ELENA SCOLARI | Gli umani ridono. Questa, secondo le teorie scientifiche più accreditate, è la caratteristica che davvero solo l’uomo (ci siamo capiti, non tiratemi fuori gli *) può vantare. Certo, nell’ultimo anno c’è stato poco da ridere per noi animali sociali, anche perché quasi sempre si ride in compagnia, e da febbraio 2020 lo stare in compagnia ha subìto un forte ribasso. Così c’è stata una risalita (molto dichiarata, non sappiamo quanto reale) di una seconda attività abbastanza tipica dell’umano e che si può mettere in atto anche da soli: riflettere. Riflettere su se stessi, magari guardandosi allo specchio, oggetto che riflette meglio di chiunque altro, pure metaforicamente.
Nessuno può sentire in modo soddisfacente la propria identità se non ha gli occhi chiusi: come se l’oscurità fosse davvero l’elemento proprio delle nostre essenze, sebbene la luce sia più congeniale al fango che è in noi“, scrive Herman Melville nella sua strabiliante storia di baleneria, Moby Dick. Tempo per tenere gli occhi chiusi e riflettere ne abbiamo avuto anzichenò, e specialmente ne hanno avuto gli artisti del mondo dello spettacolo dal vivo, ancora oggi a digiuno di attività aperte al pubblico; en passant ricordiamo che ne è digiuno anche il pubblico, anche se nessuno – tranne gli artisti stessi – chiede l’opinione degli spettatori sulla forzata dieta dello spirito cui sono sottoposti.

opera di Slinkachu

Teatro Periferico (sede a Cassano Valcuvia, Varese) ha sentito il bisogno di dare una forma non solo ai propri pensieri sul periodo del primo spettrale lockdown ma a quelli di tante persone, anche fuori dalla comunità teatrale.
PAC ha parlato con alcuni dei componenti del gruppo per raccontare come è nato Nello specchio, un progetto a firma collettiva curato da Federico Iris Osmo Tinelli con la collaborazione di tanti attori e attrici.

Che cos’è “Nello specchio”?

Paola Manfredi (ideatrice del progetto e direttrice della compagnia) lo descrive così: “Nello specchio è un film. E nasce dal desiderio di raccontare il periodo della pandemia. Il confinamento ci ha costretto a vivere dentro una bolla, intrappolati e congelati in uno spazio che ha rischiato di isolarci, di renderci meno disponibili al contatto, più diffidenti. Invece, inaspettatamente, molti artisti hanno cercato il modo di collaborare e di trovare risposte comuni, anche (perché no?), per sentirsi meno soli in un momento di grande incertezza.
Federico Iris Osmo Tinelli, videomaker milanese, ha assunto la cura del film e, con la lucidità che può avere solo un occhio esterno, ci ha aiutato affinché le interviste autobiografiche potessero “risuonare” in noi che le avevamo raccolte. In un periodo di estrema solitudine, questo lavoro è stato un intreccio di relazioni, un prisma dai molti riflessi. Abbiamo aperto gli armadi, le finestre e cercato di respirare meglio”.

Come avete deciso di procedere per creare questo racconto?

PM: Sono stati coinvolti 23 artisti, di cui 13 appartenenti a compagnie con cui Teatro Periferico non aveva mai lavorato. Il risultato è stato una raccolta di 33 interviste  rivolte a persone in Italia e all’estero, alle quali abbiamo chiesto di dirci come hanno attraversato il primo lockdown: medici, infermieri, psicoterapeuti, madri con bambini piccoli, cassiere del supermercato, educatori, ospiti di centri diurni, insegnanti, studenti, malati di Covid, parrucchiere…
Ragionando insieme (il pensiero condiviso è stato fondamentale nella prima parte del progetto) abbiamo preso atto di essere nel mezzo di una pandemia mondiale che ci riguarda tutti e per la prima volta noi intervistatori ci siamo trovati nella stessa condizione degli intervistati. Come dire che il trauma ha segnato la vita di tutti: raccontando loro, raccontiamo noi stessi.

E cosa avete trovato dentro i loro armadi?

PM: Tutti ci hanno raccontato di passatempi, abiti, orari, spazi della casa, del loro lavoro, delle loro paure, di parenti, pensieri e riflessioni, trasgressioni, segreti e vizi, cose nuove imparate e cose buttate via, dolori e gioie. Ciò che è emerso più fortemente è la solitudine ma anche l’affollamento nella condivisione degli spazi domestici; la paura, la morte, ma anche la presenza benefica della natura; i suoni delle autoambulanze e dei fiumi, degli animali; la mancanza d’aria in tutti i sensi; le relazioni familiari; le difficoltà degli studenti in dad e lo smart working per i genitori; il vicinato e i piccoli atti d’amore.

Come era naturale aspettarsi, tante sono state le idee sviluppate intorno all’esigenza di raccontare qualcosa di mai vissuto prima, dai libri (anche troppo instant, il più delle volte) ai video alle installazioni, ma la specialità di Nello specchio è nella pluralità delle voci: “Credo che l’originalità stia nel taglio così variamente sfaccettato che ognuno di noi ha dato al suo piccolo pezzo. Credo sia come un canto polifonico, in cui ogni voce è fondamentale per ottenere l’insieme”, ci dice Barbara Menegardo.

Gli artisti coinvolti hanno avuto sensazioni diverse, lavorando a questa riflessione sui concetti di chiusura, di casa, di impedimento a muoversi e a confrontarsi col prossimo, Silvia Baldini (Residenza QuieOra) definisce così il suo approccio: “Abbiamo prestato le nostre visioni e i nostri corpi per la costruzione di un’opera video collettiva. Un’opera particolare, che racconta quello che è stato trasportandolo nel presente. Si guarda indietro, si guarda da un presente in cui siamo ancora poco saldi perché è un presente difficile, dove niente è ancora stato risolto o risanato e da qui si cerca. In forma collettiva, perché fare comunità è un modo”. Del resto, entrare nelle case, nelle stanze, negli spazi delle persone porta a guardare più attentamente anche dentro al proprio specchio: “Soltanto quando mi sono messa in gioco sul piano intimo, quando mi sono trovata a pensar quale rapporto avessi io con quelle storie, il processo che avevo intrapreso ha trovato una sua direzione”, afferma Sara Parziani.
“Credo che questa esperienza debba andare ad aggiungersi alle altre realizzate nel corso di quest’ultimo bizzarro anno per formare un repertorio, o meglio un serbatoio di memoria collettiva che serva da un lato a non dimenticare mai questo “disastro” e dall’altro che ci offra sempre un punto fisso da cui ripartire”, dice Stefano Panzeri.

Osmo Tinelli, il lavoro di raccolta è stato fatto su contributi audio, come è arrivato alla produzione di un film, fatto dunque di immagini da fondere con le interviste?

OT: Mi sono proposto dal principio di “attivare” la soggettività creativa dei partecipanti. Negli artisti non c’è mai assenza di fantasia, ho chiesto quindi a ciascuno degli intervistatori (attori, registi, disegnatori, musicisti, registi, drammaturghi) di scrivere una sceneggiatura da cui trarre altrettanti film brevi, da montare separati o in una struttura in cui si trovassero intarsiatati gli uni agli altri, in un gioco di riverberazioni reciproche.
Le interviste trattavano della prima quarantena, anche le proposte narrative e di messinscena dovevano quindi rivisitare quel periodo: cosa facevano gli artisti in quei momenti? Mi pareva interessante mettere in scena in autunno-inverno quel che è accaduto in primavera-estate.
Ho lavorato sulla descrizione della propria “bolla”: comprendere fino in fondo l’isolamento poteva essere definito un processo di purificazione, inteso come momento anti-sociale di scandaglio interiore. Questa bolla doveva quindi essere “contaminata” e fatta esplodere nel rapporto con gli intervistati che rappresentavano un’alterità, una diversità, anche perché non strettamente legati al mondo dell’arte. Le bolle sono entrate in contatto a distanza con altre bolle. Nello specchio guarda in faccia la realtà e nel medesimo tempo la trasfigura.

Dopo questa esperienza pensate sia meglio cercare di dimenticare questo disastro (appena sarà davvero finito) o continuare a ragionarci sopra?

Barbara Eforo: “Non penso che si possa decidere razionalmente di dimenticare. Pezzetti rimarranno dentro di noi e ogni tanto emergerà una loro immagine, un loro odore. Noi artisti lavoriamo con questi pezzetti. Attingiamo costantemente da immaginari, ricordi, nessi apparentemente bizzarri e senza senso”; le fa eco Matteo Curatella: “Credo che continueremo a ragionare per molto tempo su quello che è successo. Sentiremo i veri “lividi” tra qualche anno e dovremo usare i nostri strumenti artistici per elaborare tutto quello che è accaduto”.

Il film Nello specchio sarà reso pubblico on line tra la mezzanotte del 9 marzo e le prime ore del 10 marzo 2021, giorno in cui cade l’anniversario di inizio del lockdown nazionale italiano del 2020.

 

NELLO SPECCHIO
Film a firma collettiva

a cura di Federico Iris Osmo Tinelli
su iniziativa di Teatro Periferico
con il coinvolgimento creativo delle artiste e degli artisti: Alessandra Anzaghi (delleAli Teatro), Silvia Baldini (Quieora Residenza Teatrale), Lorenza Cervara, Matteo Curatella (LeMat), Marco Di Stefano (La confraternita del Chianti), Barbara Eforo, Luca Marchiori (Residenza R.A.M.I.), Michela Marelli (teatro in-folio), Valentina Maselli, Barbara Menegardo (Compagnia Piccolo Canto), Raffaella Meregalli, Stefano Panzeri, Sara Parziani, Carmen Pellegrinelli, Enzo Biscardi, Giorgio Branca, Elisa Canfora, Alessandro Luraghi, Paola Manfredi, Laura Montanari, Raffaella Natali, Loredana Troschel, Dario Villa (Teatro Periferico)