ELENA SCOLARI | Un villaggio dove i sentieri sono fatti di pagine di giornale, un po’ come se si potesse camminare sui fatti di cronaca andando verso il futuro. Un piccolo paese che si fa guardare dal mondo attraverso l’arte: I mangiatori di patate di Vincent Van Gogh dietro una finestrella ritagliata, i volti vegetali di Arcimboldo che fluttuano, i gatti colorati di Matisse. Ecco, i gatti. I gatti e la carta, tanti tipi di carta che rendono artigianale anche un racconto digitale. E che in effetti – se ci atteniamo all’etimologia latina della parola – è mosso appunto con le dita: personaggi, ambienti, scene sono animati dalle mani dell’attore che “dirige” la fiaba, nella versione de Il gatto con gli stivali creata da Marco Ferro (con Valeria Sacco forma la Compagnia Riserva Canini) appositamente per il video e prodotta da Campsirago Residenza (sarà trasmesso on line sabato 13 febbraio alle 17, info su campsiragoresidenza.it).

Questo racconto è un oggetto composito, costruito con la colla, i colori, il Das, la creta, il pop-up… Strumenti che rimandano a un sapere manuale che fu (me che forse sarà stimolato da produzioni come queste) e ai pomeriggi d’infanzia passati con Richard Scarry e il suo salvifico “Cosa fare quando piove”. Chissà se i bambini di oggi hanno mai incontrato il verme Zigo Zago, il sergente Multa, Sandrino il postino, il dottor Siringa o la volpe Rudolf Strudel…

Il racconto digitale che Ferro ha realizzato vive in un’atmosfera diversa da quella della Felicittà di Scarry, prende infatti spunto dal “Cagliuso”, inserito nella raccolta di fiabe Il Pentamerone  di Giambattista Basile (1566-1632), e questa ispirazione è senz’altro uno dei punti più interessanti di un lavoro in cui si mescolano elementi dei più noti gatti di Perrault e dei Fratelli Grimm per arrivare alla storia di Basile, ambientata in una Napoli povera, cupa, nella quale il processo di “arricchimento” del giovane protagonista Pippo (nome popolare e non fiabesco) non nasce tanto dall’ingordigia e dal desiderio del lusso ma dalla ricerca di un riscatto sociale che lo affranchi dalla miseria, dalla fame.
Ecco perché, per esempio, l’inserimento dei foschi Mangiatori di patate di Van Gogh è coerente con il clima scuro e con il tempo lento di questa fiaba. Certo scuote un po’ che il gatto sia una gatta (forse più noi che i bambini), e del resto Basile è felinofilo e autore anche de La gatta Cenerentola, musicata poi nell’omonima opera di Roberto De Simone; va detto  che l’aspetto seduttivo delle astuzie architettate dall’animale per convincere il re a cedere la mano della figlia al (fasullo) Marchese di Carabas non è da trascurare, quindi non scomponiamoci troppo.
Non credo neppure che valga la pena di porre accenti dal prurito “corretto” sul fatto che gatta e Pippo ottengano lo scopo con l’inganno: secoli di storie raccontano la furbizia senza che i bambini pensino poi a come fottere l’amichetto in cortile, siamo seri.

Nella riscrittura di Marco Ferro si esordisce dicendo che «C’è un gatto in ogni bambino e bambina»: c’è dunque dell’ingegno in ognuno di noi e anche qualcosa di animalesco, certo! Si ricorda così la sottolineatura che Basile fa del rapporto tra animale e uomo, e nel suo finale il giudizio della gatta non è affatto clemente, l’ingratitudine dimostratale la spinge addirittura ad abbandonare il mondo degli uomini.

Ma come sta la carta in video? Il mondo in miniatura creato per questo Gatto con gli stivali si presta a essere “inscatolato” e diciamo che le dimensioni ridotte del teatrino ove si succedono personaggi e situazioni non fanno soffrire troppo il diaframma dello schermo interposto; la faccia del narratore che di tanto in tanto, con la punta del naso dipinta di nero, compare fuori scala in mezzo al video dà il senso che quella storia, sì, la stia raccontando proprio a te.
Il lavoro è raffinato, pesca in maniera naturale dalle tecniche del teatro di figura e d’ombra. La definizione “racconto digitale” esime dal fare paragoni con ciò che avviene in teatro, quando i bambini diventano un’unica voce e partecipano allo spettacolo con tutti i sensi. Probabilmente in questo caso i piccoli spettatori si pongono un po’ come davanti a un cartone animato, o meglio a un film d’animazione, assemblato però senza effetti speciali ma con la “specialità” visuale che l’artigianato porta con sé.
Il racconto è agito di volta in volta da attori diversi (Marco Ferro, Stefano Pirovano, Giulietta De Bernardi, Soledad Nicolazzi) che sono anche i tecnici di loro stessi, inviano le tracce video e curano la regia interna.

Nella presentazione si legge che “Come è accaduto per tutti, le drammatiche contingenze del periodo che stiamo attraversando ci hanno costretti a ricorrere a uno uso massiccio degli strumenti digitali. L’impiego di questi mezzi ci ha permesso di tenere in vita una parte importante delle nostre relazioni e, nello specifico del nostro lavoro, la relazione con lo spettatore se non nella condivisione di uno stesso luogo, come è nel teatro, nellla condivisione di uno stesso tempo, presente, unico e irripetibile. La necessità di questo momento complesso e sconvolgente ha fatto nascere in noi l’interesse e la curiosità nei confronti di alcuni esperimenti nati appositamente per essere trasmessi da quei media (radiofonici, digitali e multimediali) che cercavano sin dalle premesse una relazione differente con il proprio destinatario. Questo periodo di distanziamento ha fatto sorgere il desiderio di sperimentare e mutuare alcune tecniche artistiche in chiave “digitale” e Il Gatto con gli stivali è necessariamente diventato un fertile terreno di prova di questo nuovo processo di sperimentazione”.

È quindi possibile che se non ci trovassimo nella situazione impedita che viviamo da un anno, questa gatta avrebbe visto la luce con caratteristiche differenti. Finché non sarà di nuovo possibile riunirsi in teatro sarebbe bello che i bambini (a piccoli gruppi, per carità!) si ritrovassero per vedere insieme questa video storia, perché se il gatto è un animale solitario così non è per i piccoli umani.

 

IL GATTO CON GLI STIVALI – Un racconto per il digitale

immaginato e creato da Marco Ferro
realizzato da Marco Ferro, Stefano Pirovano, Valeria Sacco, Giulietta De Bernardi, Soledad Nicolazzi, Anna Fascendini
sonorizzazione a cura di Diego Dioguardi
con Marco Ferro, Stefano Pirovano, Giulietta De Bernardi, Soledad Nicolazzi
(ogni racconto è interpretato da un attore o un’attrice)
produzione Campsirago Residenza