ESTER FORMATO | Si apre alla Triennale di Milano la nuova stagione teatrale che vede in scena una miscela di linguaggi performativi e recentissime scritture che scardinano i tradizionali spazi scenici. Il primo spettacolo del nuovo cartellone, Romances inciertos, un autre Orlando del performer francese Francois Chaignaud e di Nino Laisnè, che ne cura la regia, è di produzione franco-italiana e ruota tutto attorno al cangiante corpo danzante di Chaignaud che attraversa luoghi e dimensioni, restituendoci un tipo di spettacolo non tanto da comprendere razionalmente quanto qualcosa di cui fare esperienza visiva.

Ai lati della scena quattro musicisti si dispongono a mo’ di cornice e, insieme ai due quadri dal soggetto paesaggistico, contribuiscono a rendere lo spazio scarno dell’assito particolarmente “identitario”. Infatti un ambiente caldo e iberico avvolge all’improvviso la scena che Chaignaud fende con la propria arte coreutica. Non è un personaggio quello che cerca di narrare agli astanti, quanto una serie di speculari identità che si dipanano dalla sua immaginazione, che caratterizza con costumi scenici e movimenti sinuosi al suono dei quattro strumenti.
Metamorfosi cangianti entrano ed escono da un unico corpo, figure androgine come matrioske scaturiscono dalla danza dell’artista, una dentro l’altra, e ridanno vita a personaggi di antiche tradizioni letterarie spagnole, che si stagliano nel tempo e si fanno pretesto per esprimere a pieno le potenzialità artistiche dell’artista.

In principio, dunque, è la doncella guerrera a prendere vita sui trampoli.  Protagonista di un antico poema anonimo castigliano la cui eroina non è molto dissimile dalle sue tante sorelle disseminate nella letteratura cavalleresca europea, si presenta come una donna combattente in abiti maschili. Dalla donzella all’efebico San Miguel alla più manifesta femminilità incarnata in Tarara, fa dunque capolino un originale Orlando – un altro Orlando – protagonista di quel viaggio fra il maschile e il femminile del romanzo di Virginia Woolf.

Per quanto in assenza di sovratitoli lo spettacolo possa risultare complicato, se non si hanno preventivamente le coordinate letterarie e culturali con cui viene articolato – e questo rischia di non far apprezzare la performance – l’opera di Chaignaud colloca il nostro sguardo oltre i limiti che da sempre racchiudono l’arte scenica italiana: non è la parola lo strumento di comprensione e condivisione con il pubblico, ma il corpo stesso dell’attore che si fa direttamente narrazione e meta-narrazione, ricreando un codice di comunicazione assolutamente diverso dal teatro di parola. Il corpo del performer perde le convenzionali connotazioni sessuali per approdare a una dimensione che  diviene archetipica: le identità si moltiplicano e  si intrecciano,  Chaignaud riscrive con un proprio codice vecchie tradizioni e assume un retrogusto arcaico.

Se Romances inciertos ci conduce in un labirinto di icone della tradizione spagnola, attraverso il linguaggio della danza e del canto, in Sovrimpressioni di Tagliarini e Deflorian due attori riscrivono il proprio vissuto artistico, sovrapponendo a loro stessi battute e stati d’animo dei loro personaggi, quello di Amelia e Pippo, protagonisti del felliniano Ginger e Fred.
In procinto di interpretare su un palcoscenico quelli che furono Marcello Mastroianni e Giulietta Masina, ecco che Daria Deflorian e Antonio Tagliarini si dispongono uno di fronte all’altra su un lunghissimo tavolo, diviso a metà da un duplice specchio, allestito nell’enorme Sala di Onore della Triennale di Milano. In questo ambiente, così diverso dal palcoscenico ordinario, la platea si dispone su entrambi in lati in parallelo a tutta la lunghezza del tavolo, mentre due truccatrici allestiscono le due postazioni sulle quali gli attori, dopo qualche attimo, si accomodano per il consueto trucco e parrucco. Lontano si intravedono una serie di stampelle con gli abiti di scena; pochissimi elementi, dunque, che abbozzano un ambiente anti-teatrale (in senso etimologico del termine), uno spazio bordeline fra vita reale e palcoscenico che si dilata e rimpicciolisce continuamente.
La performance riprende l’ultima scena del film di Federico Felini, che suggella l’addio alle scene della protagonista Ginger; un addio che Deflorian e Tagliarini trasformano in strumento di riflessione sul loro vissuto condiviso di essere attori.

Così le Sovrimpressioni travalicano i confini della drammaturgia, creano un’idiosincrasia fra realtà e finzione, un cortocircuito in cui i due attori raccontano se stessi attraverso squarci del mondo felliniano.
La percezione di chi guarda Sovrimpressioni è quella di sostare in un’anticamera di uno spettacolo teatrale, in una fase transitoria in cui l’interprete è, ma non ancora totalmente, un altro. Il dialogo è familiare, gli astanti sono avviluppati nell’intimità che traspare fra i due protagonisti, e la sincerità di tale racconto finisce per renderli agevolmente partecipi. La loro è un’intimità fatta di un longevo lavoro teatrale insieme e che rivedono a ritroso nel tempo, ora che hanno entrambi raggiunto un’età matura e che sono approdati a un’arte più consapevole.
Battute tratte dalla pellicola felliniana fanno capolino nel dialogo domestico fra Tagliarini e Deflorian, ma di fatto il film resta ai margini, se non per il relativo epilogo che diventa pretesto per interrogarsi sulla finitudine del mestiere dell’attore; la scomparsa dalle scene di Ginger come quella prematura della divina Greta Garbo, è speculare all’arrivo tardivo nel mondo teatrale del duo. Il lavoro sembra quasi ragionare su un qualcosa d’inconsistente – ovvero l’arte – e tale labilità è puntualmente rimandata dall’ambiente asettico della performance, nel solco quasi atemporale della preparazione al trucco.
Se pure è vero che le parole che si scambiano da un capo all’altro del tavolo intessono una narrazione, d’altro lato anche in questo caso – come in quello di Chiagnaud – il linguaggio teatrale tende a rarefarsi, lasciando che l’atto performativo prenda il sopravvento su un processo narrativo convenzionale.
Anche qui le identità degli interpreti Daria e Antonio si lasciano confondere da un immaginario felliniano che concorre, seppur in maniera disincantata, a definire il loro vivere l’arte e il teatro. D’altro canto la loro sintassi resta scarna, priva di grandi rivelazioni e snodi, verità e finzione stavolta non sono poli opposti, termini di una costante dialettica nell’arte scenica; tutto concorre a un atto performativo che in Sovrimpressioni scardina il concetto convenzionale di spettacolo teatrale, facendone presagire soltanto l’idea.

Impressioni ne sovrascrivono altre; ecco la chiave comune di due allestimenti così profondamente diversi, ma che accantonando la narrazione, lavorano per immagini e intrinseche associazioni, con “una drammaturgia senza drammaturgia”.

ROMANCES INCIERTOS, UN AUTRE ORLANDO

ideazione, regia, direzione musicale: Nino Laisné
ideazione, coreografia: François Chaignaud
voce, danza: François Chaignaud
bandoneon: Jean-Baptiste Henry
viola da gamba: Robin Pharo
tiorba, chitarra barocca: Pablo Zapico
percussioni storiche e tradizionali: Pere Olivé
tecnico luci, direttore di scena: Léo Fauche
tecnico del suono in tournée: Charles-Alexandre Englebert
costumista in tournée: Cara Ben Assayag
disegno costumi: Carmen Anaya, Kevin Auger, Séverine Besson, María Ángel Buesa Pueyo, Caroline Dumoutiers, Pedro García, Carmen Granell, Manuel Guzmán, Isabel López, María Martinez, Tania Morillo Fernández, Helena Petit, Elena Santiago
scenografia, pittrice principale: Marie Maresca
pittrice: Fanny Gaudreau
composizione immagini: Remy Moulin, Marie B. Schneider
falegnami: Christophe Charamond, Emanuel Coelho
amministrazione, produzione: Garance Roggero, Jeanne Lefèvre, Léa Le Pichon
traduzione dei testi di scena a cura di: Laura Artoni

Milano, 19 ottobre 2022

SOVRIMPRESSIONI

liberamente ispirato al film: Ginger e Fred (Federico Fellini, 1986)
progetto di e con: Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
con: Cecilia Bertozzi, Chiara Boitani
assistente alla regia: Chiara Boitani
tecnica: Giulia Pastore
costumi: Metella Raboni
organizzazione: Silvia Parlani
distribuzione: Valentina Bertolino
amministrazione: Grazia Sgueglia
foto: Greta De Lazzaris
un ringraziamento a: Esmè Sciaroni, Samantha Giorgia Mura
produzione: Santarcangelo Festival
produzione esecutiva: Index Muta Imago
residenze: Ostudio Roma, Carrozzerie Not Roma

Milano, 23 ottobre 2022