi, io, in quanto regista, mi sono dato come “ordinatore di materiali” e di attimi che tenuti aperti e non fissati hanno dato forma a un evento vitale e per molti aspetti sorprendente. Le immagini e le situazioni poeti del racconto hanno escluso ogni solida struttura retorica del rito. È stato uno spettacolo aperto, non finito, fragrante e fragile a ogni piccola sollecitazione improvvisa… è stato come un agire, disponibili all’imprevedibile. È in questa apertura che affiora un germoglio di vita in ogni spettacolo.

Che risposta avete ricevuto dalla comunità? Che partecipazione c’è?

La partecipazione del pubblico è stata sorprendente, una compassionevole presenza ha portato gli spettatori ad essere anche attori partecipanti dell’evento. Così il teatro può ancora, a momenti, essere un gesto politico della Polis, e non essere necessariamente rinchiuso nella stretta riserva dei luoghi adibiti a “Teatro”, in strette mura per elitari esperti o soli addetti ai lavori. Forse è anche questo un nuovo sguardo da restituire al Teatro, a questo raro, magico, momento dionisiaco dello stare qui e ora!

Sarà possibile rivedere questo lavoro più avanti o queste giornate sono state un unicum?

Per come si è svolto questo evento attorno al Castello di Padernello, questo spettacolo rimarrà un “unicum”; ma abbiamo in corso l’adattamento dell’evento in altri luoghi interessati a questo atto poetico teatrale e sociale.

Avete in previsione altre creazioni future a Padernello? Che tipo di progettualità si può costruire in questo periodo in un luogo suggestivo ma in un certo senso periferico come quello?

Abbiamo in programma un lavoro originale sulle “Tre Sorelle” di Cechov, uno spettacolo da riservare a un pubblico con un massimo di 12 spettatori. Si svolgerà in tre stanze attigue del Castello, e il pubblico sentirà soprattutto lo svolgersi delle sequenze sceniche, potendone vedere solo una piccola parte.
Vorremmo poi immaginare la presentazione di tredici opere pittoriche di Giacomo Ceruti, opere conservate, un tempo, nelle sale del Castello di Padernello (oraalla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia). Sono grandi ritratti di “pitochi”, di “poveri”, servi che il grande pittore del settecento Ceruti, detto il “Pitochetto” cioè “Il pittore dei poveri”, aveva dipinto su commissione dei nobili filantropi sensibili ad una cultura umanistico-giansenista. La presentazione delle opere è immaginata come un viaggio e un ascolto delle parole dei personaggi ritratti, a questa esperienza vorremmo accostare la lettura scenica di alcuni capitoli di “Resurrezione” di Tolstoi.
Lavorare in un luogo periferico come questo credo sia molto importante oggi per poter esplorare nuove intuizioni e nuove spinte per un futuro che deve essere “immaginato”. Nel nostro antico paese, sono sempre state le aree periferiche a reinterpretare e ridisegnare le speranze rivolte ad una progettualità moderna. Spesso i “Centri storici” risultano saturi e poco propensi ad accogliere nuovi tratti di germogli. Credo che la “Cultura” per il nostro Paese debba assomigliare a un umile “orto francescano”, in parte selvatico e in parte addomesticato dalla sapiente mano dell’uomo. E un orto lo si coltiva meglio fuori dalla città.Le aiuole e le rotonde delle città di oggi, possono servire come nel passato solo a retoriche e ridondanti “battaglie del grano” .

 

Le fotografie sono di Andrea Lancini e Giovanni Battista Tura

 


LASCIAMI VENIRE CON TE

da un’idea di Giacomo Andrico, Giuseppina Turra, Elena Strada e Claudio Smussi
regia Giacomo Andrico
testi a Cura di Giuseppina Turra ed Elena Strada
musiche originali Claudio Smussi
light design Giovanni Epis – Zu Soundlight
con Giuseppina Turra, Elena Strada
ed Elisabetta Situra, Francesca Riccardi, Vanessa Paletti, Giulia Bertolini, Carolina Baronchelli, Sara Baselli, Elisabetta Zontini, Paola Tirelli, Alice Gavazzoni, Paola Piscioli, Anna Manfredini, Giulia Spinoni, Veronica Spinoni allieve dell’ADS Scarpette Rosse Scuola di Danza di Borgo San Giacomo diretta da Laura ed Elisa Migliorati
e con la partecipazione dell’Insieme Vocale Gregoriano diretto da Giambattista Tura
fisarmonica Andrea Bettini

produzione Quarta Dimensione
con il sostegno della Fondazione Castello di Padernello
Si ringrazia il Comune di Borgo San Giacomo, la Protezione Civile, Paolo Peli, Piero Lanzeni e Gianni Zanoni