ANTONIO CRETELLA | Sin dall’esordio della pandemia si sono susseguite varie misure funzionanti secondo un processo ciclico che potremmo riassumere nello schema: misura cautelativa su base volontaria che fa leva su un senso di responsabilità individuale -> fallimento della misura -> linciaggio morale di chi si è avvalso legalmente della possibilità di non aderire alla misura. È stato così per l’app Immuni, fino a poche settimane fa presentata come uno degli elementi cardine della strategia di contenimento del virus, eppure miseramente caduta nel dimenticatoio, mancando un qualunque obbligo di utilizzo in ossequio a pericolose derive liberticide. Ora che si avvicina il fatidico momento della riapertura delle scuole, a cui il governo si trova impreparato nonostante i sei mesi di stop, gli strali del moralismo a orologeria si concentrano sui docenti, per i quali il governo ha messo a disposizione la possibilità di eseguire esami diagnostici gratuitamente presso i medici di base. Un’ottima opportunità, che si è trasformata in accusa quando molte testate hanno riportato con biasimo che ben un insegnante su due non ha prenotato tali esami: ahi! Quale scempio! Dagli all’untore, dagli all’untore! Questi scellerati vogliono infettare tutti! Dunque, a parte il fatto che non si comprende perché su 10 milioni di popolazione scolastica, siano solo i docenti a infettare gli studenti e non il contrario, penso sia ormai abbastanza chiaro, a partire dai runner giù giù fini alle discoteche passando per i migranti, che permettere per poi biasimare perché la colpa sia sempre di qualcun altro non sia una strategia sostenibile a lungo termine né dal punto di vista elettorale, né, cosa più importante, per l’eradicazione del virus, che a differenza dell’opinione pubblica non si lascia confondere dagli specchietti per le allodole.