LAURA BEVIONE | «A tutti. Se muoio, non incolpate nessuno. E, per favore, niente pettegolezzi. Il defunto non li poteva sopportare». Un brivido percorre la schiena della vostra cronista teatrale e probabilmente non solo la sua. Quelle parole, pronunciate sul palco del Teatro Carignano di Torino, a meno di un chilometro di distanza dall’hotel Roma e due giorni prima del 27 agosto, riecheggiano un altro messaggio di addio, rievocano un altro spirito inquieto che scelse di non diventare vecchio. Certo fra Vladimir Majakovskij – sua la lettera d’addio succitata – e Cesare Pavese le differenze sono più che le affinità, eppure il suicido – il primo il 14 aprile 1930, a trentasei anni; il secondo il 27 agosto 1950 a quarantadue – li affratella, anime inquiete e irrimediabilmente infelici.

Un filo di insoddisfazione e irrequietezza che lega esistenze di artisti di epoche e latitudini diverse e che Licia Lanera sceglie di seguire nel terzo capitolo della sua trilogia Guarda come nevica, dedicata all’immaginario letterario-teatrale russo: Cuore di cane di Bulgakov, poi Il gabbiano di Cechov e, ora, I sentimenti del maiale, a partire appunto dall’opera di Vladimir Majakovskij.

Foto di Manuela Giusto

La regista-attrice barese costruisce il proprio spettacolo – che ha inaugurato anche la 25esima edizione “diffusa” del Festival delle Colline Torinesi – quale una sorta di riflessione/brain storming citazionale sul tema “suicidio di un giovane artista”, riscontrando indiscutibili analogie fra la condotta esistenziale di Majakovskij – in certa misura un maudit, geniale e infantile, insofferente alle norme sociali e ipersensibile –, quella di due rockstar analogamente “maledette”, Kurt Cobain e, soprattutto, Ian Curtis, frontman dei Joy Division, ma pure la propria e quella del suo compagno di palcoscenico, Danilo Giuva.

Rinchiusi in un salotto – in scena ci sono un divano bianco, una lastra di neve ghiacciata che la primavera incipiente sta iniziando a sciogliere, ma anche un maiale di gommapiuma insanguinato appeso a testa in giù – Licia e Danilo discutono della propria vita e del proprio mestiere. Il tenore di vita superiore ai modesti compensi garantiti dalla professione; l’invidia per la soda freschezza delle ventenni e la parallela ansia causata dalla consapevolezza dello scivolare via della giovinezza; il suicidio quale unico atto efficace per tramutarsi da artista a “leggenda”…

Scambi di battute in libertà che rivelano autoironia e una certa saggezza conquistata dall’impetuosa attrice barese e che, nondimeno, funzionano essenzialmente quale cornice del vero nucleo, contenutistico ed emozionale, dello spettacolo, ossia l’indagine – sentimentale e non tanto freddamente scientifica – sulla genesi e sulla natura dell’impulso all’auto-annientamento.

Foto di Manuela Giusto

I tre musicisti sul fondo del palcoscenico suonano una canzone dei Joy Division, introducendo così la vicenda di Ian Curtis: si racconta che, prima di suicidarsi, il cantante inglese avesse visto La ballata di Stroszeck di Werner Herzog, film incentrato sulla figura di Bruno, un emarginato, uomo buono e timido, ed ecco che Danilo e Licia reinventano sul palco una scena del film.

E, ancora, gli scritti e le poesie di Majakovskij: Licia indossa una camicia gialla, lo stesso colore di quella che il russo indossava al momento del suicidio; Danilo declama con struggente amarezza la ricetta per cucinare un delizioso cuore di maiale,  tenendone in mano uno sanguinante – «io e il mio cuore nemmeno una volta / fino a maggio siamo vissuti, / e nella vita passata / c’è soltanto il centesimo aprile».

Nella parte finale dello spettacolo, in un felice e vigoroso crescendo, Licia è al centro del palco e, assecondata dalla musica rock della band, recita o, meglio, incarna e riempie di sostanza furiosamente dolorosa i versi di Majakovskij che acquistano così potente e contemporanea necessità.

L’attrice rievoca sul palco un autore che si definiva «magnificamente malato», riuscendo tanto a restituirne la grandezza poetica quanto a interpretarlo criticamente, additando implicitamente quel melodrammatico infantilismo che è sovente l’altra faccia della genialità.

 

GUARDA COME NEVICA
3. I SENTIMENTI DEL MAIALE

ideazione e regia Licia Lanera
luci Cristian Allegrini
fonica Francesco Curci
scene Riccardo Mastrapasqua
aiuto scenografo Silvia Giancane
costumi Angela Tomasicchio
interpreti Danilo Giuva, Licia Lanera
chitarra e voce Dario Bissanti
batteria Giorgio Cardone
basso Nico Morde Crumor
produzione Compagnia Licia Lanera, TPE-Teatro Piemonte Europa, Festival delle Colline Torinesi

Teatro Carignano, Torino
25 agosto 2020