RENZO FRANCABANDERA | Raccontare l’esperienza del Giardino delle Esperidi è quasi impossibile senza considerare la straordinaria bellezza naturalistica in cui questo festival da quasi vent’anni (saranno 20 giusti nel 2024) si svolge grazie alla caparbietà di un gruppo di artisti riuniti a suo tempo nel gruppo Scarlattine Teatro poi diventato Campsirago Residenza.
Campsirago è un borgo di poche case che si trova in cima a uno dei colli più alti della Brianza lecchese, un posto invero poco frequentato dal turismo di massa e dal quale si gode un paesaggio stupendo che abbraccia con lo sguardo tutta la pianura lombarda: una serie di colline che digrada nel lago, nel ramo lecchese del lago di Como, quello dei paesaggi manzoniani. Sono luoghi incantevoli, abitati in piccoli comuni da pochi residenti che hanno scelto di vivere in un contesto poco urbanizzato.

ph Renzo Francabandera

Negli anni ’70 Campsirago fu uno dei siti magici della cultura hippy in Lombardia ma, finita quell’esperienza, il luogo fu lasciato in quasi abbandono fino agli anni ’90 in cui una cordata di 5 compagnie teatrali (Teatro della Ribalta, Teatro Invito, Teatro Città Murata, Erbamil e Tangram) inventarono un festival teatrale nel borgo con il progetto Il paese dei vinti, rimasto vivo per sette edizioni. Il progetto di Residenza nato alcuni anni dopo la chiusura di quel percorso è stato davvero un progetto audace, portato avanti con tenacia, e con l’intuizione di portare al recupero architettonico di Palazzo Gambassi, una dimora storica che un ventennio fa era praticamente avvolta dai rovi. Qui si decise di creare una comunità artistica capace di offrire ospitalità e residenza agli artisti della scena teatrale indipendente e contestualmente di iniziare quasi subito a proporre rassegne e festival.
Un ventennio dopo, guardare all’immenso lavoro svolto sull’immobile dalla compagnia e da chi ci collabora, alle iniziative svolte, alle migliaia di persone passate di qui per praticare linguaggi dell’arte e dello spettacolo dal vivo ha davvero del miracoloso. In tutto questo tempo sono arrivati anche grandi progetti europei, sempre intonati al tema della pratica artistica nell’ambiente naturale, in collaborazione con realtà gemelle presenti in altre nazioni della UE.

Arriviamo così all’edizione di quest’anno del festival il giardino delle Esperidi, un nome che racconta già l’ispirazione generale degli spettacoli scelti, la maggior parte dei quali diventa proprio percorso, attraversamento, camminata nello spazio naturale, per grandi e bambini, che arrivano così a conoscere spazi poco battuti se non dal turismo da fine settimana di chi vuole mettere il naso fuori dalla città.
Raccontiamo qui il fine settimana a cavallo fra giugno e luglio, in cui si è ritrovata qui una numerosa comunità composta non solo da spettatori ma anche da operatori critici giunti qui per guardare alle proposte del festival con interesse.

Con un programma che nella giornata di venerdì ha subìto numerose modifiche per via del maltempo, l’organizzazione ha tenuto in piedi, seppur spostandolo di luogo, Wonderboom! lo spettacolo di Stefano Cenci, ospitato dentro un vicino teatrino per metterlo al riparo dalle intemperie.
La creazione dell’artista di origini toscane si collega a una serie di recenti spettacoli, più o meno da interprete solista o con figure di accompagnamento, come anche questo, in cui le questioni legate alla società dei consumi, alla deriva del sistema economico, alla bulimia oggettuale e trash che avvolge il nostro tempo, trovano ulteriore declinazione.
Lo spettacolo non è né più ne meno che una riscrittura per la scena di un’asta, con tanto di banditore, interpretato dallo stesso Cenci.
All’asta vanno 10 lotti partendo dal decimo per arrivare al primo.
Insieme al banditore due figure che fanno, per così dire, da valletti dell’asta e a cui di tanto in tanto viene affidato qualche piccolo pezzo recitato ispirato alla storia dei luoghi in cui lo spettacolo viene replicato.
Il tono è totalmente ironico e si pone in ovvio dialogo con il pubblico presente in modo volutamente caustico e fuori dagli schemi. Nei primi lotti una sorta di rimando alla realtà del luogo: vecchie cartoline all’asta, cimeli che collegano la storia della letteratura locale (in questo caso un vecchio tomo di Manzoni andato per 18 euro), per poi passare, fra surreale e assurdo, a ragionare in termini monetari sui valori fondanti della società: libertà di espressione, democrazia o Repubblica, divorzio, aborto.

ph Alvise Crovato Esperidi 23

Nel mezzo anche modalità partecipate come l’invito a uno o due spettatori a consumare un pasto in scena, un piatto di cassœla battuto all’asta per la modica cifra di 10 euro, due buoni del vicino kebabbaro, e altre piccole cose a fare da contrappunto alle questioni macro che finiscono, su un lotto, invendibile, che riguarda il teatro, forma d’arte da portare o meno nel futuro secondo lo schema drammaturgico che prevede che tutto ciò che il pubblico reputi di non voler conservare e prendere per sé dandogli un valore monetario, venga distrutto all’istante in scena – come è capitato a un corposo set di videocassette con lo sceneggiato manzoniano dei Promessi Sposi andato invenduto.
L’idea creativa è originale e Cenci abile a gestire la macchina. Il peccato di questo spettacolo è che contiene troppe cose e alla fine si allunga su una durata invero irragionevole: sarà utile che lo sforzo scenico vada o nella direzione di un ritmo capace di tenere il tempo asciugato o di ridurre il numero di pezzi all’asta per permettere a tutti di tornare a casa a fare la nanna, come Cenerentola, prima di mezzanotte.

Nel tentativo di recuperare gli eventi saltati nei giorni precedenti per il maltempo, la giornata di sabato ha visto da subito mettersi in moto la macchina organizzativa per favorire le repliche di alcuni spettacoli ambientati nella natura fin dalla mattina.
È stato per esempio il caso della lucana Compagnia Teatrale Petra, che qui ha debuttato con Humana Foresta, uno spettacolo tout public, ma vocazionalmente orientato a un pubblico di bambini accompagnati, che si svolge completamente dentro la natura e si trasforma in una bella passeggiata nel bosco.
La performance consiste nel seguire una sorta di figura magica al femminile, interpretata da Antonella Iallorenzi – in tenuta arancione e con un balzano cappello in paglia con un punteruolo in cima – nella camminata che porterà tutti a sentire i rumori della natura profonda, a parlare di comunicazione fra le radici degli alberi, mentre si odono gli ultrasuoni che queste stesse emettono, e a mettere a fuoco la delicatezza del poco e del tanto che la natura offre.

ph Alvise Crovato Esperidi 23

Piccoli paesaggi capaci di stare nel palmo della mano di chi sa comporre questi giardini zen con poche foglie, imparando a osservare quello che la natura ci vuole dire. Si finisce su una grande mappa geografica del mondo di forma circolare, davanti alla quale ci si dispone in cerchio per ascoltare le ultime narrazioni che parlano dei grandi viaggi dei semi che conoscono la globalizzazione da assai più tempo degli esseri umani. E quando la performer saluta il gruppo per perdersi nella boscaglia, il grande tappeto circolare diventa il set per una autoperformance dei bambini che utilizzando semi fiori e foglie, compongono in modo divertito e coinvolto una grande figura di ampie dimensioni su questo grande cerchio di paglia.
Si è trattato di un debutto: il lavoro promette, è interpretato con generosità, ha bisogno di un irrobustimento drammaturgico e di maturare esperienze e repliche per la gestione del gruppo, utili a dare spessore al lavoro ma la creazione nel complesso si fa seguire piacevolmente. D’altronde è il tipico lavoro che gli attori stessi imparano a conoscere proprio quando riescono a provarlo con il pubblico.

Nel pomeriggio arriva la replica dell’atteso Tutto passa, tutto resta di Gabriella Salvaterra, ospitato a Villa Besana nel grande giardino boschivo che la circonda.
L’artista italo-cilena, conosciuta per le sue grandi installazioni abitate legate ai temi della memoria, della riscoperta nostalgica della semplicità antica ma anche dei dubbi e delle paure del presente, adatta negli spazi messi a disposizione dal festival una potente declinazione di questo progetto che in Italia ha già conosciuto alcune repliche.
Si tratta di uno dei progetti con il numero più folto di performer creato da Gabriella Salvaterra (oltre a lei in scena con Arianna Bartolucci, Simona Mazzanti, Claudio Ponzana, Davide Sorlini, Laura Torelli, Monica Varroni, Annalisa Zoffoli); l’artista attende gli spettatori alla prima stazione – che entrano nel labirinto a due a due a distanza di cinque minuti gli uni dagli altri – mentre è intenta a stendere vecchi panni nel bosco. Attraverseranno un mondo che assomiglia a un paese delle meraviglie con inquietudini, paesaggi sottosopra, figure interrate, memorie e brandelli, battiti della terra.

ph Alvise Crovato Esperidi 23

Fra camicie bianche, lenzuoli, antiche sottane, le coppie di spettatori si perdono nella natura seguendo i fili a cui i panni sono appesi e che li conducono di volta in volta, di stazione in stazione. In ognuna di queste trovano un performer con cui compiono frammenti di drammaturgia fisica e/o verbale, alcuni dei quali invero di caratura poetica assai interessante. La pratica pluridecennale dell’artista nell’organizzare laboratori, percorsi ed esperienze sensoriali ammanta tutto di una magica nostalgia che, per chi non ha mai conosciuto il suo lavoro, porta davvero a commuovere.
Per chi invece conosce già i luoghi poetici di Salvaterra, una bella e ulteriore dimostrazione di capacità compositiva, che in questo caso diventa sfida visto il numero di stazioni e di performer coinvolti che devono sviluppare il loro codice poetico in sincrono, lasciando che in cinque minuti possa comporsi il rituale magico.

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L’esperienza successiva la viviamo su un’altra collina brianzola, in un ambiente molto noto agli appassionati delle passeggiate alla scoperta della natura di questa zona: sono le cosiddette piramidi a La Valletta, alte colline di forma appuntita che fungono in questo caso da scenario per Sun followers, la performance immersiva creata dall’artista olandese Sjoerd Wagenaar e realizzata insieme a performer e autorə Noemi Bresciani, Ladislaja Pietrangerli, Giulietta De Bernardi, Sebastiano Sicurezza.
Si tratta di una lunga passeggiata, per gran parte della quale gli spettatori camminano attaccati in fila indiana a una corda. Anche in questo caso la meccanica è quella della apparizione di epifanie performative qui è lì nella natura. Il tema è il turbamento della sensibilità individuale, il modo in cui la fragilità del nostro tempo cerca di trovare un equilibrio in ciascuno di noi. A disposizione dell’artista olandese un gruppo di cinque performer italiani, organici nella loro pratica artistica al progetto di Campisirago Residenza.
La performance viene replicata al tramonto e la mattina di domenica all’alba, con gli spettatori che si svegliano alle cinque per arrivare al fondo valle e iniziare la loro ascesa al colle che li porterà, dentro un meraviglioso paesaggio, a trovare incontro con parole, teatro fisico, linguaggio poetico anche con il supporto di cuffie audio (al progetto sonoro e alla performance, sotto questo aspetto ha intensamente collaborato Luca Maria Baldini).
La fatica di vivere, i turbamenti delle nostre identità portati in scena con faticosa rappresentazione dell’umano che scivola nel tentativo di aggrapparsi alle poche certezze, che deve ingoiare la terra, che si trova nudo e solo davanti all’orizzonte della vita, vengono portati in scena in un paesaggio dove l’artista riesce a creare anche la contrapposizione fra il vicinissimo e il lontanissimo, con alcuni performer che compiono azioni a valle mentre il gruppo si trova in cima al colle.

ph Alvise Crovato Esperidi 23

Chiude la passeggiata una specie di luogo magico, una piccola piazzetta di pochi metri circondata da pini e che assomiglia a un altare naturale, attorno al quale con dispositivo rituale, gli spettatori si dispongono in cerchio e dove viene letta una lunga poesia, affidata qui a una interpretazione sonora e vocale pregiata. La passeggiata vale sicuramente la conoscenza dello spazio naturale, mentre la performance ha avuto intensità mutevoli e probabilmente ha bisogno di un cemento drammaturgico più consistente, oltreché di una asciugatura di alcune parti.

La serata si è poi chiusa con il travolgente successo della replica di Spezzato è il cuore della bellezza, creazione e regia di Mariano Dammacco, che ha vinto il premio UBU 2022 per il miglior testo italiano, e affidato alla sontuosa interpretazione di Serena Balivo, accompagnata in scena dalle mimiche mascherate di Erica Galante.
Avevamo visto e parlato di questo lavoro al suo esordio, e come molte opere del drammaturgo regista di origini pugliesi, è un lavoro che ha continuato a vivere e a evolversi nel tempo, incontrando progressivamente il pubblico per arrivare a una definizione scenica precisissima e di notevole ritmo e pulizia. Il gesto attorale è davvero nitido, la parola ha un ritmo incalzante, affidati entrambi all’interpretazione solistica ma sdoppiata che Balivo regala al pubblico, interpretando i panni della donna lasciata dal suo uomo ma anche dell’altra, la nuova fiamma. Il contrasto fra questi due tipi umani viene reso con una caustica ironia che coinvolge subito il pubblico dentro un registro empatico e potente. A rivederlo ora, compiuto e risolto dopo le modifiche alla versione iniziale, possiamo dire che il premio è stato ben dato.

La serata prosegue con un recital musicale di Vittorio Ondedei all’interno di palazzo Gambassi dove il pubblico può restare fino a tarda ora a bere e ad ascoltare musica in compagnia, nell’ala del palazzo da poco restaurata e davvero bellissima.

La domenica mattina, mentre correvamo in stazione a prendere il treno, alle otto già incontravamo il direttore artistico Michele Losi che proponeva a un ulteriore gruppo di spettatori il suo storico Alberi maestri, altra performance immersiva nel paesaggio.
È un festival che lascia grandi tempi di meditazione a chi lo abita, ma anche la richiesta di condividere momenti particolarissimi della giornata, quelli che di solito lasciamo trascorrere senza porgere la dovuta attenzione al mondo che ci circonda: un tempo in cui spesso si dorme…
Ma regalarsi un’alba in un posto magico con l’arte che si fa davanti ai nostri occhi, a volte, non ha prezzo.

WONDERBOOM!

uno spettacolo di Stefano Cenci
con Stefano Cenci, Chiara Davolio e Filippo Beltrami
drammaturgia Stefano Cenci e Chiara Davolio
regia Stefano Cenci
una produzione Pensieri Acrobati | in collaborazione con Sotterraneo

HUMANA FORESTA

ideazione e regia Antonella Iallorenzi e Raffaella Giancipoli
con Antonella Iallorenzi
elementi di scena e costume Iole Cilento
cura tecnica Angelo Piccinni
si ringrazia La Luna nel Pozzo, Ostuni
produzione Compagnia Teatrale Petra 
co-produzione Campsirago Residenze
TUTTO PASSA, TUTTO RESTA

di Gabriella Salvaterra – SST Sense Specific Theatre
consulenza drammaturgica Miguel Jofrè Sarmiento
direzione tecnica Davide Sorlini
organizzazione Claudio Ponzana
con Arianna Bartolucci, Simona Mazzanti, Claudio Ponzana, Gabriella Salvaterra, Davide Sorlini, Laura Torelli, Monica Varroni, Annalisa Zoffoli
produzione Artisti Drama

SUN FOLLOWERS

regia Sjoerd Wagenaar
performer e autorə Noemi Bresciani, Ladislaja Pietrangerli, Giulietta De Bernardi, Sebastiano Sicurezza
sound designer e live music Luca Maria Baldini
con la supervisione di Michele Losi

SPEZZATO È IL CUORE DELLA BELLEZZA

con Serena Balivo, Erica Galante
disegno luci Stella Monesi
ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco
Produzione Piccola Compagnia Dammacco / Infinito srl
con il sostegno di Mibact, L’arboreto-Teatro Dimora, La Corte Ospitale Centro di residenza Emilia-Romagna, Centro di residenza della Toscana (Armunia-CapoTrave/Kilowatt)
e con la coproduzione di Operaestate Festival Veneto