EUGENIO MIRONE | Ogni tanto è giusto ricordare che la bellezza del teatro consiste nella mancanza di un’identità statica. Il teatro non è un’accademia, è un luogo di condivisione polimorfico dove è possibile assistere alla recita tradizionale di un’opera “canonica” e, simultaneamente, prendere parte a forme rappresentative che seguono i più svariati intenti.
Il gioco, ad esempio, è la direzione verso cui è orientata Le opere complete di William Shakespeare in 90 minuti (in versione abbreviata), commedia scritta da Adam Long, Daniel Singer e Jess Winfield e divenuta, sin dal suo debutto all’Edinburgh Festival Fringe nel 1987, uno degli spettacoli più conosciuti al mondo. Al teatro Menotti la Bignami Shakespeare Company, composta da Fabrizio Checcacci, Roberto Andrioli e Lorenzo Degl’Innocenti (Sir Fabricius, Sir Robert e Sir Lawrence perché in inglese si è più credibili), ha proposto una versione del testo, tradotto da Andrea Buzzi, adattato alle proprie caratteristiche. Il risultato è una commedia dal ritmo tachicardico e dalla comicità vivace, in grado di presentarci Shakespeare come non lo abbiamo mai visto.

Come si evince dal titolo, quella che viene condotta in scena è un’operazione fuori dall’ordinario e, di conseguenza, facilmente travisabile. A scanso di equivoci, perciò, è bene ricordare che l’immagine del poeta intento a comporre le sue opere nella sue stanze lontano dal fermento della vita teatrale è un’idea distorta della realtà: Shakespeare era un uomo di teatro e in quanto tale traeva la linfa per la creazione delle sue opere direttamente dalle prove dei suoi attori in scena. Questo era il metodo di lavoro dei comici dell’arte, dal quale il bardo e la Bignami Shakespeare Company hanno attinto a piene mani.
Infatti, come afferma Checcacci in un’intervista: “Lo spettacolo ha in sé tutte le caratteristiche della Commedia dell’Arte cui ci siamo ispirati: la velocità, l’idea di tenere lo spettatore sempre attento, il palco all’aperto con poca o nessuna scenografia, il ritmo e le acrobazie”. L’unico elemento strutturale presente in scena è una specie di baldacchino ricoperto da telami utilizzati come quinte.
La grande esperienza dei tre artisti consente loro di utilizzare un gran numero di tecniche teatrali, mentre la recitazione buffonesca si compone delle più tipiche movenze dei Comici dell’Arte. Infine, anche la varietà dei costumi e degli oggetti di scena riflette il carattere eterogeneo della pièce: parrucche spettinate, spade di legno e scarpe da ginnastica sono solo alcuni degli ingredienti di questo gioco teatrale.

Ma veniamo al nodo della questione: è, dunque, possibile portare in scena tutte e trentasei le opere del bardo in soli 90 minuti di rappresentazione? La risposta è affermativa.
Il primo classico a cadere nelle grinfie dei tre artisti è Romeo e Giulietta: la vicenda di Romeo, condotto ai limiti della decenza da un bramoso Andreoli, e di Giulietta, interpretata da Degl’innocenti calatosi mirabilmente nella dimensione femminile, viene raccontata a un ritmo serrato dall’esito esilarante. La pièce prosegue con un Tito Andronico in versione puntata di MasterChef: la tragedia, a detta degli attori la più “trash” di Shakespeare, il quale se fosse vissuto nei nostri giorni sarebbe un collaboratore di Quentin Tarantino, vede il generale Tito presentare al pubblico una macabra pietanza composta dalle parti del corpo più pregiate dei violentatori della figlia. Nella narrazione dell’Otello, invece, viene adoperata una delle trovate sceniche più riuscite dello spettacolo: la tragedia del Moro viene rappata dai tre attori su una base beatbox amplificata dal fragoroso sottofondo di risate del pubblico.
Per quanto concerne le sedici commedie scritte dal bardo il gioco è semplice: una volta smascherata la struttura pressoché identica in ciascuno dei drammi a lieto fine, gli attori si liberano in una lunga e caotica lettura, un pastiche contenente tutte le trame delle commedie shakespeariane; successivamente, una rocambolesca telecronaca calcistica riassume gli eventi centrali dei drammi storici del bardo che portano alla nascita della dinastia Tudor.
A questo punto, si giunge al finale dello spettacolo riservato all’Amleto, durante il quale accade di tutto: Amleto-Checcacci, ironicamente intimorito, crolla di fronte al soliloquio più conosciuto della storia; Degl’innocenti, stufo di dover recitare l’ennesimo ruolo femminile scappa, di conseguenza Ofelia viene scelta a caso dal pubblico. L’io del suo personaggio, scisso in Ego, Es e Super-Io, viene fatto interpretare dal pubblico (tra cui il sottoscritto costretto a correre avanti e indietro di fronte al palco). Tre prove estreme, miracolosamente portate a termine, concludono la pièce: Amleto in tre minuti, Amleto in un minuto e Amleto all’incontrario; dopodiché la giostra può finalmente arrestarsi.

La Bignami Shakespeare Company dimostra come ridere di un classico e sbeffeggiarlo sia un’operazione legittima, liberatoria, a volte necessaria. È inevitabile che in quest’azione dissacrante la bellezza dei versi di Shakespeare, il suo stile incomparabile, la sottigliezza delle trame e l’unicità dei personaggi passino in secondo piano, perché lo scopo di fondo non è altro che divertire il pubblico e svelare l’amara ironia nonché la componente grottesca che si cela in tutte le opere del drammaturgo, anche nelle tragedie più cupe.
L’alchimia che accomuna i tre attori, vivacizzata da un’amicizia trentennale, è la vera forza di questo spettacolo, oltre che l’elemento basilare di una formula comica da capogiro. L’equazione è semplice: si divertono loro, ci divertiamo noi.
In questo modo il “cigno di Avon” viene liberato dalla patina isolante che lo allontana dalle persone e riacquista l’originario spirito popolare. Chi non conosce nel dettaglio l’opera omnia dell’autore riesce comunque a divertirsi; lo spettatore più esperto, invece, viene coinvolto nel meccanismo parodico e ne ride ancora di più; nessuno, uscito da teatro, può dirsi insoddisfatto.


LE OPERE COMPLETE DI WILLIAM SHAKESPEARE IN 90 MINUTI
(In versione abbreviata)

produzione Khora/La Macchina del Suono/TieffeTeatro Milano
commedia scritta da Adam Long, Daniel Singer e Jess Winfield
spettacolo interpretato e diretto da Roberto Andrioli, Fabrizio Checcacci, Lorenzo Degl’Innocenti

Teatro Menotti, Milano
14 novembre 2021