ANNALISA GURRIERI e CARLOTTA SALLEMI | Sognare è quella dimensione indefinita che si fa spazio tra l’immaginazione e la realtà: progetti e desideri per il futuro, paure e angosce del presente, memorie e traumi del passato. Sognare ci assorbe mentre dormiamo ma la maggior parte delle volte non si riesce raccontare e soprattutto a interpretare il significato dei nostri sogni.
A conti fatti, allora: a che cosa serve sognare?

Lo spettacolo La banca dei sogni ci pone davanti a questo interrogativo mettendo in scena l’indagine portata avanti dalla compagnia Domesticalchimia. Il progetto, in collaborazione con Campo teatrale e Teatro della Toscana, è iniziato nel 2019 a Scandicci (FI) ed è poi approdato nella città di Milano a settembre 2021.
L’intuizione arriva in una circostanza singolare: Francesca Merli, regista e ideatrice del progetto e fondatrice della compagnia, tra notti insonni, si ritrova tra le mani il libro La Banca dei sogni di J. Duvignaud e F. Corbeau. I due antropologi hanno delineato un ritratto della società francese degli anni Settanta raccogliendo i sogni della popolazione, di tutte le età e di tutte le classi sociali. Si accende quindi una scintilla tra i membri della compagnia: perché non indagare oggi, sui sogni delle persone, nelle città italiane? Ci sono legami tra ciò che si sogna e i luoghi in cui si vive? Come portare sul palcoscenico i risultati di questa ricerca? Merli, in compagnia dei due attori Laura Serena e Davide Pachera, parte così alla ricerca di sognatori di quattro diverse fasce d’età: bambini, adolescenti, adulti e anziani. Nel settembre 2020 La Banca dei sogni fa tappa a Novara, in alcuni luoghi davvero singolari e nel settembre 2021 approda finalmente a Milano, al Teatro Franco Parenti.
Di città di città lo spettacolo si caratterizza per la sua unicità, perché porta in scena i sogni di persone diverse, esito di vite diverse.

Sul palco del Franco Parenti, insieme ai due attori, alla sound designer Federica Furlani, artefice di suoni disparati, sale un gruppo di sognatori: bambini, adolescenti, adulti e anziani milanesi. Colpisce subito quanto sia stato difficile raccogliere i sogni a Milano: la vita frenetica ha impedito più volte di trovare momenti in cui le persone fossero disposte a fermarsi e a dedicare il tempo necessario per chiacchierare con gli attori e riflettere sulla propria attività onirica. Dopo varie peripezie le interviste di duecento sognatori di Milano approdano sulla scena dando forma a uno spettacolo inchiesta emozionante, inquietante e travolgente allo stesso tempo.

ph Filippo Manzini

Si infrange la quarta parete, le domande che gli attori si sono posti per mesi ora vengono rivolte al pubblico in sala. Ai dialoghi dei due attori con un bambino, con adolescenti, alcuni adulti e anziani, si alternano gli audio delle interviste raccolte.
Un bambino si nasconde e grida «Io non voglio andare al liceo!».
Che cosa sognano i bambini? Secondo Freud i sogni infantili sono brevi, chiari e coerenti. I sogni di Arthur e tanti altri bambini milanesi sembrano contestare questa affermazione: fanno «sogni un po’ strani» spesso sono incubi che hanno per protagonisti animali di dimensioni sovrumane, mostri, familiari o ancora «una torta a forma di mucca che schiaccia la maestra».
Il suono di una sveglia, un banco che appare sullo sfondo insieme a un gruppo di ragazzi fanno scappare Arthur dalla scena. Arrivano gli adolescenti, restii a condividere la loro esperienza. Tra cappucci in testa e sguardi diffidenti, l’unico che inizia a raccontare è Giacomo. Mentre i sogni dei bambini abbracciano la fantasia, quelli degli adolescenti racchiudono paure e angosce frutto di situazioni reali. Per loro «i sogni puliscono solo il cervello dallo schifo della giornata». Arriva poi l’età adulta durante la quale «sognare è diventato un atto rivoluzionario, un bene di lusso». Molti degli adulti intervistati dicono di non sognare mai o di non ricordarsi i sogni che fanno. Forse meglio non ricordarli perché significherebbe guardare a errori e mancanze della quotidianità. L’atto di dormire è percepito come mera necessità fisiologica della quale, se solo potessero, farebbero volentieri a meno. L’esortazione è a fermarsi e non a caso arriva la terza età: l’età della sosta. Il primo sogno è di Fiammetta, una signora esilarante che racconta briciole di sogni e di ricordi del passato. Dalle sue parole traspare l’esigenza di essere ascoltata e la malinconia della solitudine. Il sogno di Claudio, ex direttore di orchestra intervistato alla casa di riposo per musicisti Verdi, ripercorre invece le tappe di un viaggio in Oriente. Il suo racconto incanta Arthur che si rannicchia ai suoi piedi per ascoltare.

Così il cerchio si chiude, le età si incontrano in scena, confermando il dubbio ancora irrisolto «A che cosa serve sognare?». Claudio, con uno sguardo di rammarico, guardando Arthur, gli confessa: «Dopo aver studiato Jung, Freud e il lavoro degli antropologi, non abbiamo ancora trovato una risposta univoca alla domanda». Sarebbe riduttivo definire esclusivamente “spettacolo” questa restituzione scenica: il modus operandi di Domesticalchimia, giovane compagnia under35 nata nel 2016, vi si rispecchia completamente. Una composizione di immagini, musica e parole, restituisce un’indagine del quotidiano dinamica e sorprendente, capace di tenere alta l’attenzione dello spettatore e di coinvolgerlo in prima persona.
Una cosa è certa: con questo progetto la compagnia ha raggiunto il suo intento di «cogliere il termometro di una città». Si conferma così la tesi all’origine di questo spettacolo-inchiesta, ovvero che la quantità e la qualità dei sogni rispecchiano la nostra società.

 

LA BANCA DEI SOGNI

regia e ideazione Francesca Merli
con Federica Furlani, Davide Pachera e Laura Serena e un gruppo di sognatori: Artur Gussoni, Giacomo Guarino, Emma Rovatti, Francesco Piazza, Chiara Brugnara, Carlotta Cavallini, Alessandro Miano, Lia Bacceli, Fiorenza Auriemma, Chiara Pollicino, Fiammetta Paoli e Claudio Giombi
drammaturgia Francesca Merli, Davide Pachera e Laura Serena
musiche e sound design Federica Furlani
assistente alla regia Enrico Frisoni
foto Soheil Raheli
produzione Domesticalchimia con il sostegno di Campo Teatrale e Teatro della Toscana

Milano, Teatro Franco Parenti
3 Ottobre 2021