ELENA ZETA GRIMALDI | Questa estate Elisabetta Pozzi l’ha trascorsa a Portigliola, in provincia di Reggio Calabria, accolta e ispirata da questo territorio e dalla sua energia troppo spesso soffocata. Tra serate di lettura e musica, ha dato vita come ideatrice e regista allo spettacolo Tesmoforiazuse o la Festa delle Donne di Aristofane, un progetto in collaborazione con la compagnia reggina Scena Nuda che parte molto prima della messa in scena: tenendo come centro l’affascinante teatro greco-romano di Portigliola, il lavoro si è allargato a macchia d’olio coinvolgendo il territorio, i suoi artisti e i suoi abitanti.

Abbiamo avuto modo di raggiungerla telefonicamente per farci raccontare questa esperienza.

Foto di Sabine Steiner

Da dove è nata l’idea delle Tesmoforiazuse in Calabria?

Sto lavorano a Portigliola da tre-quattro anni, sono venuta la prima volta nel 2018 e ho trovato una situazione veramente gradevole: un teatro, questo greco-romano, veramente bellissimo, un sindaco che aveva voglia di ospitare compagnie e attori di un certo tipo, di fare un percorso su un teatro che avesse a che fare coi temi del mito. L’anno scorso ho fatto un laboratorio importante con delle colleghe, che sono rimaste come me un po’ disorientate da quello che stava succedendo, per questa imposizione del famoso distanziamento sociale, una serie di regole che vanno contro la possibilità di fare teatro in maniera “giusta”, con la partecipazione di un pubblico che non abbia l’ossessione di ammalarsi, di far ammalare. Abbiamo cominciato a discutere di questi temi, e ci siamo ritrovati tra colleghi, anche giovanissimi (molti venivano dall’INDA), e questo gruppo è rimasto in contatto. Quando abbiamo cominciato a pensare di ritrovarci quest’anno, la prima cosa che mi è venuta in mente per dare un titolo è stato proprio le Tesmoforiazuse, la festa delle donne: avevamo scoperto nel frattempo che è stato individuato un sito del tempio proprio qui a Locri, e quindi ci siamo confrontate, io ho cominciato a studiare.

Com’è nata la collaborazione con Scena Nuda?

Nel frattempo, Scena Nuda, Teresa Timpano, mi contatta perché stava facendo fare un lavoro sulla disparità di genere all’associazione Arpa di Firenze, e La festa delle donne parla in qualche modo di questo rapporto, con duemila e passa anni di differenza: Euripide infieriva contro le donne (spesso nelle sue tragedie ha parlato di donne che hanno compiuto atti terribili, una tra tutte Medea, o Fedra) e Aristofane scrive questa commedia in cui le donne si ribellano contro Euripide. Teresa mi ha chiesto se mi sembrava interessante, se c’era la possibilità di creare insieme qualcosa. A lei interessava lavorare a Portigliola, perché questo teatro è carico di sacralità, di un’energia fantastica, e quindi abbiamo unito le forze. Teresa ha impegnato una parte di una sua sovvenzione per finanziare questa impresa immensa − in scena c’erano diciotto persone! −, riuscendo a ospitare le persone e dare un contributo alla causa. Noi, con la nostra associazione Fatti non foste, abbiamo messo a disposizione tutte le forze possibili, dalle persone a tutto il nostro tempo, le nostre energie, il nostro studio, dodici ore al giorno, da giugno.


Nello spettacolo coesistono diverse anime oltre alle vostre sensibilità artistiche, tra cui il coinvolgimento del territorio e la ricerca dell’Arpa Uguaglianze di genere. Come avete lavorato e messo insieme tutti questi spunti?

Ci siamo riuniti i primi di agosto e abbiamo lavorato intensamente per portarlo in scena. Fino ad allora avevamo solo fatto prove, avevamo fatto il laboratorio che è stato bellissimo e anche molto interessante, attraverso il quale siamo riusciti a portare dentro lo spettacolo anche delle donne e giovani donne di qua: è stata anche questa l’impresa vincente, abbiamo lavorato sul territorio. Io ho fatto tradurre a Maria Pia Battaglia la parte del coro delle donne in calabrese, era estremamente vivace, è un dialetto pieno di colore, giusto per questa commedia. E poi siamo riusciti a mettere questo lavoro che aveva fatto l’Arpa sulle disparità di genere, e l’abbiamo potuto collocare all’interno della parabasi: a metà della commedia c’era una sorta di intervallo e là il coro si rivolgeva al pubblico dicendo qualunque cosa, le parole di Aristofane sulle donne e, in maniera molto delicata, una parte di queste considerazioni sul mondo femminile oggi. È venuto uno spettacolo esilarante, pieno di idee. Io ho fatto lavorare gli attori in tutto lo spazio, non solo sul palcoscenico ma più che altro tutto intorno, chiedevamo al pubblico di girare le sedie per poter guardare lo spettacolo.

È stata una bellissima esperienza, Teresa sul palcoscenico ha un’energia straordinaria, Filippo Gessi ha fatto Euripide − ed è stata una bella scoperta, io non lo conoscevo come attore −, hanno portato anche altri attori dalla compagnia, Francesco Godina, Miryam Chilà, Adriana Cuzzocrea… hanno tutti portato un grande contributo. Io poi ho “reclutato” Francesco Migliaccio, e lui ha fatto questo personaggio che è un po’ il protagonista e ha avuto un successo enorme: parlava italiano ma, essendo di qua, ogni tanto buttava giù una frase in calabrese, restando dentro a questo gioco che ci siamo inventati.

Prima delle prove, avete organizzato dei laboratori sui temi della commedia, aprendo il vostro lavoro alla partecipazione dei calabresi. Com’è andata questa esperienza?

Quando abbiamo cominciato a pensare a Tesmoforiazuse ci siamo resi conto che la cosa più importante era quella di lavorare in questo territorio, non standocene a casa nostra. Inoltre, dato che lo avevamo fatto tradurre in lingua calabra ci sarebbe stato utile avere il contributo di gente di qua. Quindi abbiamo fatto un bando in cui abbiamo chiesto alle persone interessate – che potevano essere attori o no – di partecipare al laboratorio, che avrebbe avuto come tema innanzitutto una formazione di base sulla voce, sulla danza e sul corpo per chi ha raramente o mai calcato il palcoscenico. Volevamo vedere anche che persone venivano, se avevano voglia di partecipare, di divertirsi, perché in fondo era anche un grande gioco. Il laboratorio è durato dodici giorni, dal quinto giorno abbiamo iniziato a lavorare su alcune parti della commedia: con mio marito, Daniele D’Angelo, che ha fatto le musiche, abbiamo deciso di non usare nessun tipo di tecnologia, non ci piaceva l’idea di mettere i microfoni, visto che quel teatro comunque è acustico e si può tranquillamente recitare senza microfoni. La musica era tutta cantata, quindi abbiamo fatto molti esercizi sul canto in scena sulle canzoni dello spettacolo. Dopodiché tre di loro sono state chiamate a far parte dello spettacolo, e hanno accettato. Nessuna di loro era attrice, e l’hanno fatto con un piacere immenso, sono venute sempre alle prove, anche se noi provavamo nelle ore notturne, dalle 18 in poi.

Il laboratorio è stato utile per immettersi nel territorio, a me non piace portare tutte le persone da fuori quando qui c’è molta voglia, desiderio di collaborazione, in particolare tra le persone che non fanno questo nostro lavoro. Purtroppo è difficile mettere insieme e le forze, non si riesce a far capire che più si sta insieme, più si collabora, più il risultato può essere interessante. Per ora la collaborazione tra artisti non è facile, la cosa che mi ha rallegrato di Teresa è stata questa sua voglia di iniziare un percorso fatto di sinergia, cercare di attivare una vivacità che nella regione sicuramente c’è, ma viene poco utilizzata. La cosa più bella sarebbe coinvolgere altri artisti, pittori, scultori, che potrebbero star dentro a una iniziativa artistica che poi può diventare uno spettacolo, un’installazione, un evento. Insomma, mettere insieme davvero le forze. Io credo che ci riusciremo a diventare un po’ più sinergici, tutti quanti quelli che hanno voglia di continuare questa avventura.

Quello sul territorio è un lavoro lungo ma utile, imprescindibile da molti punti di vista.

Sì, altrimenti poi tutto si sterilizza, si atrofizza, invece deve rimanere vitale, forte. Io ho visto in questa paese, che è piccolo, tantissime testimonianze di solidarietà, a parte la gentilezza delle persone: abbiamo cominciato a vedere che delle persone da nord sono venute qui perché avevano sentito parlare di questa iniziativa, avevano scelto Portigliola per le loro vacanze, abbiamo avuto la bella sorpresa di una famiglia che è arrivata perché aveva saputo che qui c’erano delle iniziative culturali interessanti. Effettivamente abbiamo davvero fatto un po’ la differenza quest’anno, io ho fatto due serate di letture su Odissea con due grandi musicisti, Massimo Cusato e Francesco Scaramuzzino. D’estate di solito vengono qui compagnie che fanno commedie leggere, di intrattenimento puro, così, tra Odissea e Aristofane, c’è un po’ di tutto, il divertimento, sì, ma uno se vuole può informarsi su Aristofane o altri autori. A mio avviso è interessante, perché la gente è affamata, noi abbiamo fatto due serate piene e ne avremmo potute fare altre due, tant’è che abbiamo deciso, se tutto va bene, di riproporlo la prossima stagione.