ILENA AMBROSIO | Una compagnia pugliese e una rumena a confronto con Shakespeare. Il Romeo e Giulietta – Romeo și Julieta adattato e diretto da Michelangelo Campanale  e coprodotto da ERT per gli attori de La Luna nel Letto e del Teatrul Excelsior di Bucarest ha, negli ultimi mesi, attirato l’attenzione di PAC che ne ha raccontato la fase preparatoria e il debutto. Un’attenzione stimolata dall’audacia di un progetto che ha saputo far incontrare culture umane e teatrali differenti e dare evidenza a una originale lettura di uno dei testi più popolari del Bardo.

A distanza di qualche tempo dal debutto di febbraio al Teatro Bonci di Cesena abbiamo incontrato di nuovo Michelangelo Campanale per approfondire alcuni punti del suo lavoro.

Cosa ti ha spinto a scegliere proprio Romeo e Giulietta per un tuo lavoro? Quale sfumatura di senso hai sentito più vicina?

Era da tanti anni che mi girava nella testa l’idea di mettere in scena Romeo e Giulietta. Ho dedicato molti laboratori con adolescenti e adulti a quest’opera, per capire la direzione da prendere. E ogni volta che ci ho lavorato, l’ho sempre trovato attuale, anche perché descrive l’Italia in una maniera incredibile! Quella Verona può essere qualsiasi città del mondo e le dinamiche delle relazioni tra i personaggi della tragedia richiamano situazioni che le nostre comunità conoscono benissimo: in primis quelle la famiglia, il centro di tutto. Si tenta di uscire da queste dinamiche, ma è molto difficile cambiare… Non solo, viviamo un tempo in cui da più parti si chiede, si invoca attenzione per il futuro delle giovani generazioni. Il testo di Shakespeare, con l’essenzialità di una fiaba, ci parla di questo in maniera esemplare: della famiglia e di adulti che stanno facendo di tutto per distruggere il futuro delle nuove generazioni.

A quale edizione vi siete affidati e che tipo di ricerca/operazione avete fatto sul testo?

Come dicevo, avendoci lavorato in più occasioni, avevamo a disposizione una corposa bibliografia, traduzioni importanti come quella di Quasimodo (per citarne una), una filmografia molto stimolante, ma il nostro punto di partenza è stato l’originale inglese. Da quello abbiamo costruito il nostro testo che mette insieme sono tre lingue in questo lavoro: inglese, italiano e rumeno. Con Katia Scarimbolo abbiamo portato avanti, fino al debutto, un lavoro certosino di incrocio di lingue e linguaggi, ottenendo comunque, a detta del pubblico anche giovanissimo, immediatezza e contemporaneità espressiva.

A differenza delle tue regie di teatro tout public, questa scena è, salvo pochi oggetti, fondamentalmente vuota. Perché?

Quando si affronta un testo come Romeo e Giulietta, si hanno riferimenti pittorici precisi, che ti riportano immediatamente a periodi storici definiti. Se pensiamo al cinema, al Romeo e Giulietta di Zeffirelli per esempio, i riferimenti pittorici sono palesi. Io sono prima di tutto scenografo e quindi questo tipo di approccio sarebbe stato naturale; ma leggendo il testo shakesperiano, come ho già detto, senti tutta la potenza della tragedia, il suo scandagliare l’animo umano, con una sapienza che non ha tempo. È  da qui che sono partito per costruire scene, luci e costumi. Un tempo contemporaneo indefinito ed essenziale, non descritto sulla scena ma evocato.

C’è però una componente che salta agli occhi ed è la sacralità. Cosa ci dici di questa cifra che hai dato alla rappresentazione?

Quando un testo attraversa i secoli e giunge a noi attraverso il tempo, diventa sacro. La messa in scena non poteva che essere rituale, perché ancora una volta abbiamo sentito l’esigenza di vedere accadere quella storia davanti ai nostri occhi. Una eterna ripetizione che non toglie nulla ma aggiunge significato a quel testo magnifico. I riti hanno questa necessità e Shakespeare ci ricorda che il teatro è rito e per me, in quanto tale, sacro. L’ho accostato alla Bibbia e da qui è nato il mio adattamento, che vede proprio nella figura del prete il portatore di questa sacralità.
Nel caso di Romeo e Giulietta, la storia stessa mi ha portato in questa direzione; il sacrificio di due anime innocenti ha richiamato alla mia mente Abramo e il sacrificio di Isacco (che la mano di Dio ha poi fermato) o il sacrificio di Gesù crocifisso. Sulla scena infatti c’è un altare sacrificale: solo con il sacrificio di due innocenti, purtroppo, termina la guerra tra le due famiglie nemiche.

Del lavoro che hai fatto sugli attori ci hai già parlato in occasione del nostro precedente dialogo. Cosa senti di aver ottenuto, ora, dopo il debutto?

Quando abbiamo iniziato a lavorare, eravamo tutti consapevoli di avere a che fare con una tale varietà e complessità umane che ci sarebbero volute la cura e l’attenzione di tutti per portare a termine il lavoro. Ci siamo conosciuti e capiti, lavorando sul palco dove siamo riusciti ad amalgamarci, replica dopo replica, garantendo una grande crescita del lavoro. Lo spettacolo ha avuto un ottimo successo di pubblico e critica. Siamo orgogliosi di questo; si sono aperte anche possibilità di circuitazione in Italia e all’estero. Sono e siamo contenti del processo e del risultato che tutti insieme abbiamo raggiunto.

Romeo e Giulietta è il più conosciuto ma anche uno dei più stratificati testi di Shakespeare. Cosa speri che dica il tuo Romeo e Giulietta, anche alla luce del gemellaggio tra le compagnie?

L’ultimo giorno di repliche a Cesena, il pubblico riempiva anche l’ultimo ordine. Quella sera sono arrivati anche il console Rumeno e 150 spettatori rumeni. Palco e platea erano speculari: italiani e rumeni presenti. In un attimo, tutti i luoghi comuni, i pregiudizi sono stati cancellati dall’essere lì in teatro, insieme. Dal qui e ora. Quello che avveniva sul palco, avveniva nei cuori e nelle menti di tutti gli spettatori in platea. Tutti coinvolti nello stesso rito. Questa è la grande vittoria del nostro progetto, che spero possa girare tanto per testimoniare che la diversità non esclude l’incontro, anzi lo nutre.
Shakespeare ci dice questo, senza retorica.

 

ROMEO E GIULIETTA
(Romeo și Julieta)

dall’opera di William Shakespeare
adattamento Michelangelo Campanale
regia e scene Michelangelo Campanale
luci  Michelangelo Volpe e Michelangelo Campanale
con Catia Caramia, Dan Pughineanu, Maria Pascale, Camelia Pintilie, Salvatore Marci, Ovidiu Ușvat, Mircea Alexandru Băluță, Mihai Mitrea, Alex Popa, Andreea Hristu, Annarita De Michele, Andrea Bettaglio, Domenico Piscopo
cura del movimento scenico Vito Cassano
cura del testo Katia Scarimbolo
assistente alla regia Annarita De Michele
direzione tecnica Michelangelo Volpe
tecnico di scena Antonio Longo
costumi Maria Pascale
cura del progetto Maria Rotar
cura della produzione Antonella Nitti e Delia Tondo
ufficio stampa Antonietta Magli e Serena Manieri
visual designer Mariagrazia Proietto
social media Paolo Paparella
produzione Compagnia La Luna nel Letto, Teatro Excelsior di Bucarest ed Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Si ringraziano Isa Pellegrini, Annalisa Bellini, Giorgio Testa, Giulia Gaudimundo, Raul Nappi, Arianna Baroni.

foto di Mariagrazia Proietto