RENZO FRANCABANDERA | L’arrivo di Michela Lucenti nella progettualità ERT è coinciso con quello della nuova direzione artistica, affidata a Valter Malosti. La danzatrice, si ricorderà, ha fondato nel 2003 Balletto Civile, progetto artistico nomade animato da una forte tensione etica, con base in Liguria ma con numerosissime propaggini progettuali, tese a favorire l’interazione tra teatro, danza, canto dal vivo originale e una profonda relazione tra gli interpreti.
Tantissimi i giovani talenti che sono nati dalla gemmazione dei progetti cui Balletto Civile ha lavorato in questi anni, coinvolgendo tantissimi coreografi e danzatori in suggestioni che vanno dalla rilettura, spesso irriverente, dei grandi classici del Teatro, della Danza e della Musica, passando dalla drammaturgia originale di autori italiani alla messa in scena di autori stranieri.
Carne, il focus di drammaturgia fisica e teatro-danza, curato da Michela Lucenti, è stato il primo intervento organico pensato dalla coreografa che Malosti ha deciso di accogliere dentro la programmazione di Emilia Romagna Teatro.
Un chiaro spazio al teatro fisico, individuato come forma specifica, come linguaggio capace forse più di altri di interpretare il nostro tempo: e il successo di pubblico è stato significativo negli appuntamenti che con cadenza settimanale hanno animato l’estate  bolognese. Una serie di eventi estivi di Carne sono infatti diventati parte di InChiostro, la rassegna estiva di ERT all’Arena del Sole, nell’ambito di Bologna Estate 22, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.La direzione di Carne era apparsa da subito chiara quando con Tell me a story un gruppo di adolescenti tra i 14 e i 21 anni a fine maggio scorso avevano portato in scena la propria storia, nel tentativo di una narrazione gestual-generazionale. Accompagnando tutta la stagione di ERT / Teatro Nazionale a Modena, Bologna e Cesena sia nella coda del programma 2021/22 che nella programmazione estiva che nella ripresa con il Festival VIE, Carne si è da subito configurato come melting pot dei linguaggi, dalla creazione ibrida fino alla coreografia pura, dal teatro-danza alla performance, dalla slam poetry al teatro delle diversità, fino ad arrivare al corpo inteso e proposto come musica o come gesto pittorico. Avevamo già parlato di uno dei primi eventi ospitati a Bologna all’interno del focus, Il Paradiso perduto per la regia di Antonio Viganò.

Giugno e Luglio sono stati l’occasione per vedere le creazioni di danzatori e performer italiani e stranieri, impegnati in questa tessitura di riflessioni sulle connessioni fra il linguaggio della danza e quello del teatro, con l’idea di radicare il pensiero sulle complessità del presente, rivissute attraverso corpi, spesso soli, in combattimento con il proprio destino nello spazio sociale.

Loose dogs – Emanuela Serra disegnata live da Renzo Francabandera

È stato il caso ad esempio a metà giugno della proposta di Emanuela Serra, artista dall’ampio potenziale espressivo sia fisico che letterario, con il suo Loose Dogs, performance con un immaginario ispirato alle graphic novel e pensata per spazi teatrali e non.
E qui si era in un teatro ma non propriamente “nel” teatro. Nel chiostro dell’Arena del Sole lo spettacolo ha luogo sulla pedana issata sul fondo dello spazio cinto dalle costruzioni antiche, diventato per l’occasione interno di un pub trasandato, con un caotico bancone e su un secondo livello, più basso, alcuni altri oggetti, una vecchia poltrona.
L’installazione scenica di Alessandro Pallecchi e le musiche di Guido Affini aiutano a rendere concreto l’ambiente emotivo, vissuto dall’interprete non solo tramite l’azione fisica, ma anche attraverso un grande narrato verbale.
Siamo dentro una sorta di flusso di coscienza del fallimento, che profuma di quell’emarginazione urbana che si respirava nei testi di Vincenzo Costantino Cinaski. Qualcuno ne ricorderà titoli come Nati per lasciar perdere, qualcosa che davvero ha a che vedere con i segni e le parole della Serra, che vaga, gira, quasi si arrampica come l’edera su un muro a cercare qualcosa, ad afferrare, ad afferrarsi. È l’avverarsi dell’autoprofezia tipica delle vite da cani sciolti, cui il titolo rimanda. Si paga il caro prezzo della libertà. Cosa cerca di sè questa identità in squilibrio costante, pronta a cadere da un piano all’altro, a rimbalzare come un oggetto, a diventare quasi mimetizzata, in un loden marrancio e con la faccia bianca, dentro una natura morta di bottiglie da banco, ingrigita come nei colori di Morandi? Ci sommerge il suo racconto in bilico, la sua posa mai in sosta, mai in pace: resta dentro lo sguardo dello spettatore che in qualche modo si rifrange nelle sue fragilità, forse inevitabili ma comunque non evitate.

Pochi giorni dopo, a fine mese, curiosiamo dentro la pratica del coreografo Cristiano Fabbri, legato a pratiche ed esperienze di natura ascetico meditative sul rapporto mente-corpo e da molti anni presente con un percorso assai personale sulla scena indipendente, in scena con la prima assoluta di Natura morta con gioco, un solo ispirato ai Quattro Quartetti di T.S. Eliot. Siamo in una costruzione dal tratto quasi opposto al precedente, silenzioso, astratto, dedicato al mistero del tempo e del suo scorrere.
Sul palco, oltre all’interprete, una scala e delle pietre. Con questi elementi il danzatore  intesse un dialogo di piccoli gesti, che nella memoria restano paradossalmente abbacinati dal silenzio, quel tentativo, per dirla con il poeta fonte d’ispirazione, di “comprendere il punto d’intersezione del senza tempo col tempo”. È strana eppure viva la sensazione nella memoria di una sorta di nostalgica crocifissione ad un sè mai incontrato, cui il danzatore dà vita. Come se la ricerca fosse quella dello spazio fra ciò che si è stati e ciò che si sarebbe voluti essere ma non si è stati. Ascese mai compiute, pesi a rallentare. Scale. Pietre.
Oltre al senso di quello che avremmo potuto o potremmo essere se…, resta qualcosa di criptico, forse ancora un po’ involuto in questa creazione, come se lo spazio intimo avesse paura di schiudersi del tutto e quindi restiamo testimoni ma non partecipi.

Il calendario estivo si è concluso con un grande evento, al Museo per la Memoria di Ustica (Parco della Zucca, Bologna) nell’ambito della rassegna Attorno al Museo – celebrazioni del 42° anniversario della strage , con lo spettacolo The Fall dei coreografi e danzatori Joy Alpuerto Ritter e Hannes Langolf.
Joy Alpuerto Ritter è nata a Los Angeles, è cresciuta e si è formata in Germania, studiando balletto, danza contemporanea e danze dell’area filippina e polinesiana, luoghi in cui si radicano le sue lontane origini, mescolandole a stili di danza urbana. Ha danzato con il Cirque du Soleil, Wang Ramirez e dal 2013 è danzatrice e direttrice delle prove della Akram Khan Company, dove ha incontrato il percorso di Hannes Langolf, che ha collaborato con coreografi come William Forsythe, Angelin Preljocaj, Wayne McGregor e Akram Khan e che dal 2007 al 20016 ha lavorato con il DV8 Physical Theatre.
È una coreografia stranissima, perchè pur senza volerlo ex ante, trova una tragica e indicibile corrispondenza con il luogo che lo ospita. Ispirati dal “discorso del disastro della Luna” del presidente Nixon, i due artisti indagano i concetti di vulnerabilità e fallimento, in una dialettica intima ma in molti momenti deflagrante e lacerante.

Il loro mondo di scatole di cartone, il tentativo di continui equilibri impossibili, si alimenta, davanti al luogo che ospita la carlinga-puzzle del DC9 dell’Itavia esploso nei cieli di Ustica, di significati forse non voluti ma che danno alla creazione la cifra del piccolo gioiello, capace di trovare senso dovunque provi ad ambientarsi.
È un gioco di continue prese e liberazioni, di nascondimenti e rivelazioni innanzitutto di un umano all’altro.
Se il testo che risuona e fa da “colonna sonora” è quello del Presidente Nixon in occasione della missione per lo sbarco sulla luna – incentrato sulla possibilità per quegli astronauti di fallire e di non fare ritorno a casa – ancor più forte è il momento dello spettacolo in cui i due artisti vinti dalla gravità e dall’inevitabile peso dei loro corpi, recitano in slow motion Blowin’ in the wind di Bob Dylan, come fosse un’invettiva, una bestemmia contro il fato, con lui preso in una drammatica smorfia di disperazione e lei a sventolarlo con un pezzo di cartone, quasi a volerne sedare una inarrestabile rabbia di essere. I fumogeni che nel finale vorrebbero raccontare un altrove nel quale gettare le proprie speranze, qui invece ricordano ai molti spettatori la Storia, la vicenda di Ustica e tutti restano per l’incontro con gli artisti che segue lo spettacolo, quasi a voler capire il senso dei legami che l’arte sa tessere con l’indicibile.

Ma dopo le parentesi di agosto e settembre e fino ad aprile 2023, Carne ritornerà confluendo nelle stagioni, nei progetti con le scuole e, nel mese di ottobre, in VIE Festival, con i suoi 13 spettacoli (7 stranieri e 6 italiani) allestiti nelle città di ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione. In questa ripresa autunnale ci sarà il debutto di Karnival, della stessa Michela Lucenti, ispirato proprio ai temi e alle necessità del teatro fisico, in scena l’8 e il 9 ottobre al Teatro Arena del Sole, in replica a Modena il 4 dicembre allo Storchi. Segnaliamo, negli stessi giorni, sempre all’interno di VIE, il 7 e l’8 ottobre al Teatro Storchi di Modena, la prima nazionale di Éléphant (co-produzione ERT / Teatro Nazionale), della coreografa marocchina Bouchra Ouizguen, che guida le artiste della Compagnie O e il 9 ottobre La Veronal, diretta da Marcos Morau, al Teatro Bonci di Cesena con Opening night.

Durante poi la stagione di ERT, dentro il progetto Carne, gli spettatori avranno occasioni di confronto con performance di danzatori, coreografi e compagnie italiane e straniere fra cui Marco D’Agostin, Maurizio Camilli, Balletto Civile, Bluemotion, Aristide Rontini, Aldes, Francesca Zaccaria, Sofia Nappi, Mattia Cason, Manuela Capece, Davide Doro, Rodisio, Lara Guidetti, Sanpapié, Claudia Castellucci, Societas.

 

LOOSE DOGS

ideazione Emanuela Serra, Guido Affini, Alessandro Pallecchi
testi, interpretazione e regia Emanuela Serra
disegno sonoro Guido Affini
produzione Emanuela Serra / Balletto Civile

 

NATURA MORTA CON GIOCO

di e con Cristiano Fabbri
produzione Cristiano Fabbri/Teatro di Genova
con il sostegno di Teatro della Tosse, Spaziodanza Genova

THE FALL

ideazione, coreografie e performer Joy Alpuerto Ritter e Hannes Langolf
produzione Christine Maupetit
con il sostegno di Orsolina28 e Akram Khan Company insieme a Sky Arts
un ringraziamento speciale a Lukas Steltner e Akram Khan
spettacolo realizzato nell’ambito della rassegna Attorno al Museo – celebrazioni del 42° anniversario della strage di Ustica