ELENA SCOLARI | Salino e pepino per re e regina, un flacone di deodorante per il principe, una scatola di fiammiferi per i servitori, il tubo di cartone di un rotolo di carta igienica per l’oste, una bottiglietta d’acqua per il messaggero. Una tavola da cucina come palcoscenico.
La compagnia inglese (con sede a Sheffield) Forced Entertaiment con il progetto Complete Works: Table Top Shakespeare ha messo “in tavola” tutte le trentasei opere di Shakespeare usando le case degli interpreti come teatro e oggetti di uso quotidiano per rappresentare i personaggi. Una versione “da casa” delle opere, messe in rete a cadenza regolare.
Al cuore di Forced Entertainment c’è un gruppo di sei artisti: Tim Etchells, Robin Arthur, Richard Lowdon, Claire Marshall, Cathy Naden, Terry O’Connor, che collaborano in teatro dal 1984. La compagnia ha affrontato per la prima volta William Shakespeare con i Table top e l’hanno quindi rappresentato in maniera certo non convenzionale.
I Forced sono eclettici, leggiamo, infatti, dalla loro presentazione, che si sono impegnati in spettacoli ma anche in performance, installazioni in gallerie d’arte, lavori site specific, libri, collaborazioni fotografiche e video e anche in un malizioso tour guidato a bordo di un autobus. “Il nostro lavoro mantiene un legame forte tra forma e contenuto, riflette la nostra convinzione che la forma di un progetto – il tipo di esperienza che offre, il patto che stringe con il pubblico – sia una parte inseparabile e significativa del suo senso”.


Table top non è nato durante il lockdown, diciamolo forte e chiaro: nel 2015 sei componenti della compagnia hanno concepito questa idea, lavorando a versioni condensate dei testi di Shakespeare, rivedendoli in chiave intimamente comica, e rappresentandoli seduti al metro quadro di un comune tavolo. Anche all’aperto. Fino al 2019 gli spettacoli sono stati realizzati in spazi teatrali un po’ in tutto il mondo e poi, soltanto poi, sono stati filmati nelle abitazioni degli attori e visti da migliaia di spettatori di varie nazionalità durante i mesi in cui il mondo tutto era chiuso.
Io ci sono arrivata a ottobre tramite un post del Roma Europa Festival, uno degli enti finanziatori del progetto; ho vinto la mia forte e convinta reticenza al teatro on line per amore del bardo (si sa: l’amore è un bardo) e perché, pur ardente appassionata del drammaturgo maximo, non conoscevo bene le opere considerate minori come il Cymbeline, Two gentleman of Verona, Winter’s tale (in quest’ultima c’è l’errore geografico di Polissene che va in nave dalla Boemia alla Sicilia di Leonte, benché il suo regno fosse in Europa centrale, più o meno l’attuale Repubblica Ceca, ma che importa…). L’idea di una versione “compressa” a mo’ di bigino mi ha attirato.
Le “tavole teatrali” sono ovviamente allestite in inglese ma Youtube mette a disposizione i sottotitoli, in lingua originale.

La forza di questi “pasti” shakespeariani sta prima di tutto nella bravura degli interpreti: tutti suadenti, discretamente espressivi nelle inflessioni con cui descrivono l’azione; in secondo luogo nella precisione degli adattamenti: i testi sono tagliati per non durare mai più di un’ora rispettando però i nodi principali senza che l’andamento diventi forsennato, nemmeno quando la trama è particolarmente ingarbugliata; in terzo luogo il contesto casalingo dona un gradevole gusto ironico anche alle tragedie: spugne che tirano di scherma e candelabri rovesciati sono buffi e spiritosi. Per Racconto d’inverno spazzole, colla e portalampade sono schierati mentre la performer ci immerge nell’inverno boemo «It’s starting on a dark winter night»…

È chiaramente un intento base, quello di Forced Entertainment: niente luci, niente musiche, un teatro di figura al grado zero. C’è proprio l’intenzione di ridurre al minimo gli ingredienti perché la ricetta non perda di sapore, rendendo letteralmente casalinga la relazione con chi guarda, quasi a fornire un kit minimo di sopravvivenza drammaturgica con il quale poter attrezzare un Coriolano, così, nel tinello, anche senza il servizio buono.
Però. Però se ci fosse stato un gradino artistico in più questo avrebbe potuto rendere i Table top oggetti teatrali ancora più fantasiosi; invece non c’è traslazione di senso nella scelta degli oggetti utilizzati.
Vero è che forse in una cucina media italiana ci sono molti più utensili (gli inglesi, in compenso, hanno una quantità di bombolette spray che spruzzano molte cose, in casa) ma comunque, al di là di un poco di cura proporzionale nelle dimensioni degli oggetti, non c’è poi altro livello di interazione tra il performer e gli oggetti stessi, che sono soltanto mostrati o messi via a seconda delle presenze di scena del momento. Non viene sfruttato, per esempio, il suono che un oggetto può fare (un macinino, un tritapepe, uno spray, un calice che può tintinnare), oppure il consumarsi di una candela che venga accesa, un bicchiere che si rompa, oppure ancora la funzione per cui l’attrezzo nasce: uno schiaccianoci che stritola le sue vittime, un coltellaccio che dilania il nemico, un barattolo di borotalco che imbianca leggero la scena, e via immaginando.

C’è però un senso generale importante e definitivo (e che mi piace molto) sotteso a questa operazione come fosse una tovaglia, ed è il potere delle storie. I Table top sono una (un’altra) prova dell’incancellabilità e dell’invincibilità del teatro. Anche quando non hai quasi niente per farlo quello si insinua ed esce da una credenza, si materializza sugli scaffali di una scansìa, si agita nel vano sotto il lavandino, si fa vivo da uno sgabuzzino.
«In this world everyone has a part to play, and I guess my part is a sad part», disse il lucido da scarpe.

 

COMPLETE WORKS: TABLE TOP SHAKESPEARE – AT HOME

ideato e prodotto da Forced Entertainment
interpreti Robin Arthur, Jerry Killick, Richard Lowdon, Claire Marshall, Cathy Naden and Terry O’Connor
regia Tim Etchells
Text Robin Arthur, Tim Etchells, Jerry Killick, Richard Lowdon, Claire Marshall, Cathy Naden and Terry O’Connor
Digital Production Management Jim Harrison
Financially supported by Kanuti Gildi SAAL; KunstFestSpiele Herrenhausen; Künstlerhaus Mousonturm; The Mondavi Center, UC Davis; PACT Zollverein; Romaeuropa Festival; Shakespeare Festival Neuss; Stanford Live at Stanford University; UCLA’s Center for the Art of Performance and UC Santa Barbara Arts & Lectures. Also presented as part of Portland Institute for Contemporary Art’s 2020 Time-Based Art Festival and Temporada Alta 2020.