LEONARDO DELFANTI | Rovigo è piccola. Un corso principale, bellissime case in stile liberty, il castello che l’abbraccia e le ville venete innestate tra l’Adige e il Po: un sogno fatto di industrializzazione e zanzare. “La terra a cui, nel bene e nel male, tornare” come sostiene Massimo Munaro, direttore artistico del Festival Opera Prima di Rovigo in scena dal 5 al 12 di settembre.

È in questo confine tra lotta e futuro che raggiungiamo immediatamente la prima tappa del viaggio. Adagiata sul plateatico della Gran Guardia trovo Terzo Tempo, un’oasi di pace disarmante. La signora Fiorella e Mario Previato, ideatore del progetto ed ex militante nel Teatro dei Lemming – organizzazione fondatrice e custode del Festival –, ci accolgono con un sorriso e una lettera. Le indicazioni sono semplici: entrare, ascoltare, aprire la busta e, volendo, lasciare. In un microsecondo tutto il mondo fuori, evapora. Ascoltando le memorie collettive raccolte negli anni da MOMEC_Memoria in Movimento, si può toccare con mano la semplicità di questa facoltà intimamente umana chiamata ricordo. Unico, inafferrabile e poetico un seme di memoria viene seminato, tra un bicchiere di vino, una lettura di Pessoa e uno sguardo agli oggetti che altri semplici esseri umani hanno lasciato prima di me. Quanto dura il Terzo Tempo, infatti, lo decide chi lo vive.

Siamo dunque pronti ad affrontare il festival delle generazioni che furono e che saranno. È infatti tradizione legare una carta dei tarocchi a ogni edizione del festival: quest’anno tocca alla numero 17, le Stelle, arcano della speranza per antonomasia. Curiosamente l’anno scorso la sedicesima carta era toccata alla Torre, il fondo della disperazione che va accettata per poter poi rinascere…
Ma le stelle sono le idee che ci guidano, i nostri avi da custodire così come i sogni che i giovani portano nel cuore. In questo gioco esoterico la direzione si è mossa scegliendo – limiti organizzativi permettendo – le opere da donare alla collettività rovigotta, vero fulcro di questo planetario performativo. La città, mi viene detto più volte, necessita di una rinascita.

Elaborando un cartellone tra segnalazioni e un bando pubblico, la direzione ha voluto portare in scena tanto il territorio quanto l’Europa, senza perdere d’occhio l’attenzione per i “margini”, per coloro che sono appena usciti dal mondo e coloro che ci sono appena entrati.

Per il teatro ragazzi e per tutti coloro che hanno un padre, Arturo “la prima stella del tramonto” di Niccolò Matcovich e Laura Nardicchi. Elaborando il tema della perdita del genitore i due registi, senza mediazione attoriale, vogliono collettivizzare ricordi e paure di questa ingombrante figura che a tutti tocca, il padre. Lo spettacolo – vincitore ex aequo con Casa Nostra del Premio Scenario Infanzia 2020 – elabora il tabù della morte grazie a una drammaturgia snella e vivace. Laura e Nicolò fanno leva sulla complicità del pubblico per elaborare l’archetipo a partire dai loro ricordi, traghettando così un momento di dolore in una riflessione sull’influenza del padre nella nostra vita adulta.

Poco più tardi, nell’ex chiesa di San Michele, solennità e sperimentazione si uniscono in Luce di Masque Teatro. Due Tesla-Coil ideati da Lorenzo Bazzocchi sui progetti del famoso inventore, totem elettrici e spaventosi dialogano tra loro per quindici minuti. Su di un piedistallo, nel mezzo, a poco a poco emerge l’immagine della civiltà: la performer Eleonora Sedioli passa dallo stadio animale a quello razionale tra contorsioni, paure e slanci di vita.

Infine, chiudiamo la giornata all’insegna di primi studi di teatro d’inchiesta. Siamo infatti nel chiostro degli Olivetani per affrontare prima il tema della guerra in Siria e poi del sogno frantumato di una Taranto volano del Sud.

Il primo spettacolo From Syria: is this a child?, che ha indubbiamente il merito di portare a teatro il tema della guerra attraverso la sperimentazione dei vari medium, pecca però di letteralismo. È infatti intenzione dei due registi, Nicola Di Chio e Miriam Selima Fieno, “trovare un linguaggio per parlare ai bambini” della guerra. Per farlo vengono confrontati due drammi, quello di Giorgia Possekel, bravissima e giovanissima interprete italiana che recentemente ha sofferto la separazione dei genitori, e la sobria narrazione di Edma Suliman, siriana oggi residente in Italia. L’audace volontà dei registi, così come della giovane ragazza, sembra essere quella di capire cosa sia il dolore. Il pubblico viene inserito in una narrazione soggettiva che mette a confronto la perdita della casa come luogo di realizzazione familiare con la diaspora di quanti una casa e una patria l’hanno persa per colpa della violenza. Il tutto con un’affascinate utilizzo di immagini d’archivio, regia in scena e contenuti elaborati da Giorgia in persona. Purtroppo, la domanda rimane irrisolta e non basta urlare, senza spiegare, un dolore personale per trasmettere un messaggio, che alla fine di questo studio, sembra non avere una conclusione se non nell’assurdità del dolore stesso.

Vita Amore Morte e Rivoluzione di Paola di Mitri si dimostra invece un affascinante caso di teatro documentaristico. L’autobiografia dell’attrice, infatti, viene adattata al lavoro fatto dal laboratorio di cinema sociale ZaLab. In quest’ottica, la confusione nata dall’albero genealogico divelto dalle malattie inspiegabili e il dramma della migrazione è ordinata attraverso testimonianze che consolidano, dispongono e spiegano lasciando affiorare la verità dalla connessione dei punti, più che dal loro palesarsi nella drammaturgia.

Ed ecco allora la cifra del festival Opera Prima: il teatro va alla ricerca del pubblico, in strada. Ogni mattino un vivace dibattito sugli eventi del giorno prima e gli imminenti ha preso corpo ora all’ombra dei giardini, ora in piazza, ora aprendo un chiostro o un ex chiesa sconsacrata. Di sera, il terzo tempo della comunità teatrale riunita si chiude sulle tavolate vicine allo stadio di rugby Mario Battaglioni, storica squadra rosso-blu della città.

Certo, le difficoltà non mancano. La frenesia di un mondo fatto di altre velocità sferza gli incontri, che vorresti più lunghi e approfonditi. Nulla come un bel dibattito sul senso del portar-ci in scena andrebbe discusso in una tavola rotonda dando il tempo di inalberarsi, calmarsi e ripartire. Eppure, la sensazione è che in qualche modo Rovigo è stata abbracciata dalla comunità teatrale nei giorni di fine estate, dando riparo anche a chi, e sono molti, di teatro ne sentiva davvero bisogno.

TERZO TEMPO
da un’idea di Mario Previato
assistenza artistica Fiorella Tommasini, Angela Tosatto, Antonia Bertagnon
assistenza tecnica Alessio Papa, Silvia Massicci
una produzione Festival Opera Prima

ARTURO
di e con Laura Nardinocchi, Niccolò Matcovich
scena Fiammetta Mandich
produzione Florian Metateatro, Rueda/Habitas
Premio Scenario Infanzia 2020 ex aequo – Finalista Premio In-Box Blu 2021

LUCE
con  Eleonora Sedioli
elettronica Matteo Gatti
ideazione e macchine Lorenzo Bazzocchi

FROM SYRIA: IS THIS A CHILD?
con Giorgia Possekel, Edma Suliman
video  Hazem Alhamwi, Ahamd Samer Salem, Anthony Col
regia  Nicola Di Chio, Miriam Selima Fieno
drammaturgia  Miriam Selima Fieno
Menzione Premio Scenario Infanzia 2020

VITA AMORE MORTE E RIVOLUZIONE
di e con Paola Di Mitri
regia cinema, riprese e montaggio Davide Crudetti (ZaLab)
produzione esecutiva A.C.T.I. Teatri Indipendenti (Torino)
Menzione speciale TUTTOTEATRO.COM alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2020
Premio giuria popolare  TUTTOTEATRO.COM alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2020
Vincitore Bando. A.n.T. “Primera Non Bussa” 2020
Vincitore TRAC_Teatri di Residenza Artistica Contemporanea 2020