LEONARDO DELFANTI | Anche quest’anno il sodalizio artistico svizzero Trickster-p è stato ospite a Operaestate Festival 2022 di B.Motion Teatro, appuntamento storico per tutti gli appassionati del teatro d’innovazione.
Il duo fonda da sempre la creazione spettacolare su una concezione ludica e multisensoriale del “fare assieme”: in questo caso Cristina Galbiati e Ilija Lubinbül hanno deciso di coniugare la performance, l’installazione e il game design per dare vita nei mesi della pandemia a Eutopia. Pensato come un’esperienza di teatro partecipativo in cui le scelte del pubblico hanno la possibilità di influenzare le dinamiche dello spettacolo, Eutopia vuole elaborare le dinamiche ecologiche e antropologiche dell’agire umano sull’ecosistema.

Da una parte grazie a un raffinato studio di game design ad opera di Pietro Polsinelli, dall’altra avendo la capacità di riassumere complesse dinamiche biologiche in una serie di regole chiare e semplici, Eutopia coinvolge lo spettatore nella grande narrazione della vita sulla Terra.

Picture Credits: Giulia Lenzi

Diviso in diverse squadre, infatti, il pubblico è chiamato a scegliere che azioni compiere sulla grande tavola da gioco in cui turno su turno i regni della vita prendono forma, rafforzandosi o distruggendosi. Umani, animali, piante e funghi sono infatti i tasselli fondamentali dell’ecosistema da bilanciare in una partita che si rivelerà tanto spietata quanto illuminante per quanti ne decideranno le sorti.

Mossi dalla curiosità per una forma teatrale che ha riscosso grande successo di pubblico anche durante le repliche proposte a Bassano del Grappa per l’edizione 2022 di B. Motion Teatro, abbiamo deciso di parlarne con Cristina Galbiati, artista co-fondatrice di Trickster-p.

La poetica di Trickster-p si allontana dalla concezione classica della performance per esplorare le potenzialità nate dalla contaminazione e commistione di linguaggi. In un teatro post-pandemico quali sono secondo voi le linee guida fondamentali per creare un’opera che possa dirsi riuscita?

Mi piacerebbe spostare lievemente i termini, pensando a quello che mi pare necessario più che a quello che definirei riuscito, sapendo bene che quando parliamo di necessità entriamo in un ambito molto individuale, oserei dire quasi intimo. Quello che personalmente mi pare centrale e indispensabile oggi è ripensare al rapporto con il pubblico e a come quest’ultimo possa tornare ad essere al centro. Come possiamo ristabilire il filo che per diversi mesi è stato interrotto? E soprattutto cosa significa essere spettatrice e spettatore in questo tempo? Mi affascinano i progetti che investigano queste questioni e che si interrogano su come la pratica artistica può innestarsi nelle contingenze storico-culturali mettendo in gioco linguaggi e paradigmi differenti alla ricerca di domande più che di risposte.

La vostra è una presenza che mantiene una sorta di filo rosso con B.Motion Teatro, la rassegna di Operaestate dedicata al teatro d’innovazione. Cos’è stato fino ad ora B.Motion per voi? 

Ho un’immagine molto chiara nella mente: uno dei nostri primi tentativi di investigare le possibilità di uscire dalla scatola teatrale ci aveva portati a creare uno spettacolo che definivamo “teatro da tavolo” e aveva luogo nelle abitazioni private. Sono passati molti anni, ma ricordo molto bene l’apertura e l’entusiasmo con cui la direzione artistica del Festival si era lasciata affascinare da questa proposta, venendo a vedere il lavoro in Svizzera, sebbene non avesse alcuna idea di chi fossimo. Per noi, giovani alle prime armi, era stato un segnale di fiducia e ascolto fondamentale e, forse, anche la testimonianza del fatto che si potessero costruire relazioni e progettualità al di là di uno schema di conoscenze precostituito. Da allora, negli anni, siamo tornati a B.Motion a cadenza regolare con tutti i nostri lavori. È ogni volta un po’ come tornare a casa dopo un lungo viaggio e condividere quello che abbiamo visto e scoperto, sapendo che ogni singolo progetto è parte di un percorso più articolato che vive e respira nel suo insieme.

Picture Credits: Giulia Lenzi

Eutopia racconta il meccanismo evolutivo del Creato. Attraverso il gioco si vuole ricreare una coscienza collettiva: installazione, game design e performance si mischiano per ri-pensare il nostro ruolo nel grande gioco della vita. Qual è stata la più grande sfida nella progettazione di Eutopia?

È interessante che tu parli di Creato, io preferisco rubare la definizione di Lovelock e parlare di Gaia: un complesso sistema sinergico e autoregolato fondato sulla costante interazione tra i diversi elementi che la compongono. Questa visione sistemica, che è poi alla base del maccanismo di Eutopia, è stata in qualche modo anche la caratteristica e la sfida del processo creativo: come riuscire a mettere in dialogo elementi che provengono da ambiti molto differenti e consentire loro di interagire? Certamente quello che segna una discontinuità rispetto ai nostri progetti precedenti è l’utilizzo del dispositivo ludico, e dunque del gioco, che consente al pubblico di mettersi in azione dando vita a esiti sempre differenti. Confesso che all’inizio del processo non avevo compreso a fondo le potenzialità di questo elemento, che si sono rivelate a poco a poco anche grazie ai preziosi apporti di un gruppo di lavoro estremamente eterogeno. Ora mi resta la voglia di continuare a investigare questo potenziale per capire dove potrebbe portarci in futuro.

Eutopia potrebbe essere iscritta nel filone della Future Literacy, il tentativo UNESCO di formare nei cittadini una coscienza del e per il futuro attraverso l’immaginazione di quel che “potrebbe essere”. Come mai la nostra specie ha così tanto bisogno dell’immaginazione per sopravvivere?

Probabilmente perché il fatto di immaginare e, tutto sommato, la capacità di perderci nell’immaginazione è quello che ci rende quello che siamo (senza la quale il fatto di occuparsi di arte non avrebbe alcun senso).

EUTOPIA

creazione Trickster-p
idea e realizzazione Cristina GalbiatiIlija Luginbühl
dramaturg Simona Gonella
collaborazione artistica Yves Regenass
game design Pietro Polsinelli
occhio esterno Martina Muzner
spazio sonoro originale Zeno Gabaglio
editing e mixing Lara Persia
assistenza e collaborazione alla realizzazione Arianna Bianconi
produzione Trickster-p, LAC Lugano Arte e Cultura
coproduzione Theater Chur, ROXY Birsfelden, Südpol Luzern, TAK Theater Liechtenstein, Fog Triennale Milano Performing Arts
con il sostegno di Le Grütli – Centre de production et de diffusion des Arts vivants (Ginevra) – residenza di creazione